Il nuovo ministero torni ad essere di Grazia… e Giustizia

Caro Presidente,
Le scrivo quest’altra letterina parlando soprattutto di Giustizia, che poi da tantissimi anni è il mio mestiere ma, forse assai presuntuosamente, penso che sentire o meglio ascoltare la voce degli avvocati in materia di Giustizia sia assolutamente indispensabile e sono convinto che Lei lo farà. So perfettamente che il momento è difficilissimo e che certamente esistono delle emergenze assai più pressanti della Giustizia ma so anche che mentre la sanità e l’istruzione, pur con le solite differenze territoriali, funzionano assai meglio non si può dire la stessa cosa della Giustizia, che pure va gestita e migliorata.

Le parlo di giustizia da ultimo degli avvocati anche per chiederle di introdurre nelle scelte decisionali il principio di competenza, significa che a decidere sulle scelte deve essere chi ha una competenza specifica per farlo, purtroppo da troppi anni questo principio è quasi del tutto ignorato. La prima cosa che le chiedo è di controriformare il nome del ministero della Giustizia rimettendo prima la parola Grazia, perché prima quel ministero era di Grazia e Giustizia e la Giustizia per essere tale deve essere misericordiosa e prima della parola Giustizia la parola Grazia ci stava benissimo e assai male hanno fatto a toglierla, forse è un segno dei tempi ma se i tempi si dimostrano sbagliati meglio correggerli.

Non so se sia una cosa di sinistra o di destra ma è un invito che le faccio, farlo non costerebbe assolutamente nulla ma potrebbe insegnare tante cose a molti che non le sanno o, peggio ancora, non le capiscono. So perfettamente che chi governa non può sapere e fare tutto e che i consiglieri, vale a dire i tecnici, sono indispensabili ma so anche che i consiglieri dei politici e, nei fatti, i ministri della Giustizia ombra, sono i tanti magistrati distaccati al Ministero che però assai spesso hanno una visione di parte delle dinamiche che dovrebbero regolare. Poi vi è un altro aspetto da considerare, vale a dire il fatto che i numerosi magistrati distaccati al Ministero percepiscono il loro stipendio e, se non vado errato, anche delle congrue indennità mentre ciò per un avvocato sarebbe del tutto impossibile.

Un avvocato che sia tale vive del suo lavoro e del contatto quotidiano con il territorio dove vive, se venisse allontanato dal tribunale cesserebbe di essere un avvocato, insomma gli avvocati sono fuori dalle dinamiche decisionali e questo è un problema cui pure occorre porre riparo. Si potrebbe obbiettare che al ministero della Giustizia per un periodo abbastanza breve abbiamo avuto un avvocato ma so anche che si trattava di un avvocato molto giovane e quindi necessariamente di poca esperienza, che talvolta si presentava alle conferenze stampa con la divisa degli agenti di custodia e che alcune sue sortite, quando si avventurava in disquisizioni giuridiche, non trovavano piena concordia e poi per incidere negli apparati occorre tempo.

Detto ciò, so anche che i rappresentati dell’avvocatura che siedono nei vari organismi e con cui pure vi sono interlocuzioni da parte delle istituzioni di fatto sono ormai politici a tutti gli effetti e occupano quei posti prevalentemente per successione ereditaria e con le aule di giustizia e soprattutto con le cancellerie dei tribunali, pur con qualche eccezione, non hanno e non possono avere alcuna dimestichezza, come so anche che la loro condizione “politica” li costringe o potrebbe costringerli a continue e spesso non lungimiranti mediazioni con il loro elettorato presente e futuro. Venendo al concreto, in una cosa sono in assoluto accordo con la maggior parte dei magistrati, l’assoluta indispensabilità della reintroduzione del numero programmato per l’iscrizione all’Albo.

In questi anni, in fatto di avvocatura, il mercato ha dimostrato di non funzionare assolutamente creando ormai in tutto il Paese una massa di sottoccupati in cerca di vie di fuga verso la pubblica amministrazione e questo non può non rifrangersi su decoro, prestigio, qualità ed autonomia del servizio reso all’utenza. Intendiamoci, esistono le ombre ma anche le luci e queste luci aiutano a capire dove intervenire per migliorare, ed una luce è stata l’introduzione dell’Ufficio del processo che, per chi non lo sapesse, sono dei giovani laureati assunti con procedure concorsuali semplificate e contratti a tempo per sopperire ai mostruosi arretrati che si sono creati nei tribunali, cosa che stanno facendo egregiamente. Devo riconoscere che all’inizio non credevo assolutamente nell’efficacia di questa riforma ma poi mi sono pienamente ricreduto e il giudizio positivo su queste nuove energie viene condiviso anche dai magistrati.

Devo anche aggiungere che TUTTI puntano al concorso per entrare nella magistratura ordinaria e nessuno all’avvocatura che ormai per forza di cose è stata abbandonata dalle energie migliori. Ma allora per quale ragione i funzionari dell’Ufficio del processo funzionano così bene ed il resto no? La mia personale risposta a questo interrogativo è molto semplice: lo spirito di casta insindacabile che in ampia parte sembra pervadere la magistratura di carriera e che spesso si estende al personale amministrativo, e qui il discorso si fa politico ed entra in gioco pienamente Lei nella sua funzione di prossimo Capo del Governo. Qui si parla sempre di diritti e mai di doveri, ora non so se la cultura del dovere sia di destra o di sinistra, non lo so e non mi interessa neppure saperlo, ma so che senza questa cultura e il ripristino del senso dello Stato una collettività non può esistere, e per questa ragione va introdotta la cultura del dovere che significa come minimo non perdere i fascicoli, studiarli ed arrivare puntuali e preparati in udienza e non rinviare le cause all’infinito prossimo venturo.

Chiedo molto o magari troppo? A questo punto si tratta di andare, per quanto possibile, ad incidere sulla cultura della gente e sulla loro percezione del rapporto tra dovere e diritti, senza dovere i diritti non possono esistere ed è questo che bisogna capire. Lei certamente ha letto La fattoria degli animali di Orwell e le metamorfosi che genera il potere sull’animo delle persone ed è su queste bisogna intervenire per fare in modo che i funzionari dell’Ufficio del processo non cambino anche loro, se e quando vinceranno il concorso. La vera sfida è questa. Un’altra, che pure bisogna combattere e vincere, è riportare le energie migliori anche nell’avvocatura e questo potrà avvenire solo con le reintroduzione del numero programmato per le iscrizioni all’albo.