Li chiamano bias di conferma. Uno di quei nomi affascinanti che gli psicologi affibbiano a processi normalissimi. In questo caso per descrivere il meccanismo per cui ognuno di noi in automatico cerca conferma delle proprie opinioni.
Un tempo li chiamavano interessi, inclinazioni.
Forse non era abbastanza trendy, chissà.
Comunque sia, sulla base di questo benedetto bias, la mattina, se riteniamo che il politicamente corretto sia un fenomeno preoccupante da seguire con attenzione, leggiamo Il Riformista, Il Foglio, Il Giornale, La Verità e poi Rampini a volte sul Corriere, Ricolfi su Repubblica.

Insomma, l’ultima firma che il tuo bias ti spedisce a leggere è Concita De Gregorio, politicamente correttissima, definita dai suoi detrattori l’emblema del radicalchicchismo, del Capalbio pensiero e chi più ne ha più ne metta. E invece, alla faccia del tuo bias, apri La Stampa e ti trovi lei che fa una sparata contro il politicamente corretto che dilaga in Francia.Racconta della sottomissione culturale della sinistra all’Islam più radicale, della follia per cui gli insegnanti di danza non possono toccare i bambini e allora in una scuola hanno deciso dopo lunghe riunioni di usare un bastone. Insomma, Concita si accorge che il delirio woke è arrivato anche in Europa. E in Francia dilaga, combattuto dallo Stato ma assecondato nelle realtà culturali, come Il Riformista ha documentato da tempo. Concita picchia duro, ci va giù con l’accetta e non risparmia neppure il filone sempre scivoloso che tocca il mondo LGBT. Racconta una storia esilarante. Lezione di teatro. Ogni studente costretto a presentarsi dichiarando etnia, orientamento sessuale e identità di genere. Ispanica, eterosessuale, cisgender.
Ma la parte più apparentemente folle della storia arriva dopo. Foto di classe. A una ragazza afro viene chiesto di legarsi i capelli. Con i suoi ricci oscura il volto di una compagna. Rivolta di classe. È razzismo. La preside obbliga l’insegnante a scrivere una lettera di dimissioni o a licenziarsi.

Già, perché dall’America è arrivato anche in Europa il feticcio dei capelli afro.
Non puoi dire che sono crespi. È razzismo. Se invece li apprezzi e ti fai le loro treccine è “appropriazione culturale”. Razzismo lo stesso.

Su TikTok – specchio del declino di una certa parte consistente della Gen. Z, totalmente manipolata dal wokismo e allergica ai libri e alla storia come il Professor Piton allo shampoo, evviva i Millennials e i tanto vituperati Boomers- si trovano video anche in italiano di un’esilarante ragazza che spiega chi può farsi le treccine e chi no o quando farsele è consentito anche per una bianca. Bianc*, scusate.

Ma torniamo all’invettiva di Concita, perché la parte gustosa arriva sul finale.
Partendo dalla difesa di una femminista francese, accusata di islamofobia e non difesa, anzi rimbrottata dalla sinistra francese, mette nero su bianco che il wokismo è la tomba della sinistra. Niente di nuovo, beninteso. Lo hanno scritto tanti prima di lei.

Eppure, è un’ammissione importante.
Non viene da quella sinistra vecchio stile, ancora un po’ comunista, che denuncia che i diritti dei lavoratori sono stati sostituiti dal diritto al Festival dell’inclusività aziendale. Viene da Concita De Gregorio, che diamine. Una che insomma, nella difesa dei diritti ci crede.
Diranno pure a lei che è di destra?
O peggio, che nella demolizione del politicamente correttissimo serve equilibrio e lei Concita, non lo ha avuto?
Per ora dai lidi liberal nessuna reazione degna di nota.
Faranno finta di non averla letta.
Ma noi gliela ricordiamo, con un po’ di sadica soddisfazione.
E in ogni caso, fuori da ogni ironia, evviva Concita, evviva la sinistra del realismo!

Benedetta Frucci

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