Israele è la garanzia di una promessa. Siamo tutti ebrei

Un mese dagli attentati terroristici di Hamas, un assalto della barbarie alla civiltà occidentale fondata su democrazia, libertà, emancipazione, tolleranza, coraggio. Per questo oggi sarò a Milano, alla commemorazione della Comunità Ebraica.
Perché la creazione dello Stato di Israele non è solo una promessa mondiale sull’incolumità di quel popolo, riemerso dall’abisso della ferocia nazista, e che da 75 anni è assediato da gente che vuole un secondo olocausto, stavolta definitivo, che odia e vuole uno sterminio. Israele è la garanzia che nessuno al mondo possa mettere in discussione quella promessa. Tantomeno stati e organizzazioni del terrore che ne postulano pubblicamente la cancellazione e che il 7 ottobre, consumando il massimo ossimoro possibile (uccidere in nome di Dio) hanno massacrato e arso bambini, e rapito, stuprato, decapitato giovani donne che a una festa celebravano la loro vitalità figlia di una democrazia liberale, sputando, le bestie di Hamas, sui loro cadaveri a favore di telecamera.

Vado a Milano per dire che ho sempre considerato gli ebrei miei fratelli. E che vorrei considerare tali anche tutti i musulmani per bene, che di Hamas e delle organizzazioni criminali sue sorelle sono le prime vittime, ma che vorrei vedere esporsi pubblicamente contro l’estremismo che l’Islam conosce eccome e che Hamas incarna. L’Occidente libero glielo consente, come lo consente a chi si dice pro Palestina, e in realtà è pro Hamas per sua stessa implicita ammissione. Perché se anziché metterla all’indice, le riconosci un ruolo nel rappresentare interessi palestinesi, stai -tu- facendo un’equivalenza tra palestinese e terrorista. La fai tu, occidentale e utile idiota di un’organizzazione terroristica che ti sgozzerebbe perché infedele.

Epperò, cosa consente a un gay, che a Gaza verrebbe ucciso, di manifestare in favore di Hamas e di un mondo che non vuole la pace e la tolleranza? Cosa autorizza alcuni intellettuali, partiti politici, star, a fare equivalenza tra un’organizzazione terroristica che aggredisce, e una democrazia liberale che viene aggredita? E dove erano questi signori, sedicenti difensori della equivoca causa palestinese, quando migliaia di palestinesi erano vittime della guerra civile siriana? Solo una cosa può consentirgli tutto ciò: un pregiudizio più forte. Che si chiama antisemitismo. Cioè odio. Ed è contrario a quella promessa mondiale che invece voglio che si rinnovi e su cui si pianti il seme della fratellanza tra tutti i credenti.

Israele oggi rappresenta i confini di casa nostra, dell’Occidente, che ha dei difetti, ma anche il pregio enorme di discuterne e cercare di migliorare. Per questo, in questo momento dobbiamo essere tutti ebrei. Per arrivare a pace, libertà e prosperità. Perché siamo occidentali. Terroristi, voi no, lo sappiamo: voi siete gli unici a non volere la pace; volete morte e caos. Per arricchirvi, odiando. Ma non lo avete ancora capito: con noi non vincerete mai.

Mai.

Credit: #BringThemHomeNow – the Hostages and Missing Families Forum and ANU-MUSEUM OF THE JEWISH PEOPLE