Le carceri esplodono, così è tortura di Stato: serve amnistia

Le prigioni stanno per scoppiare. Oggi i detenuti, in Italia, sono più di 61mila. Nel 2006, dopo il varo dell’indulto, erano meno di 40mila. I dati ufficiali dicono che le celle sono in grado di ospitare circa 50mila persone. Quindi potete capire quanto sia alto il grado di affollamento.

Esiste, almeno sulla carta, un progetto per ridurre il sovraffollamento? No non esiste. Le previsioni, al contrario,  dicono che i recenti provvedimenti presi dal governo (dallo spazzacorrotti, allo spazza-riforma carceraria, all’aumento delle pene per diversi reati, all’aumento delle possibilità di ricorrere al carcere preventivo, alla liberalizzazione delle intercettazioni e di vari nuovi tipo di spionaggio) produrranno un’impennata degli ingressi in carcere, mentre gli stessi provvedimenti – che riducono i benefici carcerari per molti reati – ridurranno le uscite. Il saldo quale sarà? Forse in un tempo piuttosto breve arriveremo a settantamila detenuti. Questo è un numero insopportabile.

Recentemente la presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha espresso la sua opinione – piuttosto saggia – sul carcere. Ha richiamato la Costituzione, ha ricordato che non solo legittimi i castighi inumani, ha esortato alla flessibilità e non alla certezza della pena. Ha provato a far capire a un’opinione pubblica sempre più giustizialista che la giustizia è flessibilità, la civiltà non è ferocia e rigore. Abbiamo già riferito e commentato le dichiarazioni della professoressa Cartabia spingendoci anche a ipotizzare che nel profondo del suo pensiero e del suo sentimento ci sia la convinzione (che condividiamo in pieno) che il carcere è un’istituzione inconciliabile con la modernità. Ma adesso non andiamo troppo oltre. Limitiamoci al concreto: tenere 60 o addirittura 70mila detenuti negli spazi previsti per meno di 50mila, è – in molti casi – una forma vera e propria di tortura. E in Italia, per ora, la tortura non è ammessa.

Possiamo partire da qui, per ragionare? Ragioniamo nel modo più realistico possibile. Inutile strapparsi vesti e capelli perché in pochi mesi – come spiega nell’articolo sul Riformista il professor Giorgio Spangher – lo Stato di diritto, in Italia, è stato colpito al cuore. È così. Oggi lo Stato di diritto è enormemente ridimensionato rispetto a pochi anni fa. La nostra democrazia, e la giurisdizione, hanno assunto un aspetto almeno in parte autoritario. L’uso della carcerazione preventiva, il sistema di spionaggio sulla vita dei cittadini, l’equiparazione dei reati di corruzione alla mafia e alle stragi, tutto questo – in un clima di permanente emergenza – spinge il nostro Paese ai margini delle tradizioni della civiltà occidentale e della democrazia politica.

È per questa ragione che per un momento sospendiamo le riflessioni e le battaglie che si svolgono sul piano del diritto, e passiamo al semplice piano umanitario. Ieri è arrivata la notizia che il regime iraniano ha deciso un provvedimento più o meno di amnistia che permette l’uscita dal carcere di oltre 50mila detenuti. Voi sapete che il regime iraniano non è esattamente un regime democratico. Però lì si concede l’amnistia. L’occasione è il coronavirus, la misura è una semplice misura umanitaria, concessa, graziosamente, dal sovrano.

Ecco, a noi viene in mente di chiedere una misura simile. Non pretendiamo il ripristino di alcune garanzie essenziali del cittadino, prendiamo atto del fatto che in vaste aree della popolazione i cittadini sono diventati sudditi, e perciò, da sudditi rispettosi, rivolgiamo una sorta di supplica alle autorità, al sovrano, al premier, al potentissimo e feroce ministro della Giustizia. Lasciate per un momento da parte la vostra sete di giustizia e tornate, anche solo provvisoriamente, umani. Almeno come gli Ayatollah: un provvedimento di amnistia e di indulto è logico, necessario, urgentissimo. Emergenza per emergenza, solo l’amnistia può evitare che il nostro sistema carcerario riporti l’Italia ai secoli passati.

Del resto, anche nei secoli passati, l’amnistia esisteva. La concesse per esempio Carlo Alberto di Savoia al suo popolo nel 1848, più di 170 anni fa. C’era scritto così, nell’editto. «È conceduta piena amnistia e restituzione d’ogni esercizio di diritti politici e civili a tutti i Nostri sudditi». Nostri era scritto con la N maiuscola, sudditi con la “s” minuscola. Possiamo chiedere ai Nostri Governanti, molto umilmente, di ripetere il bel gesto del magnifico re Savoia? Possiamo sperare che anche a noi, nel 2020, sia “conceduta” l’amnistia?