Il dna di Liliana Resinovich è stato ritrovato in abbondanti quantità sui sacchi neri in cui era stato infilato il suo cadavere, sul sacchetto di nylon che le cingeva la testa e sul cordino intorno alla gola. Il giallo della 63enne, ex dipendente regionale di Trieste, sparita nel nulla a metà dicembre 2021 e ritrovata il 5 gennaio scorso in una macchia boschiva nei pressi dell’ospedale psichiatrico di Trieste, sembra essere arrivato a una svolta. Sicuramente uno snodo, che ormai prende fortemente in considerazione la tesi del suicidio.

La versione era sempre stata respinta e negata dai familiari, compreso Sebastiano Visintin, ex fotoreporter e marito della 63enne, che in questi giorni si è spostato in Austria. Non è mai stato indagato come non è mai stato indagato Claudio Sterpin, l’amico della donna presso il quale Resinovich si stava recando la mattina della scomparsa. Lo aiutava con le faccende domestiche. Quel giorno lo avvisò che avrebbe tardato un po’ in quanto doveva passare da un negozio di telefonia. Da allora più nessuna notizia, fino al ritrovamento del cadavere. Visintin ha sempre detto di non essere a conoscenza di quel rapporto della moglie con Sterpin.

È sconvolto, racconta in un’intervista a Il Corriere della Sera di essere dimagrito drasticamente. Non ha mai avuto nulla da nascondere e per questo non c’è stato alcun problema nel farsi prendere il dna. “Ci sono troppe domande che non tornano. Non ritengo possibile che Lilly da un momento all’altro abbia deciso di farla finita in quel modo. Ma non penso neanche che qualcuno le abbia fatto del male. Siamo sempre lì. Se una persona vuole togliersi la vita a Trieste può farlo in altri mille modi, ci sono decine di ponti da cui buttarsi. Non credo che lei sia stata capace di organizzare un piano così dettagliato ma penso anche che nessuno avesse interesse a ucciderla”.

L’uomo avrà sempre dubbi sulla tesi del suicidio, anche perché nessun segnale aveva fatto presagire un gesto estremo. La polizia non avrebbe rinvenuto sul corpo dei segni di violenza. Altri dubbi su quella ultima telefonata, alle 8:22, con Claudio Sterpin il giorno della scomparsa: “Il contenuto non si riesce a capire. Non vorrei che quella chiamata abbia avuto qualche effetto nella testa di Lilly. Non essendo indagato non sono riuscito neanche ad accedere agli atti giudiziari ma mi piacerebbe sapere davvero cosa si sono detti”.

Lilly non stava bene con il marito, aveva deciso di lasciarlo e voleva dirglielo il 16 dicembre, il 17 dovevamo fare un weekend insieme. In ogni caso non sono l’amante, come potrei esserlo con tre interventi alla prostata?”, aveva raccontato Sterpin al quotidiano Il Piccolo. “Non sapevo nulla di questa relazione, lui è ignobile, mi ha rovinato la vita, l’ha plagiata, la chiave del mistero è tutta lì”, aveva risposto Visintin negando ogni dissidio, anche le difficoltà economiche che avrebbero esasperato la relazione.

Visintin si è detto infastidito dai molti che hanno dipinto la moglie come “una ‘stupidina’ che non prendeva mai decisioni e si faceva sottomettere, facendo tutto quello che voleva il marito. Non è assolutamente vero”. “Perdere la moglie in quel modo è la peggior cosa che possa capitare dopo 32 anni vissuti insieme. Quindi direi nessun sollievo. Quello che la gente ha detto sono solo chiacchiere di chi non conosce me e Liliana. Eravamo molto riservati quindi in pochi si possono permettere di giudicare”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.