Un raid mirato per uccidere il “terrorista che si spacciava per giornalista di Al Jazeera”. L’Idf annuncia così la morte di Anas al-Sharif, 28enne corrispondente dell’emittente qatarina (artefice della propaganda contro Israele) colpito mentre si trovava in una tenda a Gaza City, davanti all’ospedale di al-Shifa dove poco prima aveva pubblicato un video sull’ultimo “bombardamento incessante” di Israele. Con lui, sotto la tenda utilizzata come redazione, c’erano anche altre quattro persone dello staff di Al Jazeera: il giornalista Muhammad Karika e tre membri dello staff, i cameramen Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa. Tutte morte.

Una operazione “mirata” da parte dell’esercito israeliano che riteneva al-Sharif “a capo di una cellula dell’organizzazione terroristica Hamas” e lo considerava “responsabile di attacchi missilistici contro civili israeliani e truppe dell’Idf” con il sospetto che avesse partecipato ai massacri nei kibbutz del 7 ottobre 2023. Per l’Idf “informazioni e documenti provenienti da Gaza, tra cui elenchi di personale, liste di addestramento dei terroristi e registri degli stipendi, dimostrano che era un agente di Hamas integrato in Al Jazeera”. La nota si chiude con “un tesserino stampa non è uno scudo contro il terrorismo”. Per cristallizzare i presunti legami di Anas al-Sharif con Hamas, sono state diffuse foto dei due insieme. Addirittura in una l’ex leader dei terroristi, ucciso nell’ottobre del 2024, abbraccia il reporter. Un altro scatto – accusato però di essere un fotomontaggio – immortala un selfie del 28enne con Sinwar e altri leader dell’organizzazione.

Al-Sharif, nato nel campo profughi di Jabalia, da tempo era nel mirino dell’Idf e ad inizio aprile 2025 aveva lasciato un testamento su X. “Se queste mie parole vi giungono – si legge ora – sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce. Ho vissuto il dolore in ogni suo dettaglio e ho assaporato la perdita più e più volte. Eppure, non ho mai esitato un solo giorno a trasmettere la verità così com’è, senza distorsioni o falsificazioni. Vi affido la Palestina, il gioiello della corona dei musulmani, il cuore pulsante di ogni persona libera in questo mondo”.

Per l’emittente televisiva Al Jazeera “l’ordine di assassinare uno dei giornalisti più coraggiosi di Gaza era un tentativo disperato di mettere a tacere le voci che denunciavano l’imminente sequestro e occupazione della Striscia. L’uccisione dei giornalisti della rete da parte delle forze di occupazione israeliane è un attacco palese e deliberato alla libertà di stampa”. Anche Sarah Qudah, direttrice regionale del Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) ha condannato il raid: “La prassi israeliana di etichettare i giornalisti come militanti senza fornire prove credibili solleva seri dubbi sulle sue intenzioni e sul rispetto della libertà di stampa”.

Dall’inizio del conflitto, nella Striscia sarebbero decine i giornalisti palestinesi morti in seguito a raid israeliani (circa 200 per Hamas e per il Cpj). A Gaza, su disposizione del governo Netanyahu, è impossibile per un giornalista internazionale entrare e raccontare ciò che accade.

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Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.