Chi non vuole la pace
JD Vance, il cane da guardia di Zelensky che sabota Rubio per non perdere il ruolo di delfino di Trump
Il vicepresidente messo ai margini nell’ultimo vertice, cerca di ostacolare il lavoro del Segretario
Il vicepresidente americano JD Vance ha spiegato in una lunga intervista a Fox News, il network più vicino a Donald Trump, che cosa disse a Zelensky prima dell’incontro alla Casa Bianca: “Gli ho detto che se non voleva essere sbattuto fuori da White House un’altra volta come successe a febbraio, avrebbe dovuto comportarsi come un bravo bambino e mostrare rispetto per i padroni di casa. Gli ho detto: finché ti comporti berne, io sto zitto, ma appena sgarri te ne faccio pentire”.
Ora – considerando che durante quell’incontro in cui erano presenti i capi di Stato e di governo europei fra cui Giorgia Meloni il Presidente ucraino è stato la star dell’incontro e che Vance era una figura marginale ed evanescente, per quale motivo mercoledì ha sentito il bisogno di una vanteria totalmente infondata e irrilevante? Vance ha dunque voluto far conoscere ai suoi compatrioti americani (ma non solo a loro) che il suo ruolo è quello di ridicolizzare, svalutare e mantenere sottomesso il Presidente ucraino. Ha usato il verbo “to behave” che vuol dire “comportarsi” da bravo bambino rispettoso delle gerarchie. Vance è un uomo molto rigido, recentemente convertitosi al nuovo Cattolicesimo del Midwest, una forma antiquata e autoritaria, tanto da essere stato il bersaglio di una lavata di testa da Papa Leone che durante i funerali di Francesco gridava: “Chi ha permesso a Vance di avvicinarmi? Chi è che lo ha fatto passare?”. E così facendo, Vance ha perso parecchi punti di fronte a Trump, il quale adorerebbe vantare buoni rapporti col Papa americano Francis Prevost che, però, non ne vuole sapere.
Come interpretare dunque l’uscita del Vicepresidente degli Stati Uniti nel network televisivo più trumpiano per assicurare (o millantare) di essere il cane da guardia del villano Zelensky? La risposta si deve cercare sulla mappa dei ruoli in questa sorta di show planetario. Vance sta mettendo i bastoni tra le ruote di quello che è diventato il suo competitor alla Casa Bianca e cioè il Segretario di Stato Marco Rubio, che da due giorni ha assunto l’incarico di costruire un sistema di garanzie anche militari per l’Ucraina, quando la guerra sarà finita. È un lavoro, quello di Rubio, aperto a mille insidie ma si fonda su un punto fermo: il riconoscimento di Zelensky come rappresentante legittimo e indiscusso dell’Ucraina. Ieri in una intervista sul “Corriere della Sera” Leon Panetta, ex Capo della Cia e poi del Pentagono, rimproverava a Trump di non sapersi decidere: lanciare apocalittici ultimatum a Putin per poi farli cadere senza conseguenze. Marco Rubio (se il suo progetto di costruire garanzie antirusse per l’Ucraina riesce) è l’uomo incaricato di fare ciò che finora a Trump non è riuscito forse per vanità (si contenta di essere la star mondiale dei suoi show) o perché agisce seguendo i suoi istinti e non piani accuratamente studiati.
Questa critica è stata espressa quasi tutti i giorni in televisione da John Bolton – già terzo National security advisor di Trump durante il primo mandato – il quale giovedì si è visto piombare nella sua casa di Bethesda nel Maryland una squadra dell’FBI “per condurre attività autorizzate dalla Corte” che ha portato via sette pesanti scatoloni di carte. Trump odia Bolton, che considera un traditore e, appena tornato alla Casa Bianca, gli fece togliere la scorta assegnata a causa delle minacce iraniane. Oltre all’FBI anche gli uomini in grigio del Secret Service (il servizio segreto della Casa Bianca). É stata una operazione “super segreta” ma è evidente che Bolton è indagato per essersi portato a casa documenti top secret. Trump ha detto di sapere nulla di questa operazione e anzi di aver dato ordine di non informarlo mai di ciò che fa l’FBI. Il direttore del FBI nominato da Trump è Kash Patel che ha postato su “X” il motto “Nessuno è al di sopra della legge”. Da dove viene Kash Patel? É un ex influencer di estrema destra che in un suo libro del 2003 aveva incluso Bolton in una lista di “membri del braccio esecutivo del Deep State”.
Ma la vera colpa di Bolton è quella di criticare quasi ogni sera e a brutto muso Trump per il modo inaccettabile con cui conduce la sua politica dei negoziati con Putin. Va ricordato che anche Trump, dopo il suo primo termine, si vide arrivare a Mar a Lago, la sua residenza in Florida, gli uomini dell’FBI che portarono via quintali di carte segrete e anche a Joe Biden capitò la stessa disavventura. Ma non c’è dubbio che sia in corso nell’amministrazione una partita pesante di colpi di mano che ha come oggetto finale l’atteggiamento da tenere nei confronti di Putin: cresce la sensazione che Trump si stia mettendo in una situazione da cui non riesce ad uscire con le proprie forze.
E mentre intimidisce Bolton, si sente grato a Marco Rubio per essersi caricato sulle spalle il fardello delle garanzie europee per l’Ucraina, ciò che fatto scattare reazioni isteriche a Mosca: “Se gli occidentali pensano un giorno di metter piede in Ucraina con la scusa di proteggerne i confini, allora non hanno capito nulla” è stata la risposta di Lavrov. La realtà è che si sta allargando il fronte di quelli che hanno capito benissimo e che si sono adesso decisi a dare i segnali forti nel contenuto – un contingente europeo armato – ma espressi con la lingua della diplomazia.
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