L’Europa sta affondando: Francia, Italia, Regno Unito e Germania dominate dal caos

Qui bisogna mettersi d’accordo: o l’Europa intesa più come continente che come Unione politica è un malato allo stadio terminale oppure siamo di fronte a una tempesta di informazioni e disinformazioni che non è possibile interpretare a colpo d’occhio. L’Europa è virtualmente e anche materialmente in guerra con un pezzo di sé stessa, la Russia europea, il che vuol dire moltissimo in un’epoca in cui gli scontri planetari stanno assumendo delle dimensioni mai vissute prima d’ora e di cui non possiamo avere memoria perché manca ancora la percezione degli avvenimenti.

Partiamo dal Regno Unito, anzi ormai disunito nelle sue componenti scozzesi e irlandesi dove un primo ministro fragoroso e convinto di essere la reincarnazione di Winston Churchill si è dimesso ma non si è dimesso del tutto perché sta ancora asserragliato al numero 10 di Downing Street in attesa del suo successore mentre il suo ministro della Difesa ha avviato un programma speciale di addestramento per i soldati ucraini da rispedire sul campo di battaglia. Ieri Boris Johnson si è presentato alla Camera dei Comuni con piglio spavaldo e ha messo in scena una sfrenata apologia di sé stesso, quasi intimando ai membri del Parlamento inglese di sostenere il prossimo primo ministro (che sarebbe stato eletto immediatamente dopo il suo discorso) per assicurargli la forza necessaria per proseguire l’intervento a sostegno degli ucraini.
La Camera dei Comuni ha applaudito e quando il capo dell’opposizione lo ha attaccato, Boris ha risposto dicendogli che lo ringraziava per essere stato “meno letale” di quanto si aspettasse, perché la posizione interventista a sostegno dell’Ucraina non è stata contestata da nessuno. Ciò dimostra che la terza, o seconda, potenza dell’Occidente dopo gli Stati Uniti e l’Unione Europea si sente profondamente impegnata a non consentire che Putin raccolga il bottino della sua proditoria invasione.

I tabloid americani, più ancora di quelli britannici, sostengono che dietro l’illuminazione sugli scandali di Bojo ci sono molte manine e manone espresse dalla capillare intelligence rossa nelle isole britanniche e questo accade nello stesso momento in cui l’armata russa mette la taglia sulle armi, i volontari chiamati sprezzantemente “mercenari” dalla stampa indulgente nei confronti di Putin, immemore delle brigate internazionali che combatterono nella guerra civile spagnola. Nessuno può dire con certezza che tutti i fatti che sembrano indicare un momento di grave decadenza politica e corruzione dell’occidente europee e americano rispondano a una regia, e non è interamente così. Ma troppe sono le coincidenze negative che si accumulano dalle cronache: gli Stati Uniti soffrono una grave crisi per il moltiplicarsi di episodi sanguinosi di “shooting” (un caso recente anche in Danimarca) e di comportamenti sessuali politicamente rilevanti, come quelli che si estendono poi anche al Regno Unito attraverso le connessioni del principe Andrew con l’organizzatore di un regno di abusi sessuali come Epstein morto suicida in carcere secondo la consolidata tecnica del tutto improbabile che consiste nell’impiccarsi con un asciugamano alle sbarre della finestra o, come accade a quasi tutti gli oligarchi russi rifugiati a Londra, alla maniglia della porta del bagno.

Anche l’improbabile omicidio dell’ex primo ministro giapponese Abe viene analizzato da tutti gli organi di intelligence e di campagne mediatiche come un caso oscuro, ma che ha prodotto la vittoria elettorale del suo partito che chiede l’abrogazione della Costituzione pacifista vigente per una che consenta il riarmo del Sol Levante affinché torni ai fasti precedenti la sconfitta del 1945. Qualcosa del genere è già avvenuta del resto in Germania, Paese che, sotto la Merkel, ha deciso di ridursi al rango di potenza economica ma non militare, in cui lo stesso Scholz oggi minacciato dallo scandalo delle polverine per lo stupro, ha investito ben cento miliardi di euro per il riarmo della Bundeswehr. L’Europa occidentale, come gli Stati Uniti, sconvolta da continui scandali sessuali. Nel resto del mondo, quello lontano dalle democrazie liberali, questo genere di scandalo non esiste perché non esiste la consuetudine allo scandalo. Invece da noi abbiamo lo scandalo Uber da cui si scopre improvvisamente come migliaia di persone sarebbero addirittura morte nel corso di colluttazioni e per resistere ai tentativi di stupro degli autisti di questa multinazionale contro cui scioperano i nostri tassisti; e poi abbiamo una serie di eventi tutti straordinari e tutti clamorosi e tutti sulla stessa linea: ecco che si scopre l’uso abbondante della droga dello stupro fra i socialisti tedeschi del nuovo cancelliere Scholz, mentre il più dinamico e aggressivo difensore dell’Ucraina invasa dai russi, il primo ministro Boris Johnson, paga anche lui imperdonabili imprudenze per una serie di festicciole spudorate e contro le regole sia per dei comportamenti sessualmente scorretti dei suoi.

In Italia per ora non saltano fuori nuove vicende di natura sessuale ma abbiamo un violento rimescolamento di carte politico che avviene in maniera rabbiosa e contro ogni logica apparente. L’attacco di Giuseppe Conte al governo di Mario Draghi, che fino a pochi giorni fa sembrava inconsistente, adesso già sembra corrodere le fondamenta della innaturale coalizione che lo sostiene, cosa che sta provocando una decisa reazione o meglio preoccupazione sul fronte occidentale dello schieramento antirusso. La connessione fra la stabilità del governo Draghi e la coesione europea di fronte alla guerra che si combatte sul territorio ucraino con crescente violenza emerge da tutti i rapporti diplomatici che arrivano da Washington: la posizione di Emmanuel Macron appare indebolita anche se non compromessa, quella britannica è in attesa di conferme dopo l’elezione del nuovo primo ministro, quella tedesca è indebolita dalla corrosione subita dal cancelliere Scholz a Berlino e un’eventuale inciampo che costringesse Mario Draghi alle dimissioni o a compromessi sul piano internazionale, è vista con grande preoccupazione sia a Bruxelles che a Washington e naturalmente anche a Londra. Ed è proprio a Londra che funziona il quartier generale delle strategie militari e politiche per contrastare la Russia di cui viene descritta la profonda debolezza militare che spiegherebbe l’impegno esperto e legato ad una tradizione secolare di penetrazione russa nelle fibre più intime dell’“Isola”. come viene spregiativamente chiamato il Regno Unito dal Cremlino.

Un tale quadro di ipotesi “dietriste” e complottiste nulla toglie alla realtà della lotta politica che effettivamente si combatte specialmente in Italia in vista delle prossime elezioni, dal momento che i Cinque Stelle sono alla disperata ricerca di strategie che diano visibilità alle scelte e agli umori di Giuseppe Conte che è passato dal ruolo di primo ministro per caso a quello di capo di un movimento che non è suo ma di cui ha assunto la leadership anche attraverso sentenze giudiziarie. Ora tutto sembra possibile, anche se la logica induce a prevedere una vittoria ai punti della stabilità, benché turbata dalla preoccupazione di un’altra serie di eventi imprevedibili. Ma le continue consultazioni fra Draghi e Mattarella indicano chiaramente la via di una connessione che va oltre le beghe interne ed investe invece il livello delle relazioni internazionali, cioè la compattezza e l’efficacia con cui l’Occidente pensa di scoraggiare la Russia dal proseguire nella sua operazione militare speciale e riportarsi a casa l’armata che fatica persino a prendere il Donbass, dato per naturalmente acquisito e che invece difende palmo a palmo il suo devastato territorio. La guerra non è sempre la causa dei fatti interni di un fronte poco coeso, ma certamente tutti i fatti interni, compresi gli scandali a catena, omicidi, sucidi, campagne mediatiche e rafforzamento delle opposizioni, sono inevitabili terreni di caccia per la guerra mediatica.