Lampedusa, è strage di migranti: 7 morti per il freddo

Sette morti di freddo e di indifferenza alle porte dell’Europa. I loro cadaveri erano tra i 280 migranti, in gran parte bengalesi, a bordo di un barcone soccorsi nella notte di martedì dalla guardia costiera venti miglia a sud di Lampedusa e condotti sull’isola. In tre erano privi di vita già all’arrivo dei militari, altri quattro erano in condizioni disperate e sono deceduti prima di arrivare sulla terraferma, stroncati probabilmente dall’ipotermia.

Su questa ennesima strage la Procura della Repubblica di Agrigento ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti. Per il procuratore capo Luigi Patronaggio e l’aggiunto Salvatore Vella si configura morte o lesioni come conseguenza di altro delitto legato al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono in corso le indagini per identificare gli scafisti e gli organizzatori della traversata. Il barcone era partito tre giorni fa dalla Libia. Secondo la ricostruzione della guardia costiera, era andato in difficoltà già diverse ore prima in acque territoriali tunisine. Le autorità tunisine avevano coordinato le operazioni di soccorso inviando sul posto una nave che però non ha trovato il barcone in difficoltà. L’imbarcazione, che navigava verso nord, è stata quindi individuata vicino alle acque sotto responsabilità italiana da un velivolo Frontex. A quel punto il barcone è stato raggiunto da due unità della guardia costiera partite da Lampedusa, da una unità della guardia di finanza e dalla nave ong Aita Mari.

Una strage evitabile, accusa Alarm Phone che lunedì aveva lanciato un avviso sull’imbarcazione in difficoltà: «Le 280 persone in pericolo sono state infine soccorse dalla Guardia costiera italiana, che è arrivata 6 ore dopo la nostra allerta e dopo l’arrivo della nave di soccorso Aita Mari», ha twittato la Ong. «Cambiano i governi, cambiano i presidenti della Repubblica, ma questo orrore da anni non cambia mai. Invece del rituale cordoglio che sempre arriva dopo stragi annunciate occorre un impegno serio e concreto perché queste morti non si ripetano». ha commentato all’Adnkronos Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans. Un appello alle istituzioni nazionali e sovranazionali lo lancia il Centro Astalli: «Non condanniamo all’invisibilità uomini e donne in cerca di una vita dignitosa. Ritorniamo a una politica che applichi le convenzioni internazionali, che abbia una visione di governo ispirata al rispetto dei diritti umani e che non lasci morire nell’indifferenza alcun essere umano.

In un momento cruciale per il Paese, per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, queste morti richiamano ai principi fondanti la nostra Costituzione che fa dell’Italia uno Stato in cui a ogni persona devono essere garantiti diritti e libertà fondamentali. Si agisca per salvare vite creando vie di ingresso legali per i migranti che alle porte d’Europa chiedono di entrare in cerca di protezione, accoglienza e integrazione», ha dichiarato padre Camillo Ripamonti. Ma in Europa si lavora invece per tenere quelle porte ben chiuse: proprio ieri la Polonia ha avviato la costruzione di una nuova recinzione alla frontiera con la Bielorussia, con cui Varsavia intende ostacolare l’ingresso di migranti irregolari, dopo la crisi dello scorso anno con Minsk. Con una lunghezza prevista di 186 km, pari a quasi metà della lunghezza totale della frontiera, la recinzione metallica sarà alta cinque metri e mezzo e sarà dotata di telecamere e rilevatori di movimento. I lavori, dal costo stimato di di 353 milioni di euro, dovrebbero essere completati entro la metà di quest’anno.