La disuguaglianza non sembra essere solo una curva: è una carta geografica. Nuove stime sui redditi alti mostrano che il vertice si addensa nelle grandi città ma non diserta le aree interne. Se la ricchezza è potere d’azione, allora ‘il dove conta quanto il quanto’.
Un lavoro del World Inequality Lab ricostruisce il vertice della distribuzione dei redditi dal 1976 al 2021 usando i tabulati IRPEF, correggendo per popolazione adulta mancante e non dichiarato, e stima in modo coerente quote e soglie dei ‘top incomes’. Nel 2021 l’1% detiene il 10,11% del reddito totale; per entrarci servono 98.120 € di reddito personale dichiarato e, una volta dentro, la media è 184.562 €. In Lombardia la soglia sale a 123.383 € e la quota dell’1% tocca 11,44% (media 268.979 €). Nei fatti, la quota del top 10% è cresciuta di quasi 10 punti dall’inizio degli anni ’80: una corrente che ha alzato soprattutto la cima dell’onda. La Strategia nazionale per le aree interne (Snai) non distingue per suggestione paesaggistica ma per minuti di accesso a servizi essenziali: sanità, scuola, mobilità. A partire dai ‘Poli’ (i centri-sede dei servizi), i restanti comuni sono classificati in cintura, intermedi, periferici e ultraperiferici sulla base di soglie di distanza (mediana, terzo quartile, 95° percentile). È quindi una metrica di prossimità civile, non di bellezza naturale.
Inoltre, la dimensione urbana conta: nei grandi Poli l’1% è più denso e cresce di più. Non solo: la soglia per entrare nell’1% è profondamente diversa nello spazio. Nei comuni più grandi servono 166.824 € per essere nell’1% locale (media 232.442 €); nelle aree ultraperiferiche ne bastano 69.850 € (media 108.022 €). E la soglia nazionale dell’1% (98.120 €) non basta a selezionare il vertice nelle grandi città: circa l’1,5% dei residenti nei Poli supera quel valore. In breve, non tutti i ‘100 euro’ pesano allo stesso modo nello spazio. Guardando alle macro‑aree, il Nord è sovra-rappresentato nelle fasce alte: tra gli adulti del decile più ricco (soglia 36.516 € nel 2021) il 58% vive al Nord. Specchiandosi nell’1% e nello 0,1%, l’asimmetria si accentua, con il Mezzogiorno meno presente nel vertice strettissimo. Qui la geografia economica incontra la geografia istituzionale: densità di imprese, filiere dei servizi avanzati, intermediazione finanziaria.
Inoltre, non conta solo la quantità ma la composizione. Nel top 0,1% il peso dei redditi finanziari è più marcato in Centro‑Nord, mentre nel Sud restano rilevanti autonomi e redditi d’impresa; una riforma del 2004 ha cambiato la modalità di dichiarazione di alcune rendite, attenuando statisticamente la loro visibilità nelle serie, ma la tendenza all’accumulazione finanziaria nel vertice è evidente. Il messaggio politico è chiaro: dove la finanza e i servizi ad alto valore sono prossimi, il luogo amplifica il reddito. Amartya Sen ci ha insegnato che le capabilities sono ‘libertà come opportunità reali’: il reddito è un input, la possibilità di farci qualcosa è l’output. La geografia dell’1% dice che le opportunità massime non sono uniformi nello spazio. Se ‘la libertà è fine e mezzo dello sviluppo’, allora avvicinare i servizi è già redistribuzione di possibilità.
In quest’ottica, Simon Weil chiamava radicamento il bisogno umano di appartenere a una comunità che custodisce memoria e futuro. Tradotto in economia politica: i vertici non sono torri isolate, ma nodi di reti territoriali. Il patto implicito è che l’1% restituisca in servizi, infrastrutture, investimenti di lungo periodo i vantaggi generati dall’ecosistema urbano e istituzionale che lo sostiene. Accanto al reddito, l’Italia dispone dal 2024 dei Distributional Wealth Accounts della Banca d’Italia: statistiche trimestrali che coniugano conti nazionali, indagini e fonti amministrative per seguire la distribuzione della ricchezza. È il complemento necessario alla mappa dei ‘top incomes’: dove si addensa la ricchezza netta, l’inerzia del potere economico è maggiore e le politiche place based diventano più urgenti.
In quest’ambito immaginare una rivisitazione dei processi di distribuzione sarebbe forse un primo passo per una progressività maggiore. Un’imposta infatti può essere uguale per tutti e, al tempo stesso, diseguale nell’esito, perché i territori non sono piatti. Karl Polanyi ricordava che l’economia è ‘incastonata’ nella società: tradotto in fiscale, significa che uguale trattamento non sempre produce uguale possibilità. Per questo ha senso ancorare alcune leve del prelievo e delle agevolazioni alla mappa SNAI — la classificazione che misura la prossimità ai servizi essenziali (sanità, scuola, mobilità). A parità di gettito, si possono calibrare detrazioni e super‑deduzioni legate a investimenti in capitale umano e servizi locali (asili nido, tempo pieno, sanità territoriale, trasporti), con intensità maggiore laddove l’accesso è scarso (aree intermedie, periferiche, ultraperiferiche).
