Attacchi aerei, ostaggi morti consegnati con una cadenza decisa da Hamas, un disarmo che appare decisamente improbabile (o quantomeno molto più allungato nel tempo rispetto alle più rosee previsioni di Donald Trump) e una ricostruzione che non è ancora stata nemmeno pensata. La Striscia di Gaza rimane un punto interrogativo. Ma l’obiettivo del presidente degli Stati Uniti, in questo momento, è evitare che quel fazzoletto di terra si trasformi in una palude, e che il suo piano di pace, i 20 punti confermati anche nel vertice in Egitto, si rivelino un fiasco. Proprio per questo motivo, la Casa Bianca si è mossa subito, non appena il cessate il fuoco è iniziato a vacillare.

A Gerusalemme sono arrivati l’inviato Steve Witkoff, il genero di Trump, Jared Kushner, ed è atteso a ore, secondo la tv pubblica israeliana Kan, il vicepresidente statunitense J.D. Vance, che ha in programma di visitare la Striscia di Gaza. “Siamo determinati a raggiungere tutti gli obiettivi della guerra”, ha dichiarato il vicepresidente, tra cui la “eliminazione di Hamas come attore diplomatico e militare”. Questa triade di pesi massimi della diplomazia personale e pubblica del tycoon servirà a far capire l’interesse di Washington per la gestione di questo conflitto e di questa decisiva e difficile fase di tregua.

L’incontro con Netanyahu

Intanto i due uomini del presidente hanno incontrato il premier Benjamin Netanyahu per fare il punto della situazione, capire cosa aspettarsi nelle prossime giornate e preparare l’incontro con Vance. Ma Witkoff e Kushner sono giunti nello Stato ebraico anche per accelerare sul fronte della ricostruzione.

Le stime

Un tema fondamentale ma anche estremamente complesso, dal momento che lo stesso inviato di Trump per il Medio Oriente, parlando con la Cbs News, ha rivelato che “le stime si aggirano sui 50 miliardi di dollari. “Potrebbe essere un po’ meno, ma potrebbe anche essere un po’ di più” ha sottolineato Witkoff. Mentre le parole di Kushner sulla situazione a Gaza sono state ancora più nette. “Sembrava quasi che una bomba nucleare fosse stata fatta esplodere in quella zona” ha detto il genero di Trump dopo la visita della Striscia realizzata con Witkoff nei giorni scorsi. “E poi si vedono queste persone che tornano indietro e ho chiesto alle Forze di difesa israeliane: ‘Dove stanno andando?” ha raccontato Kushner. “Mi guardo intorno. Sono tutte rovine. E loro hanno risposto: ‘Beh, stanno tornando nelle zone dove si trovava la loro casa distrutta, sul loro terreno, e pianteranno una tenda’. Ed è molto triste, perché pensi tra te e te: non hanno davvero nessun altro posto dove andare”, ha continuato il consigliere del presidente.

Il messaggio più importante

E insieme a Witkoff ha anche lanciato dei segnali di attenzione nei riguardi dei palestinesi: un modo per premere ulteriormente su Netanyahu sia riguardo la situazione umanitaria, sia per accelerare la normalizzazione dei rapporti con i Paesi arabi. Un tema che Trump considera prioritario. Kushner ha chiarito che “Il messaggio più importante che abbiamo cercato di trasmettere alla leadership israeliana è che, ora che la guerra è finita, se si vuole integrare Israele nel Medio Oriente più ampio, bisogna trovare un modo per aiutare il popolo palestinese a prosperare e a migliorare”, ha chiarito insieme all’altro inviato di The Donald. E queste sono dichiarazioni che non vanno sottovalutate, soprattutto alla luce di una situazione politica in Israele in cui appare chiaro che si stanno iniziando a scaldare i motori in vista delle elezioni del prossimo anno. E le chance di conferma di Netanyahu possono aumentare sensibilmente alla luce del supporto statunitense e in particolare dell’amministrazione repubblicana.

Le conseguenze inevitabili

La guerra a Gaza e le conseguenze sul piano diplomatico, economico e sociale per Israele, saranno inevitabilmente il principale tema del dibattito nei prossimi mesi insieme ai processi contro “Bibi” e le sue nomine nell’establishment. La destra radicale già preme per un deciso cambio di rotta. Il ministro della Sicurezza interna, Itamar Ben-Gvir, ha già minacciato di abbandonare la coalizione di governo se non passerà la proposta di legge per la pena di morte contro i terroristi arrestati. “Se il governo non smantellerà Hamas, io smantellerò il governo”, ha aggiunto riunendo i membri del suo partito alla Knesset. E Netanyahu ora deve gestire il pressing degli alleati ma anche un’America convinta che sia necessario un ammorbidimento delle posizioni con il mondo arabo e i palestinesi.