Cultura
Intervista a Nabil Salemeh fondatore dei Radiodervish: “La cultura è un ponte tra i diversi”
Crocevia di culture, storie e contaminazioni, le terrazze che affacciano sul Mediterraneo sono visioni caleidoscopiche fatte di danze, suoni, poesie e narrazioni. Da quelle europee vestite di lenzuola al sole, a quelle d’Oriente teatro di feste e racconti alla luna, le terrazze sono al centro dell’appuntamento La terrazza e la luna. Uno spettacolo che vedrà protagonisti Nabil Salemeh – cantautore fondatore dei Radiodervish – insieme all’attrice Claudia Lerro e dell’antropologa Laura Marchetti, il prossimo 28 agosto alla Masseria Lama Pellegrini di Cisternino in occasione del Festival dei Sensi (in programma dal 28 al 30 agosto in Valle d’Itria). Salemeh, insegnante di etnomusicologia e storia della musica araba, ci condurrà attraverso un Mediterraneo capovolto, abbiamo parlato con lui per iniziare un viaggio filosofico e musicale di terrazza in terrazza.
Ci racconta lo spettacolo che porterete al Festival dei Sensi?
“La terrazza e la luna” è un viaggio sulle terrazze del Mediterraneo: da quelle europee vestite di lenzuola stese e pomodori a seccare, a quelle d’Oriente, teatro di malìe e racconti. È però un Mediterraneo capovolto, come nella mappa di un grande geografo arabo, Al Idrissi, che realizzò intorno al 1154 per re Ruggero II, dove non c’è più né alto, né basso, ma tutto diventa un sud del mondo. La tabula Rogeriana di Idrissi ci fa riflettere che, se la Terra è rotonda, il Nord e il Sud, il basso e l’alto, sono solo una convenzione. Basta cambiare mentalità, valori, punti di riferimento e tutto danza, tutto si unisce e si rovescia…E tutto diventa musica, poesia, filosofia.
Come nasce l’idea di questo spettacolo che porta in scena poesia, teatro, musiche, racconti e danze?
Nasce dal desiderio di portare un racconto insolito e al tempo stesso più autentico del nostro continente mediterraneo. Tre personaggi di varia estrazione culturale, artistica che si incontrano per intrecciare i propri percorsi personali e per intessere una rotta comune per percorrere, filosoficamente, musicalmente e poeticamente alcuni tratti di storia visti da una prospettiva particolare, quella delle terrazze, un luogo che accumuna il mediterraneo anche se vissuto in modi differenti sulle varie sponde. La terrazza diventa, nel nostro viaggio, un punto di osservazione speciale dove possiamo incontrare per un’altra eccellente narratrice e custode di storia: La luna, luminosa e immutevole che accompagna da sempre la storia dell’uomo, ne segna fortemente la spiritualità, il corpo, l’immaginario e la cadenza del tempo.
Il viaggio filosofico attraverso il mediterraneo capovolto si snoda attraverso dei testi letterari, poesie, musiche e visioni.
Possiamo parlare di un omaggio al Mediterraneo? Com’è questo Mediterraneo visto dall’alto al centro del vostro spettacolo?
E certamente un omaggio al nostro continente mediterraneo che però vuole riportare tutte le sfumature della narrazione che tocchiamo durante il nostro viaggio filosofico, dagli angoli più luminosi a quelli più bui e drammatici. Sempre dalla prospettiva di una terrazza dove si può guardare meglio la vita, ma si può anche guardare meglio il profondo, l’abisso, la morte. Perché la terrazza, in fondo, è anche un mondo capovolto, dipende dalla prospettiva: è in basso, se aspiri al cielo, è in alto se sei radicato alla terra. E poi il sole e il vento, che sono privilegio delle terrazze, possono improvvisamente illuminarsi o oscurarsi
I Radiodervish rappresentano più di ogni altro gruppo la visione dell’Italia come ponte tra l’Europa e Mediterraneo. L’Italia ha tradito quella promessa?
I Radiodervish sono frutto di una visione che vede il mediterraneo, con la sua storia e la sua cultura, al centro di un percorso comune per ricostruire quell’identità mediterranea perduta. Una consapevolezza identitaria che un tempo fu molto chiara e forte per le varie comunità che popolano le sponde di questo mare. Una consapevolezza che fu smembrata seguendo un disegno geopolitico che mira a creare muri e divari tra il Nord e Sud del mondo, tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli, tra sfruttatori e sfruttati.
L’Italia è caduta nella trappola di questo disegno che mira a cancellare l’appartenenza del nostro paese al contesto mediterraneo e a confondere il ruolo fondamentale dell’Italia nella storia del continente mediterraneo.
La musica può ancora rappresentare una missione di pace e integrazione?
La musica, come del resto la cultura, è stata sempre un ponte tra i diversi. La forza prorompente della musica risiede nella sua purezza fanciulla che non conosce pregiudizio o preconcetti proprio come fanno i bambini.
Il Festival dei Sensi è dedicato alle emozioni. Quali sono secondo lei le emozioni che rappresentano il tempo in cui viviamo?
L’incertezza e la paura sono, purtroppo, le emozioni che troviamo più spesso nella vita che viviamo oggigiorno, tuttavia noi abbiamo anche l’opportunità di frequentare altri spazi emozionali e culturali (come il bellissimo festival dei sensi), anche come una scelta di resistenza e resilienza per uscire dal cerchio chiuso dove ci costringono paura ed incertezza. Se la nostra società vuole davvero superare questa fase storica ,aggravata anche dall’emergenza sanitaria, c’è bisogno di scrivere una nuova pagina delle dinamiche politiche, culturali e sociali salvaguardando la parte più luminosa della nostra civiltà.
Esistono antidoti alla paura?
La conoscenza, la consapevolezza, la memoria ma soprattutto l’amore.
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