Quella di Yasuo Takamatsu, 65 anni è la storia di un grande amore. L’11 marzo 2011 il terribile tsunami che si abbattè sul Giappone gli ha portato via la sua adorata moglie Yuko. Il suo corpo non è mai stato ritrovato e lui non si dà pace: vuole trovarlo e avere un posto dove piangerla. Ogni settimana si immerge nelle acque della sua regione, Onagawa. Lo farà finchè il suo corpo si muoverà. Il suo amore per la moglie è talmente grande e sacro da superare qualsiasi difficoltà.
Quando lo tsunami colpì il Giappone, Yasuo, autista di autobus, era a casa a spazzar via i detriti lasciati dal terremoto delle ore precedenti. La moglie era a lavoro in banca. Subito dopo il terribile terremoto che devastò la regione Thoku, Yasuo iniziò a cercare sua moglie via terra. Ha passato al setaccio la zona dove la moglie lavorava in banca, poi gli edifici circostanti, la costa, la foresta e le montagne. Niente, della sua Yuko nessuna traccia. Trovò però il cellulare della moglie e così la speranza che forse stava andando nella giusta direzione. Nel telefono trovò anche l’ultimo messaggio di sua moglie per lui, che non riuscì mai a mandare: “Stai bene? Voglio tornare a casa”.
“Sono sicuro che vorrebbe ancora tornare a casa”, ha raccontato Yasuo. Con il telefonino, recuperato mesi dopo, Yuko aveva provato a inviare un altro messaggio al marito: “Questo tsunami è disastroso” ma queste parole non era riuscita a spedirle. Così si è fatto animo e coraggio e ha deciso di iniziare a cercarla in mare. A settembre 2013 decide di contattare una guida e prendere il brevetto da sub per poterla cercare nelle acque costiere del Pacifico. “Ho 56 anni – aveva detto all’istruttore Masayoshi Takahashi – voglio imparare a immergermi perché voglio trovare mia moglie nel mare”.
Quando le onde gigantesche e violente avevano distrutto tutto, Yasuo si era ritrovato nell’ospedale di una città vicina, insieme alla suocera e non gli era stato permesso di tornare a Onagawa, che nel frattempo era diventata un cumulo di macerie, uno scenario apocalittico dove le barche dei pescatori si erano frantumate contro auto ed edifici. Il giorno dopo tornò sulla collina che avevano allestito come punto di ritrovo per gli sfollati. “È stato in quel momento che mi è stato detto che tutti gli impiegati della banca di mia moglie erano stati spazzati via dall’acqua”, ha raccontato. “Ho sentito le mie ginocchia cedere, non ho più sentito il mio corpo”. Durante tutte le immersioni, che pratica una volta alla settimana da quasi dieci anni, Yasuo indossa una muta, si carica una bombola sulla schiena e si tuffa nelle acque gelide dell’oceano insieme all’istruttore subacqueo Masayoshi Takahashi. Quest’ultimo tiene aggiornate costantemente le mappe e i registri delle aree che sono già state battute, a volte anche più di una volta perché le correnti spostano in continuazione i detriti.
Il violento tsunami dell’11 marzo 2011 è stato il più violento in Giappone e il quarto peggiore della storia. causa del sisma e dello tsunami successivo – che ha distrutto i generatori di emergenza che alimentavano i sistemi di raffreddamento di tre dei reattori della centrale nucleare di Fukushima – sono morte circa 20mila persone, quasi mezzo milione sono rimaste senza una casa e 2500 sono ancora disperse. Una di queste, è Yuko, almeno finché Yasuo non l’avrà ritrovata.
