Orfani di dignità e di istituzioni bloccate nella palude della burocrazia. Orfani di una disorganizzazione cronica che non può essere solo giustificata con il ritornello della mancanza di personale. Vittime di barriere sempre più insormontabili che obbligano i genitori a veri e propri miracoli quotidiani e il personale scolastico a gesti d’umanità straordinaria che vanno a coprire le assenze di professionalità adeguate. Sono i bimbi disabili di Napoli. Sono le storie dei tanti ragazzini e delle loro famiglie che devono quasi supplicare le autorità per frequentare la scuola pubblica. E’ la storia di Samuele, 13enne affetto da tetraparesi spastica (una forma di paralisi che coinvolge contemporaneamente la muscolatura volontaria di tutti e quattro gli arti) e da diabete di tipo uno, iscritto, sulla carta, al primo anno delle scuole superiori al Giustino Fortunato. Ma a 40 giorni dal suono della prima campanella per lui la porta della classe non si è mai aperta.

Troppe mancanze, troppi rischi: dal lettino per l’assistenza all’operatore socio sanitario che non c’è perché non è previsto da chi, come la città metropolitana di Napoli, gestisce il secondo ciclo di scuole dopo elementari e medie. E per il bambino in carrozzella, che ha bisogno di un monitoraggio costante durante l’orario delle lezioni, uno dei pochi momenti di socialità di cui ha diritto, ad oggi non c’è una figura professionale in grado di seguirlo, di assisterlo, di cambiargli il pannolino, di accompagnarlo in bagno e di aiutarlo con il microinfusore per il diabete che lui da solo non può usare. Una responsabilità troppo grande anche per i collaboratori scolastici.

Risultato? O mamma Manuela Udito lo segue anche in classe o il piccolo Samuele sarà costretto, almeno per quest’anno, a restare nella sua casa di Pianura, quartiere periferico di Napoli di circa 70mila abitanti dove non esiste una scuola superiore. Tutto questo nel 2023. Tutto questo nella città di Napoli che conquista un altro triste traguardo: quello di negare un diritto, ovvero la scuola dell’obbligo, a un bambino affetto da gravi problemi di salute sin dalla nascita (avvenuta al sesto mese di gravidanza). Quello di Samuele è probabilmente il caso più eclatante denunciato dall’associazione che porta il suo nome, “C’era una volta un principe di nome Samuele”, creata da Manuela e portata avanti insieme alla vicepresidente Angela Scarallo, mamma di Francesco, 16enne autistico che frequenta il Liceo Galileo Galilei, e a decine di mamme e papà che provano a tamponare la carenza di fondi per le terapie con cene di beneficenza e vendita di gadget per aiutare famiglie sempre più disperate a sostenere le spese mediche. Basti pensare che per ottenere la prescrizione delle terapie Aba, quelle destinate ai bambini con la diagnosi di disturbo dello spettro autistico, bisogna chiedere un miracolo a San Gennaro.

Buona parte delle scuole partenopee hanno a disposizione pochissimi Operatori Socio Assistenziali (Osa), gestiti dalla Napoli servizi. E quando ci sono, gli Osa non riescono a coprire l’intero fabbisogno. Il target è di un Osa ogni quattro bambini, la realtà è invece mortificante: spesso c’è un operatore per 20 minori. Figure che dovrebbero materialmente aiutare i bimbi disabili durante le attività nell’orario di lezioni. Professionalità sempre più rare, soprattutto alle superiori dove praticamente le istituzioni fanno di tutto per ostacolare le possibilità di frequenza di un ragazzino disabile. Singolare il caso denunciato da un’altra mamma: nella scuola dove va il figlio 12enne l’operatore socio assistenziale c’è ma è fisicamente limitato perché non può “alzare più di cinque chili” e quindi diventa impossibile assistere il ragazzino.

Una situazione paradossale in un comune, come quello di Napoli, che ha come assessore alle politiche sociali Luca Trapanese, papà della piccola Alba, la bimba di sei anni nata con la sindrome di down. “Non chiediamo favori, chiediamo solo che venga garantito un nostro diritto” sottolinea Manuela Udito che da tempo si batte per il suo principe, Samuele, un ragazzino che comunica a gesti (con il bacio di “sì”, con la lingua dice “no”) e che ha frequentato elementari e medie all’Istituto Comprensivo Statale 72° Palasciano guidato dalla preside Maria Luisa Salvia. Dirigente che ci spiega i grandi passi in avanti fatti nell’Istituto nonostante le poche risorse a disposizione: “Samuele arrivò nel 2015 e nel giro di un anno completammo i lavori per la piattaforma elevatrice per i disabili così da consentire loro di vivere l’intera struttura, frequentare l’aula multimediale e l’auditorium senza ‘recluderli’ solo al piano terra”. Per la preside, che gestisce una quarantina di bambini disabili, bisognerebbe migliorare soprattutto il coordinamento tra i vari enti in campo, dal Ministero alle Asl, dal provveditorato ai comuni competenti. Ma la vera svolta è un’altra: “Bisognerebbe creare all’interno della scuola gli spazi adeguati per consentire a bimbi disabili di fare le terapie e contestualmente seguire le lezioni. La priorità è garantire benessere ai piccoli alunni che spesso vengono a scuola per poche ore perché poi devono andare a fare le terapie anche a diversi chilometri di distanza”.

Al liceo Galileo Galilei di adolescenti disabili ce ne sono 26 su 1300 iscritti. La preside Daniela Pes è arrivata nell’estate 2022 dopo anni trascorsi alla guida dell’Istituto comprensivo “Russolillo”, sempre a Pianura, dove è arrivata a gestire anche 80 bambini con disabilità. “La scuola è l’unico contesto di integrazione per loro. Rappresenta un ambiente protetto che può aiutarli e soprattutto stimolarli. Il discorso però – sottolinea la dirigente – è che dipende sempre da noi, dalla professionalità e, sopratutto, dall’umanità del personale scolastico. Si fa il possibile sapendo che siamo ancora lontani dagli standard che ci sono in altre regioni d’Italia dove sono più avanti da anni. Da noi ci sono gli insegnanti di sostegno ma manca l’assistenza specialistica, a partire dal numero esiguo di neuropsichiatri dell’Asl“.

In una situazione del genere diventa anche una barzelletta il ricorso presentato al Tar che molti genitori (quelli dell’associazione di Samuele sono assistiti gratuitamente dallo studio legale Mangiapia) presentano anno per anno per chiedere assistenza per più ore: si parte generalmente da 10 ore ‘garantite’ che il Tribunale Amministrativo Regionale raddoppia o triplica, dando torto alla scuola e assicurando il diritto allo studio garantito dalla Costituzione. Una vittoria di Pirro perché siamo sempre al punto di partenza: manca il personale. Ma a mancare è soprattutto una visione, un metodo univoco per gestire un numero altissimo di bambini disabili presenti nella città di Napoli, provando a renderli meno invisibili.

 

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Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.