“Quando sono andato nel carcere di Salerno, il 7 marzo durante la rivolta, non c’è stata nessuna trattativa Stato – mafia in favore dei detenuti accusati di associazione a delinquere”. Il Garante dei detenuti della Regione Campania torna sulla questione della presunta “trattativa tra Stato e Mafia”, riportata da alcuni giornali negli ultimi giorni, che si sarebbe tenuta durante l’emergenza Covid-19 nel carcere di Salerno. E che avrebbe avuto per protagonista un “papello” attraverso il quale portare dei benefici, detenzioni domiciliari, per i detenuti legati alla malavita organizzata. Il Garante Campano Samuele Ciambriello ricostruisce in una nota la vicenda raccontando la verità che è alla base delle rivolte anche negli altri penitenziari della Campania e d’Italia, scoppiate ai primi di marzo dopo la sospensione dei colloqui con i familiari per tentare di contenere la pandemia.
“Il Provveditore campano e la direttrice del carcere avevano ascoltato una delegazione di rivoltosi che aveva consegnato loro una serie di richieste tra cui anche quella di non far trasferire i capi della rivolta. Mediare, nel caso di una rivolta, è fondamentale – spiega Ciambriello – così come tantissime volte nelle carceri abbiamo fatto magistrati, direttori, garanti, provveditori, così come anche è stato fatto il giorno dopo nel carcere di Poggioreale con una delegazione degli 800 rivoltosi, sempre detenuti comuni. La parola protesta, come il gesto di rivolta o di sciopero, per ogni categoria di persona o di ceto sociale implica una azione di ascolto delle motivazioni alla base dei gesti, seppur violenti. Ascoltare coloro che protestano, nella fattispecie campana un gruppo di detenuti comuni, circa 180 a Salerno e 800 a Poggioreale, non significa intentare una trattativa tra istituzioni e mafia”.
“La questione del ‘papello’ – continua Ciambriello – consegnato è un romanzo frutto della immaginazione di coloro che dietro al sistema carcere vedono sempre la mano della criminalità organizzata. Il diritto alla salute, la sospensione dei colloqui coi familiari, il sovraffollamento nelle carceri con celle fino a otto e dieci detenuti, la mancanza di servizi igienici essenziali nelle celle sono stati in questo periodo di emergenza coronavirus le continue richieste fatte da parte dei detenuti nei colloqui personali e collettivi. Nessun ‘papello’. I professionisti dell’antimafia, sono sempre loro. Da oggi mi dichiaro co-trattativista costituzionalmente orientato”.
Dopo le rivolte nel carcere di Carinola e Salerno il 7 marzo, e l’8 marzo a Poggioreale, un centinaio di detenuti sono stati trasferiti. Il Garante regionale già il 10 marzo aveva inviato una lettera ai direttori delle carceri di Secondigliano, Aversa, Poggioreale, Pozzuoli, d’intesa col Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli Adriana Pangia, per sollecitare le pratiche di detenuti ultrasettantenni, senza reati ostativi, e quelle di coloro che dovevano scontare una pena inferiore a sei mesi, sempre senza reati ostativi. Con lo stesso magistrato si era già affrontata la questione dei semi-liberi a cui assegnare gli arresti domiciliari, sollecitando ad un veloce intervento. Questione accolta fino al 30 giugno. “Ci sono principi costituzionali ignorati e messi in discussione da politici con una scarsa memoria. Considerato che lo strumento principale individuato dall’attuale governo, l’art 123 incluso nel Decreto Cura Italia del 17 marzo 2020, e cioè l’utilizzo della detenzione domiciliare per coloro che devono scontare meno di un anno e mezzo nelle carceri è un istituto attivato con la legge 199 del 2010 dal governo di centro destra, ministro della giustizia Alfano, che aveva dato buona prova nella stagione del sovraffollamento carcerario: basti pensare che dall’entrata in vigore della legge 199/2010 fino al 31 dicembre 2019 sono usciti dalle carceri per effetto di questa misura 26.849 detenuti”, conclude il garante Samuele Ciambriello.
