Il nuovo campo di battaglia
La nuova guerra degli Stati Uniti per controllare il denaro del futuro: dollaro digitale globale e una riserva Bitcoin nazionale
Negli Stati Uniti si starebbe giocando una partita che punta a ridefinire l’assetto finanziario globale per i prossimi decenni. Una sfida tra due regimi monetari opposti. Da una parte il tradizionale blocco Fed– Wall Street, centrato sulle banche commerciali che da un secolo creano dollari e gestiscono il credito globale. Dall’altra un nuovo paradigma che mette al centro il Tesoro USA, le stablecoin regolamentate e Bitcoin come riserva strategica.
La teoria si basa sulla lettura di eventi tra loro legati: la Strategic Bitcoin Reserve istituita nel marzo 2025, il GENIUS Act sulle stablecoin approvato a luglio, la scalata MAGA sulla Fed. Il modello tradizionale è noto: la Federal Reserve e i colossi bancari – con JPMorgan in prima linea – detengono il monopolio della creazione di moneta. Il potere resta nelle mani di soggetti privati che prestano dollari creati ex nihilo e incassano gli interessi. È un’architettura globale che ha generato incredibili utili a Wall Street ma però ha contribuito al declino industriale americano ha garantito stabilità. Per questo il “vecchio ordine” vede il Bitcoin come un corpo estraneo: un asset non manipolabile, fuori dal circuito bancario e potenzialmente capace di erodere il potere delle istituzioni finanziarie. Il nuovo schema promosso dall’amministrazione Trump punta invece a spostare l’asse verso il Tesoro, organo politico per definizione.
I pilastri sono chiari: stablecoin garantite al 100% da Treasuries; dollari digitali programmabili emessi direttamente dal Tesoro; e Bitcoin come moderno equivalente dell’oro di Fort Knox. La logica è lineare: ricreare un sistema “a due livelli” simile al gold standard pre-1971, dove la moneta circolante è digitale e rapida, mentre la riserva strategica è scarsa, neutrale e inattaccabile. Qui entra in scena Strategy, l’ex MicroStrategy di Michael Saylor, oggi ponte tra finanza tradizionale e Bitcoin. Con oltre 650 mila BTC in pancia, l’azienda è diventata la proxy dominante per l’esposizione istituzionale. E proprio per questo – sostengono alcuni – è finita nel mirino: short aggressivi che hanno provocato un crollo del titolo del -60-70% dai massimi nonostante il Bitcoin resti sopra gli 80mila dollari. La tempistica è cruciale. Un annuncio prematuro di acquisti massicci di Bitcoin farebbe esplodere i prezzi, rendendo impossibile accumulare. Meglio, dunque, mantenere il mercato “compresso”.
Se prevarrà il nuovo ordine, gli Stati Uniti potrebbero trovarsi con un dollaro digitale globale e una riserva Bitcoin nazionale capace di ridefinire gli equilibri monetari internazionali. Per l’Europa, già marginalizzata nell’IA e nelle materie prime critiche, sarebbe l’ennesima sconfitta strategica. Se invece vincerà il vecchio sistema, la finestra per una riforma profonda si chiuderebbe per decenni, lasciando Bitcoin in una nicchia volatile e politicamente tollerata ma non integrata. Per cittadini e investitori, la transizione non sarebbe indolore: volatilità elevata, scontri istituzionali e un nuovo modello di moneta ancora tutto da testare. Ma il messaggio è chiaro: Bitcoin non è più un gioco speculativo. È diventato il campo di battaglia su cui si decide chi controllerà il denaro del XXI secolo.
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