All’interno di un’inutile Europa si staglia, in tutta la sua grandezza, una cospicua parte di una inutilissima Italia. Tra domenica e lunedì, diversi Stati europei, in primis Inghilterra e Francia, hanno riconosciuto lo Stato di Palestina, che è come dire che si riconosce l’appellativo di “terrestre” ad un soggetto che viene da Marte – absit iniuria verbis.

La posizione del governo

Il governo italiano, in questa circostanza e molto saggiamente, ha dichiarato di voler soprassedere insieme al governo tedesco. “Per fortuna” ci sono i sindacati e l’opposizione di sinistra a protestare, bloccando l’Italia in una sorta di nemesi storica: Il governo non sta coi pro-Pal? Noi allora paralizziamo il Paese e vedremo così che al termine di queste due giornate eroiche, in cui anche Landini è resuscitato, il problema di Gaza sarà risolto. E invece no, la situazione resta invariata. Ieri, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, Giorgia Meloni ha ribadito la posizione del governo. L’Italia riconoscerà la Palestina «A patto che siano rilasciati gli ostaggi e che Hamas sia esclusa da Gaza».

La coscienza dell’Occidente è salva

Dal lato opposto, la Gran Bretagna non smette di creare problemi in quello scacchiere e, dopo aver abbandonato alla sorte gli Ebrei e i Palestinesi nel 1947, oggi dà “fuoco al pagliaio” in favore di questo “marziano” che nessuno riesce a materializzare. Una logica, compresa anche da bambini nascituri, vuole che per configurare uno Stato occorre aver individuato un interlocutore, un territorio, dei confini da contrattare, senza imposizioni esterne. Premesso che qui manca tutto questo, segnaliamo alcune ovvietà: gli attuali confini sono chiamati “linea verde”, perché prima della risoluzione Onu n° 181/1947, i vincitori della seconda guerra mondiale, armati di buona volontà, presero una cartina dell’Imperatore Adriano, una squadretta, due righelli, un compasso e un matitone verde e tracciarono delle linee; solo una delle due parti accettò, lasciando il tutto in sospeso; l’Inghilterra, Stato mandatario, vedendo che non si raggiungeva nessun accordo, abbandonò il campo dando il via alla prima guerra israelo-palestinese. La coscienza dell’Occidente è salva, ma cosa succederà ora?

Piazze piene

Torniamo al problema attuale: c’è da chiedersi come mai nessuno protesta in merito ai paradossi di questa situazione, in cui gli attori vanno in cerca di pubblicità. Altrimenti non si spiega il fatto che, pur combattendo la stessa battaglia, non si sia fatta una manifestazione unica; infatti venerdì 19 settembre è scesa in piazza la Cgil e lunedì 22 i sindacati autonomi, bloccando così il Paese per due giorni. La risposta è semplice, perché è sotto gli occhi di tutti che l’argomento “Palestina” è il brand del momento, potremmo dire una “pozione magica” che resuscita i morti; comici spariti alla vista, politici “in barca”, presentatori in cerca di “riabilitazione”, reti televisive alla frutta, presidenti di squadre di calcio in crisi e, “dulcis in fundo”, sindacalisti sull’orlo di una crisi di astinenza da mancati consensi. Quanto questi siano manovrati è stato reso evidente, perché la “Flotilla”, ormai in mare aperto e con le vele spiegate, dopo i “botti” dei giorni passati, è stata silenziata per non togliere visibilità al riconoscimento dello Stato di Palestina, che ha assunto il vago sapore di una bevanda evaporata.

Il carro davanti ai buoi

Nel frattempo, la gran parte dei Paesi dell’Onu sta cercando il modo di mettere a tacere Israele. A questo proposito viene in mente una parabola: il vento gelido del nord sfida il sole al fine di ottenere che un viandante infreddolito si tolga il mantello; comincia il vento soffiando sempre più forte e sempre più freddo; il viandante serra sempre di più il mantello al corpo; tocca al sole che comincia a mandare i suoi raggi, prima delicati e poi sempre più caldi, sicché il viandante si toglie pure la camicia. La morale di questa parabola è che se Israele vivesse in pace, molto probabilmente cadrebbe preda del benessere. Il tasso di natalità dei suoi vicini è talmente più elevato che in pochi decenni gli ebrei sarebbero di nuovo minoranza. Certo è triste pensare che la resistenza alle avversità sia l’unica via di conservazione; d’altro canto non c’è riscontro perché, dal 1948 in poi, i periodi di pace sono stati quasi assenti; sono state combattute mille guerre e negli intervalli ci sono state le intifade. Intanto all’Onu, tutti i Paesi con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza (tranne gli Usa) hanno già deliberato il riconoscimento dello Stato di Palestina. L’unica raccomandazione che si può fare a questi sconsiderati leader è che mettendo il carro davanti ai buoi, si ha il 99% di probabilità che il carro si rovesci.

Marco Del Monte

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