Capitale economica, capitale morale, capitale europea. E Milano – che va la pena di ricordare che capitale non è – si ritrova a dover incarnare tutte questa anime, ma soprattutto a trovare la formula per unirle in un’epoca che sembra non dare ben la definizione di alcuna. L’operosità orgogliosa della città industriale ha assunto forme ancora variabili, passando dalla finanza ai servizi, all’economia digitale. E con essa si accentua lo sbandamento delle caratteristiche di opportunità, scalabilità, solidarietà. Dove il motore è la cultura, l’impegno riguarda l’accessibilità. Dove si immaginano le prospettive, preoccupano i numeri del calo demografico, grave e veloce.

Il fatto è che mai come ora Milano deve pensarsi europea e sociale, come fossero le linee di contenimento, di indirizzo di tutti gli sforzi. La visione per il futuro c’è, in tutti i settori. I 18 grandi progetti di rigenerazione urbana per i prossimi anni che arriveranno a toccare l’hinterland lo dimostra, così come le iniziative per coniugare vita sociale, commercio e mobilità. Il tessuto della nuova impresa, tra start up e innovazione, con le connessioni con le università, sta a significare che rimane forte lo sguardo sempre volto al futuro.
In tutto questo, però, si rischia sempre che qualcosa rimanga fuori.

Che si creino marginalità destinate a radicalizzarsi. Certo, nell’esser metropoli tutto questo ha del fisiologico, ma la sfida è proprio quella di essere attenti al piccolo, per guardare sempre più al grande. Il sociale, la povertà, i bisogni, non sono mai uguali. Ne vengono creati di nuovi continuamente, prodotti dai cambiamenti soprattutto economici. E non riguardano mai le stesse categorie. In questa pagina abbiamo deciso di esordire parlando di terzo settore e sussidiarietà, proprio perché pensiamo che il riformismo che serve debba partire anche da lì. Ma sappiamo che contemporaneamente è indispensabile tener presente che è solo la dimensione culturale e politica europea, quella a poterci offrire i paradigmi della crescita. Allora, dirsi europei ed europeisti, deve voler dire anche condividere pratiche, modelli, soluzioni.

Il sovranismo della sussidiarietà , anche se ha tradizioni nobili, non paga. I giovani, la salute, l’occupazione, la casa sono temi critici che si propongono con prepotenza e non accettano rimedi del momento. Renderli “temi europei”, nel senso dell’azione politica, del confronto, della capacità di importare ed esportare soluzioni, non può che far bene a Milano. Che può essere ancora capitale economica, morale. E sociale.

Mario Alberto Marchi

Autore