Lega sempre più insofferente a Meloni, sulle armi all’Ucraina rispunta (per poco) l’asse giallo-verde con Conte

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 17-01-2019 Roma Politica Palazzo Chigi. Conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri su "reddito di cittadinanza" e "quota cento" Nella foto Giuseppe Conte, Matteo Salvini Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 17-01-2019 Roma (Italy) Politic Palazzo Chigi. Council of ministers n 38 In the pic Giuseppe Conte, Matteo Salvini

Nella maggioranza le crepe ci sono. E nasconderle si fa sempre più difficile. La Lega in particolare, dopo aver subìto la linea Meloni su tutto – pensioni, superbonus, Regioni – vede Matteo Salvini costretto a starsene da parte. A rinunciare a correre come capolista per le Europee. E a partire azzoppato nella corsa delle nomine, a partire da quelle in Aisi e Aise di prossimo rinnovo. Il due per mille – cartina al Tornasole dell’appeal più autentico sugli elettori – ha visto assegnare a Fdi 4,8 milioni di euro, alla Lega 1. A Salvini non va più di un quinto, rispetto a chi premia Giorgia Meloni. L’insofferenza del leader leghista si contiene a fatica. Scavalcare a destra sembra la via maestra che gli spin doctor di via Bellerio indicano al Capitano. La Meloni di governo si fa più ingessata? Farle un’invasione di campo. Contenderle il posizionamento che ora gli obblighi istituzionali, ora la postura europea non le consentono più. In quest’ottica si può leggere la fuga in avanti del Carroccio, non di rado su terreni scoscesi.

L’eco del raduno dell’internazionale sovranista a Firenze risuona ancora quando il deputato leghista Simone Billi, collaboratore del centro studi “Machiavelli”, ospita alla Camera una conferenza sull’interruzione volontaria di gravidanza che sotto le insegne leghiste fa dire – come riportato da Repubblica -: “L’aborto non è un diritto legalmente accettabile”. Il Carroccio smentisce ma le carte inchiodano il deputato.
Il gruppo di estrema destra Lealtà Azione va in piazza a Milano per contrastare le “minacce transumaniste e la minaccia Lgbt”? La Lega si premura di aderire ed invia nientemeno che il suo capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Appuntamento il 3 febbraio, quando la contiguità Lega-Lealtà Azione sarà del tutto evidente: parleranno Romeo, poi Simone Pillon, senatore leghista nella scorsa legislatura e alfiere delle battaglie pro-vita, e Marcello Foa, già presidente Rai, allora indicato sempre in quota Lega. È questa Lega che segna il ritorno alle barricate, al voto contestatario. Quella che si proporrà alle Europee con il volto severo del generale Roberto Vannacci e dell’antieuropeista (e no Vax) Gianluigi Paragone, con la missione esplicita di recuperare i delusi dalla Meloni governista. Hanno entrambi smentito di aver accettato la candidatura, come è pacifico per chi vuole tenere le mani libere fino a primavera.

Ed è proprio questa Lega che ieri mattina ha pensato di strappare sull’invio di armi all’Ucraina, mettendo a punto al Senato – in prima bozza – un ordine del giorno scivolosissimo. Nel documento, premesso da un puntuto preambolo orientato a “privilegiare soluzioni diplomatiche”, si argomentava la necessità di privilegiare forme di sostegno non militare a Kiev. Per la prima volta dall’interno della coalizione di governo, forse come ballon d’essais, forse come minaccia alla premier, si è paventata la possibilità di non prorogare la conversione del decreto-legge n. 200/2023 fino a dicembre 2024, bloccando di fatto l’invio di aiuti militari all’esercito ucraino. Un Odg che sembrava, come ha rilevato tra gli altri il senatore di Italia Viva, Enrico Borghi, “scritto da Conte. È nei fatti la posizione espressa dal Movimento 5 stelle.

Vedremo rinascere l’asse giallo verde (mentre Trump si riaffaccia all’orizzonte)? E la Presidente del Consiglio condivide queste parole, che presuppongono di lasciare Kiev al proprio destino?”, si è chiesto il capogruppo Iv al Senato. Il M5S aveva infatti preannunciato il suo voto favorevole mentre il Pd di Elly Schlein, ormai quasi una costola del Movimento, “sta valutando la sua posizione”, è stato spiegato ai giornalisti. Poi il campanello d’allarme deve essere suonato. E forse, chiamato da Palazzo Chigi, anche il telefonino di Matteo Salvini. Sta di fatto che l’Odg è stato corretto, integrato, limato.
Alle fine, riformulato, impegna al “ripristino del diritto internazionale” ed è stato votato così da tutta la maggioranza. Ma il messaggio in sottotesto è passato forte e chiaro: cara Giorgia, una maggioranza diversa è possibile. “Un messaggio chiaro anche se inizialmente scritto in cirillico”, ironizza ancora il senatore di Iv Enrico Borghi.