Un vestito da sposa appeso a un cassonetto dell’immondizia. Parte da qui, Laura Eduati, al suo esordio nella narrativa con La ragazza Garbatella (Accento Edizioni): una giovane protagonista senza nome col compito di raccontare ai telespettatori di un’emittente televisiva locale cosa si celi dietro quell’abito bianco, da cui erompe un alfabeto ben preciso di simboli e d’attese, di desideri, fresco di lavanderia ma traballante tra i rifiuti. “Vuoi vedere che riusciamo davvero a parlare d’amore?”, si chiede lei, mentre a questa domanda ne segue un’altra, in sottotraccia, immediata e comune: è così difficile, oggigiorno, parlare d’amore? Di un amore che veda quell’abito iridescente, per quanto è bianco, addosso a una donna in procinto di legarsi a suo marito, e non in strada tra la sporcizia? Ci si sente ancora ispirati dall’amore, ancora pronti per le responsabilità che ogni legame porta con sé, oppure all’amore si preferisce una rete di affetti disposti a esserci e ad accudire, senza però vincoli né contratti? Sembra un pretesto narrativo, e in parte lo è, ma nel romanzo il vestito da sposa si tramuta da subito in una traccia: di quello che verrà e di quanto è stato.
Intanto, tuttavia, il presente: l’incontro con Andrea, il migliore amico di un amore perduto, costringe la protagonista a risalire il dorso del tempo e dei ricordi. Nel presente, c’è Garbatella con le sue costruzioni a cingere gli ampi cortili e con gli edifici a mattoncini rossi, quel caos che a volte è sinonimo di vivacità. Nel passato, invece, c’è Dublino e un uomo di nome Yon. Un personaggio che entra in scena avvolto nel calore d’un letto che stenta a lasciare, è un uomo sposato, ormai, col suo umore rarefatto e con una figlia. Nella complessità dei piani temporali e dei luoghi, che Eduati maneggia con la giusta misura, c’è un segreto ritorno. La protagonista, sospesa fra i suoi flussi interiori e il vezzo di non prendersi troppo sul serio, una voce che a tratti ricorda gli scetticismi o le gloriose esultanze della Lizzie Bennet di Orgoglio e pregiudizio, lo tiene per sé. “Ho infatti scoperto che il segreto fa germogliare i pensieri meglio della bambagia, soltanto quando diventano robusti sono pronti per essere esibiti all’esterno.” La rarefazione del tempo: Austen è fra le pagine anche per questo. È un ritorno epistolare, quello di Yon. La lentezza e la ritrosia, tenera, quasi infantile, lungo l’attesa di un incontro promesso a Roma, lasciano spazio all’immagine di due ragazzi: lui e lei, undici anni prima.
Ma anche al desiderio di come potrebbe essere la vita, adesso, se fosse investita da un cambiamento. La monotonia di un matrimonio, da una parte, e dall’altra incontri fugaci: restare stretti in un abbraccio, dopo l’amore, solo per una questione di formalità. Non deve essere un caso, allora, se l’autrice butta giù la maschera e cita l’ultimo romanzo di Austen, Persuasione. Il più autunnale e il più malinconico. Risuonano ora nei suoi ricordi le parole della professoressa di letteratura inglese, lì dove l’elogio alla rivoluzione compiuta da Austen fu quello di aver narrato per prima lo slancio verso un matrimonio d’amore – e non solo il rimedio per salvarsi, senza possibilità d’ereditare, in un mondo dove il lavoro femminile veniva considerato disdicevole, dall’indigenza.
La parabola che le eroine di Austen sono chiamate a compiere è quella di maturare uno sguardo diverso sulle aspettative che coltivano. Inciampare, vergognarsi e poi ricredersi. La saggezza, al posto dell’ardore. Il compromesso come bagaglio necessario al compimento della vita adulta. Durante una puntata alla radio, la ragazza di Garbatella parla della protagonista di Persuasione. Come lei, Anne Elliot è destinata a rincontrare un amore giovanile. A differenza di lei, Anne capisce tutto dal primo istante, quando in una giornata piovosa rivede il ragazzo che aveva amato e ogni dubbio scompare. La protagonista di Eduati dovrà invece fare i conti con il suo passato, i fantasmi che circolano fra i pensieri e un dolore lancinante, prima di affidarsi alla saggezza. Poi, però: poi bisogna pur vivere a un certo punto!
