L’annus horribilis (senza fine) di John Elkann: Exor in calo, Stellantis in bilico, Gedi in vendita

Stellantis Chairman - John Elkann during the press conference Fiat 500 hybrid Media Drive ÒLÕItalia che ci piaceÓ. Italy - News - November, 25 2025. (Photo by Fabio Ferrari/LaPresse)

Nella crisi del settore automobilistico europeo, se vogliamo giocare a buoni e cattivi, non può mancare John Elkann. È appena uscito sul Financial Times un dettagliato articolo sull’annus horribilis vissuto dal nipote di Gianni Agnelli: dalle vicende personali – la lunga disputa con la madre Margherita sull’eredità della nonna Marella – alle questioni giudiziarie aperte – l’accusa di frode fiscale – e ancora, il calo del 18% da inizio anno delle azioni della holding Exor, il Gruppo GEDI in vendita, offerte per comprare la Juventus, la scuderia Ferrari che – nonostante l’arrivo del campione Lewis Hamilton – non vince un titolo dal 2008.

Alcune considerazioni, in ordine sparso. Mentre l’Avvocato più famoso d’Italia guidò la Fiat nel bel mezzo del boom economico, Elkann si è ritrovato a prendere il timone dell’impero nella tempesta. Nel 2004, ricordiamo tutti la fatidica domanda di Sergio Marchionne, “in ferie da cosa?”, quando la casa perdeva cinque milioni di euro al giorno. Quello che un tempo era il gruppo industriale più importante d’Italia si ritrova ad essere, oggi, una holding diversificata con delle partecipazioni che non spiccano per crescita e produttività. Tra tutte, Stellantis.

Ora, non è certo tutta colpa di Elkann. Il mercato automobilistico è in caduta libera da anni. Le politiche green ad alto contenuto ideologico dell’Ue hanno di fatto smontato, pezzo per pezzo, la nostra capacità produttiva. Abbiamo, inseguendo target impossibili – basti pensare al folle stop delle auto a benzina nel 2035, soltanto pochi giorni fa revocato a data a destinarsi – rottamato i nostri stabilimenti favorendo delocalizzazioni e scommesso su un mercato, quello elettrico, che si è rivelato essere un boomerang micidiale. Per alcuni in Ue l’auto elettrica sembra l’unica via percorribile per una società a zero emissioni, anche a costo di sacrificare intere filiere industriali e non solo, la nostra stessa sicurezza. Mentre l’Ue ha preteso parametri di sostenibilità industriale insostenibili per il settore automobilistico, la Cina – che controlla la catena di fornitura globale delle batterie al litio e altri componenti per i veicoli elettrici – ha inondato il nostro mercato con le sue vetture, peraltro dai prezzi accessibilissimi grazie agli aiuti di Stato che Pechino puntualmente riversa nelle sue aziende.

L’azione di Elkann, in questo caos, non è stata brillante. Negli anni, Stellantis ha infatti progressivamente diminuito la produzione in Italia, nonostante gli impegni dell’azienda in investimenti e occupazione nel Paese. Era già tutto previsto, forse, dal giorno della fusione di FCA con il gruppo Peugeot, che da subito presentava uno squilibrio nel gruppo a favore della parte francese. Nel frattempo, Stellantis ha acquisito il 20% della casa automobilistica cinese Leapmotor, un ulteriore schiaffo alla produzione europea. Elkann – dopo aver pagato un’uscita milionaria all’ex-AD Carlos Tavares – si è recato in Parlamento, promettendo la sua volontà di mantenere l’Italia al centro della strategia di Stellantis, senza tagli ai posti di lavoro. Sono passati mesi, e il futuro degli stabilimenti italiani appare a dir poco precario. Certo, se pensiamo agli oltre 220 miliardi di sussidi che lo Stato italiano ha investito in trent’anni nella Fiat, l’amaro in bocca c’è e il bilancio non può che essere in rosso.