Forse non era la leggendaria terra dei Feaci, la fertile isola verde di Scheria narrata da Omero. E forse nemmeno l’isola dove Nausicaa figlia del re Alcinoo soccorse il naufrago Odisseo che riprese le sue forze grazie alle miracolose acque termali del Gurgitello, l’allora ruscelletto d’acqua calda che scorreva nel luogo d’incanto ma già multirischio che oggi è Casamicciola. Chissà. Certo è che se l’incantevole Ischia resta un favoloso enigma dell’Odissea con qualche fondo di verità, la prima colonia greca che si insediò sull’isola all’incirca 3mila anni fa, la scelse forse perché affascinati anche dal vulcanismo con le sue acque ribollenti e i misteriosi vapori di cui sfruttarono i benefici evocando miti e mondi magici con antichi rituali di sacerdotesse e oracoli con al centro i responsi sulla predizione del futuro.
E se dal Monte Epomeo, il maestoso blocco roccioso, s’aprivano ogni tanto fratture con qualche eruzione e il corredo di tremori, beh, anche questo ingigantiva la leggenda di Ischia. E in fondo ancora oggi a Forio, al largo di Punta Imperatore, non c’è quel grande scoglio chiamato “La nave” che simboleggia l’imbarcazione che re Alcinoo concesse a Odisseo per il suo ritorno a Itaca, e che Poseidone per vendicare suo figlio Polifemo accecato dal furbo Ulisse trasformò da legno in pietra? Metafora dopo metafora, per l’isola “fra le isole belle una bella più bella” di Elsa Morante, collocata dalle scelleratezze degli umani tra gli avamposti multirischio per incoscienza e sottovalutazioni colossali, il peggio non è mai stato alle spalle e i tenaci ischitani da sempre sono esposti a ogni capriccio di Madre Natura che qui ha voluto esagerare con la vulcanologia, la geologia, la sismologia. Ma Ischia non si abbatte e oggi è più che mai solare e in ripresa, tanto più che per la prima volta è alla vigilia di una svolta, questa sì, davvero leggendaria.

È l’operazione della massima sicurezza possibile che inizia con la clamorosa delocalizzazione di un migliaio di abitanti degli edifici danneggiati dall’ultimo tremendo sisma del primo agosto 2017 con 1.060 edifici colpiti e 2 morti e 42 feriti, e dalle 4 frane e 23 smottamenti con 12 morti nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2022. È il primo “trasloco” di massa mai tentato in Italia verso aree più sicure che abbandona agli abbattimenti tanto cemento accatastato alla meglio nel totale abusivismo e connivenze politiche e di Stato nel fai-da-te edificatorio no limits.
La giornata di oggi entra nella storia di Ischia. Il Commissario per la ricostruzione Giovanni Legnini, con Protezione Civile e Regione ha predisposto e firmato il coraggioso provvedimento che disciplina anche regole, procedure e modalità di assegnazione di contributi pubblici, ha convocato gli ischitani coinvolti con i sindaci alle 17 nell’Aula Magna dell’Istituto Tecnico di Casamicciola Terme, primo di una serie di incontri per spiegare il provvedimento che “dovrà cambiare la storia costruttiva di un’isola che ha conosciuto l’abusivismo di massa, e riportare l’ordine urbanistico”.
Non è una operazione semplice considerando l’estensione delle zone abitate più vulnerabili dal comune di Ischia a Barano, Serrara Fontana, Forio, Lacco Ameno e Casamicciola. Ridurre la geografia della rischiosità è la parte più complicata del piano di Legnini che ha il via libera della Corte dei Conti, ed ha avviato l’acquisizione dell’edificio pubblico dismesso del Pio Monte della Misericordia di Casamicciola Porto per farne appartamenti per sfollati. Sono i primi 20mila metri quadrati da ristrutturare perché l’operazione di ricollocazione sarà a volumi edilizi zero, niente nuove costruzioni ma per una volta tanti recuperi di edilizia pubblica dismessa nel rispetto dei vincoli paesaggistici e ambientali e delle aree a rischio idrogeologico. E per la prima volta sono anche iniziate le bonifiche dei 7 alvei di corsi d’acqua mai puliti dal 1930, e per quattro pericolosi fiumicelli intombati si allargano gli imbocchi. I carabinieri forestali sull’Epomeo ripiantumano sui terrazzamenti alberature più resistenti e la draga ha asportato nel porto 25mila tonnellate di detriti di frana e la gran parte, dopo essere stati analizzati, sono stati reimmessi in un incavo naturale a cinque miglia al largo nel rispetto dell’ecosistema marino. Ci saranno 50 briglie sui corsi d’acqua e due grandi vasche di laminazione delle piene.
Cambia finalmente rotta uno dei nostri simboli dell’anarchia urbanistica moltiplicata nei decenni che ha visto accumulare 28mila abusi sui 64.115 abitanti dell’isola, uno o anche due a famiglia, nella totale rimozione delle cause delle grandi catastrofi che fecero il giro del mondo, anche con la prima scoperta di truffe sull’edilizia fatiscente. Accadde dopo i due terrificanti terremoti a vent’anni dall’Unità d’Italia. Era il 4 marzo 1881 e Ischia era affacciata sulla primavera, e nessuno pensava al peggio. I sette secondi di terrore arrivarono alle 13, con un primo tuono che terrorizzò gli isolani e poi la prima scossa del IX grado Mercalli che in un amen buttò giù case tirate su per crollare. Sotto le macerie restarono 126 morti e diverse centinaia di feriti soprattutto a Casamicciola che divenne metafora del caos con la trovata del grande Eduardo De Filippo che, in “Natale in casa Cupiello” vedendo le camere dei figli sottosopra, esclamava: «Ccà mme pare Casamicciola!».
È l’effetto che fece anche ai soldati che da Napoli raggiunsero l’isola con le navi dell’esercito e iniziarono a rimuovere cadaveri e macerie e a costruire baracche di legno per gli sfollati. I giornali di tutto il mondo pubblicarono le foto raccapriccianti dell’isola bella che commossero i lettori mobilitando tanta solidarietà concreta. Passati poco più di due anni, sabato 28 luglio 1883, quando il sole era già entrato nel mare blu cobalto e l’isola era in ripresa, il terremoto tornò violentissimo e abbatté tutto quel che aveva risparmiato e che era stato riparato e ricostruito. Alle nove e mezza della sera, in 13 secondi d’inaudito terrore tutti gli abitati sull’isola furono squarciati dalla nuova scossa del X grado Mercalli e magnitudo 5.8. L’epicentro era ancora Casamicciola, ormai rasa al suolo con la carneficina di più di un terzo dei suoi 4300 abitanti uccisi nei crolli. Cumuli di macerie erano anche Lacco Ameno e Forio.
Il terremoto uccise 2.333 persone, 625 erano turisti e 51 stranieri in 537 edifici polverizzati su 672. A Villa Verde soggiornava anche la famiglia Croce, con papà Pasquale, sua moglie Luisa e i figli Maria e Benedetto, il futuro filosofo e storico all’epoca diciassettenne, che solo molto tempo dopo trovò la forza di raccontarla: “Stavamo tutti in una stanza che dava sulla terrazza: quando un rombo si udì cupo e prolungato, e nell’attimo stesso l’edifizio si sgretolò su di noi […] Io istintivamente sbalzai sulla terrazza, che mi si aprì sotto i piedi, e perdetti ogni coscienza. Rinvenni a notte alta, e mi trovai sepolto fino al collo […] Chiamai al soccorso per me e per mio padre, di cui ascoltavo la voce poco lontano; malgrado ogni sforzo, non riuscii da me solo a districarmi. Verso la mattina, fui cavato fuori da due soldati e steso su una barella all’aperto […] Mio padre, mia madre e mia sorella, furono rinvenuti solo nei giorni seguenti, morti sotto le macerie, e l’idea di restare storpio mi riusciva indifferente”.
Il mattino successivo sbarcarono i primi militari. Tra loro c’era il bersagliere Pietro Ramella, zappatore nel VI Reggimento, che lasciò scritto: “Quando siamo arrivati al porto la città non c’era più, tutte le case erano crollate o fortemente danneggiate…trovammo pochi superstiti, mentre i morti cominciavano a putrefarsi a causa del calore. I becchini arrivati da Napoli si rifiutarono di toccarli…finché venne l’ordine di seppellirli dove li avevamo trovati coprendoli di calce ed acido fenico”. Il 2 agosto sbarcò re Umberto I, con i ministri Depretis, Mancini e Acton, e promise appena 150.000 lire per i soccorsi mentre i comitati di solidarietà e gli Stati stranieri intervennero con oltre 6 milioni di lire. Il ministro dei Lavori pubblici, Francesco Genala, affidò al Genio civile l’elaborazione di un nuovo regolamento edilizio dell’isola, dopo che i suoi tecnici scoprirono l’acqua calda, ovvero la “cattiva natura delle costruzioni e delle malte”, concausa del disastro. Con una legge speciale stanziò 2.080.000 lire per la ricostruzione e la redazione del primo Piano Regolatore dell’isola e la “nascita di osservatori geodinamici e alla regolamentazione dei sistemi di edificazione”. Si scoprì che Ischia era diventata la terra dei “fragili mattoni” con affari gestiti delle prime camorre.
Lo denunciò lo storico Pasquale Villari nel 1894. Il grande studioso napoletano, già ministro della Pubblica istruzione dal 1891 al 1892, colpito dal crollo facile, decise di verificare con un ingegnere e un muratore “affidabili” i resti delle abitazioni crollate a Ischia e anche le case popolari nella sua Napoli. Scoprì che erano “tutte costruite in violazione del Regolamento edilizio della città dell’11 febbraio 1886” e con finti “mattoni che si spaccano”. Proprio i mattoni li fece analizzare dal laboratorio scientifico di Firenze e i risultati furono un atto d’accusa: “Il preteso mattone è del tipo dei tufi vulcanici; che, rotto in schegge, si sgretola facilmente fra le dita; messo nell’acqua ne assorbe per circa 1/5 del proprio peso; arroventato si fonde superficialmente […] Come materiale di costruzione non si può quindi classificare fra i mattoni”.
Quelle case costruite con quei mattoni di allora oggi a Napoli non ci sono più. Sono crollate tutte, e quei materiali erano stati imposti dai camorristi. Lezioni che non hanno insegnato nulla visto che anche dopo il terremoto del 1 agosto 2017 saltarono fuori costruzioni con materiali scadenti e fuori norma, insieme a 7.235 domande di condono edilizio, 4.408 delle quali erano ancora da evadere e cioè insabbiate, e percentuali minime sotto l’1% di demolizioni eseguite su oltre 2.000 abitazioni abusive. Ma arrivò persino il quarto condono edilizio del governo gialloverde Conte 1, un’altra ignobile norma inserita nel decreto per il ponte Morandi permettendo scandalosamente di valutare le pratiche di condono di Ischia con il regolamento del primo condono edilizio del 1985 che condonava anche le case in zone a rischio idrogeologico. Una vergogna.
Si apre oggi finalmente oggi un nuovo capitolo nella storia della splendida isola. Il suo territorio vulnerabile per la prima volta viene monitorato in real time e curato. Si disattivano le trappole a tempo seminate dalla “mano dell’uomo” nella folle corsa a costruire infischiandosene dei pericoli. I tecnici comunali, della protezione civile e della regione lavorano con ingegneri e geologi delle università di Napoli, della Calabria, di Milano e Firenze sulle strategie di rigenerazione urbana. Sono attivati il radar Interferometrico sui versanti dell’Epomeo, la stazione inclinometrica, il pluviometro per dare maggiore sicurezza agli isolani che diventano due milioni d’estate. E l’isola è talmente bella che tra favole e leggende sembra di avvistare al largo il naufrago Odisseo.
