Ogni anno ci ritroviamo a celebrare la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’Autismo, e ogni anno facciamo i conti con quello che la società ha costruito o, nostro malgrado, con quello che è stato demolito.
Di passi in avanti ne sono stati fatti tanti, l’impegno è solerte trasversalmente ma non abbastanza da scardinare, ancora, tutta una serie di pregiudizi che fitti fitti albergano nelle menti e nella quotidianità che, apparentemente, ci appare normalità.
Ed è forse questo il punto: non c’è una giornata per sensibilizzare, non c’è un tempo per comunicare, è ogni giorno che si sta sul campo per potenziare ciò che è stato fatto, per spostare il punto di osservazione.

Dimentichiamo troppo in fretta e distrattamente non guardiamo chi ci sta accanto, i pilastri di una società davvero inclusiva si costruiscono insieme, ognuno come può ma nella stessa direzione.
Ancora oggi assistiamo a bambini che non hanno un insegnante di sostegno a scuola abbondantemente iniziata, che sono costretti a ricominciare da capo tutte le volte in cui una docente viene sostituita o trasferita, dimenticando che c’è un rapporto di fiducia che si instaura e che i repentini cambi irrigidiscono i progressi o li bloccano.
Non c’è una bolla in cui le persone con autismo debbano essere chiuse insieme alle loro famiglie, non c’è una dignità da elemosinare, va riconosciuta indistintamente a tutti, così come l’esercizio dei diritti non può essere carità o piacere concesso.

Non ci può essere pietismo o commiserazione, non è questo quello a cui si mira, a cui però siamo abituati. Gli occhi parlano. Abbiamo bisogno di una inclusione che non ghettizzi e che non faccia sentire diversi dal resto del mondo, perché le persone autistiche non hanno una disabilità da farsi perdonare, non devono cercare un posto tra chi disabile non è. Dunque serve un cambiamento culturale, serve decostruire stereotipi e pregiudizi.
È inderogabile che vi sia un maggiore sostegno alle famiglie, aggrovigliati in una burocrazia stancante e mai risolutiva, una possibilità maggiore di accesso alle terapie, che hanno un costo elevato e che non tutti possono fronteggiare. Le famiglie non vanno lasciate sole, molte mamme e papà sono costretti a lasciare il lavoro per seguire il figlio o figlia, annullano la propria vita, non si concedono più del tempo per se stessi, tutto è declinato in funzione dei bisogni riscontrati. Annullarsi significa non vivere e finire nell’oblio della disperazione. Inascoltati, silenti, senza desideri e voce ma angosciati e tormentati.

Questi genitori, che sono caregiver, hanno bisogno di riconoscimento e di tutela, non sono invisibili.
I servizi di supporto, un forte e adeguato welfare possono supportare le tematiche della neurodivergenza e fare sentire meno la solitudine.
Non si può non guardare per tutte queste ragioni alla ricerca, nell’ambito dei disturbi dello spettro Autistico risultano molti aspetti sconosciuti o conosciuti solo in parte.
La ricerca scientifica permette interventi mirati, il suo finanziamento riveste un ruolo importante. Il primo gesto immediato, semplice e concreto è quello di sostenere la Fondazione Italiana Autismo (Fia), inviando un sms al 45585, fino al 14 aprile. Visitate il sito www.fondazione-autismo.it e attraverso la lettura del bilancio sociale scopritene l’attività.