La seconda vita di Luigi Di Maio nella famiglia dei moderati europei: potenziale agente di relazioni di pace

LUIGI DI MAIO RAPPRESENTANTE SPECIALE UE PER IL GOLFO

Dopo la frattura con Conte, con i 5 Stelle e la mancata rielezione in Parlamento con un proprio partito politico – “Impegno civico” in tandem con il Centro democratico di Bruno Tabacci – Luigi Di Maio ha da oltre due anni trovato una collocazione internazionale di prestigio.

Gli incarichi di Luigi Di Maio

Proposto dal Governo a guida Mario Draghi viene scelto in una rosa di quattro candidati dall’Alto rappresentante Josep Borrell come “rappresentante ufficiale dell’U.E. per il Golfo Persico” e assume l’incarico il primo giugno 2023. Viene riconfermato il 15 gennaio 2025 per ulteriori due anni da Kaja Kallas, succeduta a Borrell e a sua volta designata dalla Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Nel conferire la proroga dell’incarico, Kallas ha motivato la prorogatio a Di Maio per l’«eccellente prestazione» e il «grande contributo» alla politica estera dell’Unione Europea.

Un endorsement di assoluto rilievo per lo svolgimento di un incarico istituzionale nato con la sua nomina che si suppone non gli abbia fatto rimpiangere le beghe politiche del Belpaese, proiettandolo su una ribalta internazionale – peraltro con una retribuzione simile a quella di un parlamentare – dove il giovane politico di Avellino, cresciuto (anche politicamente) a Pomigliano d’Arco, sta dimostrando di trovarsi a suo agio nelle relazioni politiche che lo rendono interlocutore con il Golfo Persico dove si affacciano infatti Paesi come Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran, esprimendo così una dimensione potenzialmente strategica in questa fase storica.

Una figura diplomatica che promuove gli interessi politici e cura le relazioni dell’Unione in questa regione spesso caratterizzata da crisi ricorrenti e instabilità delle relazioni fra gli Stati. Una realtà istituzionale tutta da costruire visto che L’Ue finora non ha mai avuto un rappresentante speciale nel Golfo. Osservandola dall’esterno si tratta di una presenza più silente che interventista, che sta affinando l’esperienza del personaggio in un contesto geografico minato dai conflitti. Secondo l’ISPI il recente bombardamento dell’IDF su Doha (dove erano riuniti i capi di Hamas e dove Khalil Hayya, capo negoziatore e uno dei leader di spicco dell’organizzazione palestinese, non sarebbe morto nel raid israeliano contrariamente a quanto dichiarato all’inizio) «segna una svolta nei rapporti tra Israele e le monarchie del Golfo, mettendo in crisi gli Accordi di Abramo e in dubbio l’affidabilità degli USA», creando uno iato tra un prima e un dopo nelle relazioni tra le monarchie del Golfo e Israele e accrescendone la distanza politica.

«L’Iran – prosegue l’ISPI –, con l’attacco del 23 giugno alla base americana di Al Udeid nell’emirato, l’aveva dimostrato; Israele, con lo strike del 9 settembre contro la riunione di Hamas, lo ha ribadito”. Lo stesso rapporto tra gli USA e il Qatar apre ad una fase di stallo e incertezza, alimentata dalla volubilità e dalle instabilità decisionali di Trump.

Dopo l’abiura dell’uno-vale-uno, il ripensamento sul Memorandum della Via della Seta del marzo 2019, il riposizionamento internazionale atlantista, la difesa a oltranza dell’Ucraina, l’incardinamento istituzionale nell’Ue, l’abbandono della linea oltranzista sostenuta dai gilet gialli e la presa di distanza netta da ogni forma di populismo e negazionismo, la netta scelta europeista e filoccidentale il cattolico Di Maio si sta ritagliando uno spazio di credibilità nella grande famiglia dei moderati europei. C’è da giurare che questa sarà la via della conversione definitiva a quei valori che l’Europa esprime.

La contingenza di questa fase storica che esalta la politica internazionale, le relazioni tra mondo arabo e mondo occidentale e la questione israelo-palestinese, rendono interessante il suo ruolo di rappresentanza dell’Ue nel Golfo Persico, aprendogli potenziali spazi di mediazione come osservatore e come propositore tecnico al decisore politico di soluzioni diplomatiche centrate sul dialogo. Non solo l’uomo del “relata refero” ma un potenziale agente di relazioni di pace, negli ovvi limiti del suo mandato e – soprattutto – nei pesi e contrappesi che l’Ue può onestamente offrire. Attendiamo con fiducia buone notizie e azioni concrete.