Cazzolate
Fallisce l’ennesimo bluff dell'ammazzasette
Conte “Lo spaccone”, da premier per caso ai veti che affondano il campo largo: Giuseppi amico di tutti tranne che di Renzi, il nuovo Giovanni senza terra
Paul Newman ne “Lo spaccone” interpreta un giocatore di biliardo che finge di essere una schiappa per poter spillare – quando si impegna – la posta agli altri giocatori, i quali però, scoperto il trucco, gli fratturano i pollici per impedirgli di giocare ancora. È quanto succede allo smargiasso Conte in Liguria, rimproverato dai suoi stessi alleati per il veto nei confronti di Matteo Renzi

Nel mondo del gioco d’azzardo i professionisti evitano sempre di sedersi intorno al tavolo verde insieme ad un giocatore a loro sconosciuto, perché sanno che è forte il rischio di trovarsi al cospetto di un nullatenente che se perde non paga oppure imbattersi in una persona che se ha fortuna e vince li lascia in braghe di tela. Nel grande gioco della politica italiana, questo personaggio ha un nome: Giuseppe Conte, un leader che nel suo ambito sta facendo il deserto intorno a sé e lo chiama pace e unità del movimento. Nel 2018 Conte sembrava il vincitore di una importante lotteria grazie ad un biglietto acquistato nella Tabaccheria di Volturara Appula, che gli aveva consentito di essere convocato al Quirinale per ricevere l’incarico di formare un governo, visto che i due leader (si fa per dire) dei partiti che avevano vinto le elezioni si elidevano con un veto reciproco di entrare da inquilino pro tempore a Palazzo Chigi, ma si trovavano d’accordo nell’occupare quella poltrona come si faceva un tempo al cinema, appoggiandovi il cappello.
Conte e i due carabinieri (Di Maio e Salvini)
Nei primi tempi quando parlava alla Camera l’avvocato del popolo si affrettava a invocare con lo sguardo l’approvazione dei due vice presidenti che gli sedevano a fianco come due carabinieri e ai quali telefonava prima di prendere delle posizioni quando si trovava a Bruxelles, a rappresentare l’Italia. Fu proprio partecipando alle missioni in Europa e all’estero – insieme a Giovanni Tria, la personalità che il Quirinale aveva “messo nella vigna a far da palo” – che Conte si convinse di essere lui il presidente del Consiglio. I suoi interlocutori europei glielo lasciavano credere perché tutto sommato quell’avvocato era il “male minore” nel contesto della politica italiana dopo le funeste elezioni del 2018. E fu in quelle occasioni che, alla ricerca di un profilo autonomo non esitò a diventare un uomo per tutte le stagioni.
Conte, le alleanze con tutti e l’epurazione degli ‘scappati di casa’
Nella XVIII legislatura Conte si alleò, di volta in volta, con tutti e contro tutti gli altri partiti cambiando alleanze con la medesima nonchalance con cui sostituiva la pochette (ora scomparsa dall’abbigliamento) nel taschino della giacca. La prima vittima fu Matteo Salvini quando nell’estate del 2019, ebbro del risultato nelle elezioni europee e dei mojito del Papeete, cercò di far cadere il Conte I rivendicando per sé quei “pieni poteri” che gli avrebbero consentito di chiudere i porti senza ritardi e impedimenti. In Parlamento, nel dibattito, Conte mise fuori gioco Salvini al punto che non è più riuscito a risollevarsi. Ma “Giuseppi”, con l’avallo di Trump, era ormai pronto a convolare ad altre nozze. Poi venne il momento della “pulizia etnica” all’interno del M5S, dove uno alla volta furono estromessi, alle diverse scadenze, tutti gli appartenenti alla prima ondata degli “scappati di casa”: da Di Battista a Toninelli, da Fico a Di Maio. Ma l’ex premier, ora, intende licenziare il Garante, Beppe Grillo, alla stregua di una colf, non rinnovandogli il contratto di consulenza (da 300mila euro) per costringere il guru del Vaffa a combinare il pranzo con la cena facendo pubblicità ai materassi sulle tv locali.
Conte, Lincoln e “Lo spaccone”
Ma come diceva Abraham Lincoln è possibile imbrogliare uno per sempre e tutti per una volta, ma nessuno riuscirà mai ad ingannare tutti per sempre. Nel film “Lo spaccone” del 1961 – che lanciò un grande attore come Paul Newman – si racconta la storia di un giocatore di biliardo che finge di essere una schiappa per poter spillare – quando si impegna sul serio – la posta agli altri giocatori, i quali, però, scoprono il trucco e gli fratturano i pollici per impedirgli di giocare ancora. È quanto succede all’ammazzasette Giuseppe Conte nelle elezioni in Liguria, da parte dei suoi stessi alleati che gli rimproverano il veto nei confronti di Matteo Renzi (come se loro non avessero condiviso l’ukase di Conte).
Il leader di Italia Viva (il nuovo Giovanni senza terra della politica di casa nostra) ha buon gioco nel sostenere che nella competizione tra Bucci e Orlando, i suoi voti avrebbero potuto fare la differenza. È questo, oltre al crollo del M5S nelle urne, un argomento in più che consente, ai profughi del Campo largo, di attribuire a Conte la sconfitta in quelle elezioni regionali dove la magistratura aveva preparato (è questo il solo scandalo consumato in Liguria) le condizioni per tirare – come stanno dicendo in giro le prefiche della sinistra – un rigore a porta vuota.
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