Inchiesta Open, Turco davanti al Csm: troppe anomalie e Cassazione non rispettata

Nel riserbo più assoluto si è svolta ieri mattina l’audizione del procuratore aggiunto Luca Turco davanti alla Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente per le “incompatibilità” delle toghe. L’audizione ha riguardato le modalità di conduzione dell’inchiesta sulla Fondazione Open. Il procedimento, dopo anni ancora nella fase dell’udienza preliminare, si è caratterizzato fino a questo momento da un incredibile numero di ‘anomalie’ da parte del pm fiorentino. Matteo Renzi, il principale imputato, all’udienza dello scorso marzo le aveva elencate tutte, circa venti, in un quaderno rosso, poi inviato proprio a Palazzo dei Marescialli per i provvedimenti di competenza. Nella prima pagina del quaderno era riportata una quanto mai eloquente frase di Montesquieu: “La libertà è il diritto di fare tutto ciò che le leggi permettono”.

“Ho distribuito il quaderno in aula e l’ho messo a disposizione di tutti”, aveva dichiarato Renzi al termine dell’udienza ai giornalisti. “Rosso – aveva aggiunto – perché il pm Turco apparteneva a quella corrente che da voi giornalisti viene chiamata delle toghe rosse”. Immediata, per la cronaca, era stata la replica del magistrato: “Ma perché lei ha tutti questi quaderni? Lei non può portarli qui”. Frasi a cui Renzi aveva quindi prontamente controreplicato: “Ma come si permette? Lei non ha alcun titolo per dirmi che cosa portare e cosa no. Decide il giudice, non lei. Faccia il suo e non si permetta”.
Turco, nonostante la Cassazione avesse stabilito che la Procura di Firenze doveva distruggere la documentazione sequestrata all’imprenditore Marco Carrai, contenente messaggi con Renzi acquisiti quindi in violazione delle guarentigie parlamentari, lo scorso anno aveva però deciso di inviare il tutto al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). La denuncia di Renzi alla Procura di Genova, competente per i reati dei colleghi toscani, era finita con una ‘turbo archiviazione’.

“Al Copasir non può essere opposto il segreto d’ufficio o il segreto professionale e bancario. Il comportamento dei pm toscani è stato corretto”, avevano scritto gli aggiunti genovesi Francesco Pinto e Vittorio Ranieri Miniati nella loro richiesta di archiviazione”. “È stata ritenuta doverosa – avevano sottolineato – la trasmissione degli atti al Copasir per le valutazioni di competenza in punto sicurezza nazionale. Secondo la legge l’autorità giudiziaria non può non rispondere, al massimo ritardare la risposta motivandolo con ragioni di natura istruttoria”. In favore di Turco era scesa in campo l’Associazione nazionale magistrati, secondo cui “l’esercizio dell’inviolabile diritto di difesa dell’imputato, come pure del diritto di critica sugli atti e sui provvedimenti della magistratura, non dovrebbe mai travalicare in offesa alla stessa funzione giudiziaria, la cui immagine di imparzialità e terzietà va costantemente preservata, costituendo patrimonio indispensabile per la stessa vita democratica del Paese”.

Fra i difensori di Turco, il pm romano Eugenio Albamonte, segretario nazionale di Area, la principale corrente di sinistra, che addirittura aveva parlato di “aggressioni”. Anche la Corte costituzionale era intervenuta, dando ragione a Renzi che aveva chiesto al Senato di sollevare il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato per tale illegittima acquisizione di atti.
Tornando invece al procedimento penale, si segnala nelle scorse settimane la quanto mai originale iniziativa di Turco di mantenere comunque il sequestro del materiale pur a fronte della decisione della Cassazione. Turco infatti ha chiesto al giudice Sara Farini, lo stesso che lo aveva bacchettato per la ‘non indagine’ circa la fuga di notizia sul Palamaragate, un nuovo sequestro configurando Open non più “articolazione di partito”, come fatto finora, bensì “mero soggetto intermediario”, prendendo dunque spunto dalla predetta sentenza della Cassazione che gli aveva azzerato i sequestri.