L’ottima notizia dell’assoluzione «perché il fatto non sussiste» degli amministratori della società “Bagnoli futura”, creata per la bonifica dell’area, tratti a giudizio per presunto disastro ambientale, solleva anche problemi. Ottima, naturalmente, per gli imputati. Fui querelato per presunta diffamazione via Facebook prima di un’assoluzione con la stessa formula. Il processo fu più volte rinviato e vissi nel frattempo un disagio psicologico. Una quisquilia rispetto ad accuse patite da galantuomini che hanno atteso giustizia per quattordici anni, con l’eco sgradevole dello strepitus fori, ossia il chiacchiericcio di stampa e di piazza.
Immagino dunque che cosa abbia ad esempio passato il notaio Santangelo, che pure avrebbe potuto invocare la prescrizione e ha rinunciato a farlo, perché ai suoi occhi di uomo di diritto questo ne avrebbe sporcato, lasciando dubbi di scorrettezza, la figura. Se si vuole incentivare la partecipazione politica, arricchendola di qualità e di competenze che tutti constatiamo oggi mancarle, di persone rette, intenzionate a dedicare una parte della loro vita alla cosa pubblica, trasferendovi abilità mostrate negli affari privati, tre lustri per vedersi riconosciuta onestà di comportamenti sono un tempo il cui peso in ansie e in danaro necessario a sostenere spese legali a difesa non è sostenibile. Chi abbia serio lavoro e buona reputazione non sarà motivato da una vicenda del genere, sicché continueremo a consegnare la politica a mezzecalze senza etica pubblica, prive di qualunque lavoro, che vedono in essa la soluzione, lecita od opaca, di problemi alimentari e di collocazione esistenziale, dotate perciò di un pelo sullo stomaco tanto folto da fare sopportare il rischio di un’accusa penale come un mero incerto del mestiere.
Né è sopportabile che pubblici ministeri da cui provengano accuse gravi sempre smentite in dibattimento (non vorremmo altre querele, ma chi abbia anni e memoria ricorderà un’inchiesta napoletana pubblicizzata con fanfare e titoloni di quotidiani, finita nel nulla, ma col suicidio di un assessore disperato, come del resto ne conobbe l’inchiesta “Mani pulite” della procura milanese) non paghino dazio per il ripetutamente malaccorto esercizio di una – a questo punto dubbia – professionalità e continuino a imperversare con successo mediatico e, almeno finora, possibilità di uscire dalla corporazione dandosi alla politica. Si sta riformando il “pianeta giustizia”, sollecitati dalla prospettiva di incassare soldi dall’Unione Europea in cambio di riforme che ammodernino la pubblica amministrazione in senso lato.
Saranno però palliativi se non si avrà il coraggio di incidere i nodi veri, riformando la Costituzione e prevedendo il sorteggio integrale dei componenti togati del Csm, l’attenuazione dell’altrimenti insostenibile obbligatorietà dell’azione penale e soprattutto, più che la separazione delle finzioni tra accusatori e giudicanti, l’estromissione del pubblico ministero dall’ordine giudiziario. Si tornerebbe peraltro alla lettera della Costituzione, che testualmente vuole sottoposto alla legge il solo giudice e il pubblico ministero indipendente, ma nei limiti previsti dalla legge sull’ordinamento giudiziario (artt. 101, 2° comma e 107, 4° comma).
