L’operazione “Rising Lion” lanciata da Israele contro i vertici militari della Repubblica islamica non è solo una risposta legittima a una minaccia strategica. Per milioni di iraniani, è un atto di giustizia storica. In un solo giorno, lo Stato ebraico ha inferto un colpo devastante ai pilastri repressivi di un regime che da 45 anni soffoca la libertà, uccide i suoi figli, finanzia il terrorismo e destabilizza l’intero Medio Oriente.
Tra le figure colpite dai raid israeliani ci sono alcuni degli uomini più sanguinari del sistema: Hossein Salami, comandante dei Guardiani della Rivoluzione, simbolo della brutale repressione delle proteste popolari. Mohammad Bagheri, Capo di Stato Maggiore delle Forze armate, direttamente coinvolto nella gestione degli apparati di sicurezza che torturano e giustiziano dissidenti. Gholam Ali Rashid, leader della base strategica Khatam al-Anbiya, uno degli architetti delle reti terroristiche che agiscono in Iraq, Siria, Yemen e Libano. E poi Ali Shamkhani, per anni ai vertici del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale e consigliere fidato della Guida Khamenei. Questi uomini non erano funzionari qualunque: erano la spina dorsale di un regime criminale.
Israele, colpendo questi bersagli, ha fatto ciò che nessuno aveva mai osato fare: punire i carnefici. Non solo quelli che minacciano Tel Aviv, ma anche quelli che massacrano Teheran, Shiraz e Zahedan. I numeri parlano chiaro: decine di comandanti uccisi, strutture strategiche danneggiate, comandi paralizzati. Un colpo al cuore della macchina della repressione.
Per noi iraniani in esilio, per chi ha visto amici sparire in carcere, sorelle picchiate in strada, fratelli impiccati dopo processi farsa, questa operazione è un atto liberatorio. Non perché speriamo che Israele risolva i nostri problemi – quelli li risolveremo noi, con le nostre mani – ma perché ogni colpo che indebolisce il regime ci apre una possibilità in più. Una crepa nel muro della paura. Una finestra sulla libertà.
La verità è che la pace in Medio Oriente non sarà possibile finché esisteranno la Repubblica islamica e i suoi proxy armati. Finché Hezbollah, Hamas e le milizie sciite riceveranno soldi e armi da Teheran, nessuna diplomazia potrà produrre stabilità. Solo quando questo regime sarà abbattuto, i popoli della regione – israeliani, iraniani, arabi – potranno finalmente costruire un futuro comune, prospero, pacifico e libero.
Ecco perché oggi possiamo dirlo senza esitazione: grazie a Israele, il popolo iraniano ha una nuova speranza. Una speranza che non nasce da bombe, ma dalla possibilità concreta di sconfiggere chi ci opprime da decenni. Se sapremo coglierla, se ci rialzeremo, il Medio Oriente intero potrà finalmente respirare.
