Ancora una volta la Serbia. Ancora una volta la montagna più alta da scalare per poter sognare un’impresa. L’Italbasket accede alla seconda fase dei campionati mondiali battendo le Filippine (90-83 ieri, al termine di una gara senza storia), cancellando in parte gli effetti della sconfitta con la Repubblica Dominicana che aveva fatto saltare i nervi a coach Pozzecco.
Contro gli asiatici non c’è stata difficoltà e la terza partita del primo girone è filata via liscia come l’olio. Praticamente in vantaggio per tutta la seconda parte di gara, alla fine l’Italia ha ottenuto quello che cercava grazie all’ottima prova di Tonut (figlio d’arte), Fontecchio e Ricci.
E proprio Pozzecco a fine gara ha fatto capire bene con quale tensione fosse stata preparata questa partita. “Non vi fate problemi a darmi addosso ma lasciate stare i miei giocatori. Vi ricordo che hanno vinto 11 delle ultime 12 partite, 15 delle 18 gare con me in panchina. Il presidente federale mi vuole bene come un figlio, io gliene voglio come a un padre e gli dedico questa vittoria che vale il Preolimpico”, parole a caldo con le quali “Poz” ha voluto chiudere le polemiche suscitate da risultato ed espulsione di tre giorni fa. “Ho uno staff clamoroso, senza di loro mi sarei buttato dalla finestra. Sandro De Pol (commentatore Rai che si è alzato per protestare contro gli arbitri ndr.) ha dato un grande insegnamento a tutti: quando si è amici, si è amici per la vita”.
Adesso gli azzurri troveranno sulla loro strada, come detto, la Serbia e molto probabilmente Portorico. Obbligatorio vincere. Sempre. E se l’impegno con i centroamericani sembra decisamente alla portata della nostra nazionale, la sfida con la formazione di Svetislav Pešić appare francamente ardua. Ultimamente però siamo stati la bestia nera di questa corazzata della palla a spicchi: battuta due anni fa nel torneo preolimpico, battuta l’anno scorso agli Europei, battuta quest’anno nell’amichevole premondiale. Certo è che anche senza Nikola Jokic, stella splendente della Nba, la Serbia può contare su giocatori fenomenali: Bogdan Bogdanovic e i due Nikola, Milutinov e Jovic su tutti. Dal canto nostro possiamo rispondere con Simone Fontecchio, ala piccola degli Utah Jazz, Nicolò Melli, centro dell’Olimpia Milano e Luigi Datome, leggenda della nostra pallacanestro che dopo i mondiali cesserà l’attività agonistica.
A questi mondiali d’Asia altri italiani si stanno facendo onore. Se Sergio Scariolo sulla panchina della Spagna non rappresenta una novità, Luca Banchi ha compiuto un’impresa straordinaria: il tecnico grossetano, cresciuto tra Livorno e Montecatini, alla guida della piccola Lettonia, peraltro priva della stella Porzingis, ha eliminato la Francia, una delle favorite, e ottenuto la qualificazione alla fase successiva. Solo applausi per lui.
Il mondiale entra dunque nelle fasi più calde in attesa di abbandonare Indonesia e Giappone per essere disputato, dai quarti in poi, nelle Filippine dove il basket è sport nazionale. Ovviamente favoriti gli Usa, con Canada e Australia pronti a guastare la festa; tra le possibili outsider Spagna, Slovenia, Lituania e Germania. Decidere chi sarà la stella della manifestazione non è impresa facile: tra i candidati i fratelli Hernangomez, star in Nba, con la Spagna, i fratelli Wagner e Schroeder con la Germania, Valanciunas (Lituania), Bogdanovic (Serbia), Karl Anthony Towns (Repubblica Domincana), Banchero (Usa), Patty Mills campione Nba (Australia), Shai Gilgeous-Alexander (Canada).
Ci sono due storie che sicuramente resteranno scritte per sempre nelle pagine di questo sport, quella del Sud Sudan e quella di Capoverde. I primi, figli di uno dei paesi più poveri del mondo, e rappresentanti di una giovanissima nazione, sono stati capaci di vincere la prima partita della loro storia contro la Cina. I secondi rappresentano la nazione più piccola, solo in 3 mila giocano a basket da quelle parti, ad aver vinto (contro il Venezuela) una gara al campionato del mondo.
