Arrivati i risultati delle analisi scientifiche delle tracce biologiche maschili recuperate sul luogo del ritrovamento del corpo di Liliana Resinovich, la donna 63enne di Trieste scomparsa da casa il 14 dicembre scorso e ritrovata senza vita il 5 gennaio nel boschetto nei pressi dell’ospedale psichiatrico. Gli inquirenti avevano chiesto il dna di tre diversi uomini di quello che al momento resta un giallo. Il corpo della donna era stato ritrovato in posizione fetale all’interno di due sacchi neri della spazzatura aperti, uno infilato dalla testa e l’altro dai piedi.
Le tracce di dna recuperate dai sacchetti di nylon nei quali era infilata la testa della donna hanno dato esito negativo: non sono del marito, dell’amico e nemmeno del vicino di casa. Nessuno dei tre era comunque indagato. Le due buste di plastica biodegradabili che coprivano il capo erano chiuse da un cordino. Strana circostanza per pensare al suicidio e quindi si era proceduto con gli esami. E infatti anche il marito Sebastiano Visintin non si era detto persuaso dalla pista. La Procura non ha mai escluso l’ipotesi e a maggior ragione ora che il dna è stato comparato.
Sul cordino sarebbe stato trovato anche dna di Liliana. Sullo stesso punto in cui è stato ritrovato il dna maschile. Forse una contaminazione, dicono a Il Corriere della Sera fonti vicine alle indagini. “Difficile da immaginare ma non impossibile, bisogna considerare che i sacchi non erano chiusi”, il commento a questa insolita modalità di estremo gesto. I tre uomini erano il marito, Sebastiano Visintin, ex fotoreporter in pensione; l’ex maratoneta Claudio Sterpin, amico 82enne della donna presso cui Resinovich si recava puntualmente per aiutarlo nelle faccende domestiche come nel giorno della sparizione; Salvatore Nasti, vicino di casa carabiniere in pensione amico della coppia.
“Ci sono troppe domande che non tornano. Non ritengo possibile che Lilly da un momento all’altro abbia deciso di farla finita in quel modo. Ma non penso neanche che qualcuno le abbia fatto del male. Siamo sempre lì. Se una persona vuole togliersi la vita a Trieste può farlo in altri mille modi, ci sono decine di ponti da cui buttarsi. Non credo che lei sia stata capace di organizzare un piano così dettagliato ma penso anche che nessuno avesse interesse a ucciderla”, aveva detto in un’intervista a Il Corriere Visintin.
