Un solo giro di dazi ha effetti limitati. La vera calamità economica di una guerra commerciale si manifesta attraverso le ritorsioni. E Bruxelles sa bene cosa aspettarsi nel caso in cui decidesse di rispondere, anche solo con misure blande: Donald Trump reagirebbe con una risposta sproporzionata. Nella giornata di oggi è atteso l’annuncio di un nuovo dazio del 50% sulle merci cinesi, che ne porterebbe il livello complessivo a oltre il 100%.

Dazio di ritorsione

A meno che Pechino non ritiri la decisione di imporre un dazio di ritorsione del 34% sui prodotti americani. Gli Stati Uniti dispongono di una serie di vantaggi decisivi rispetto all’Unione Europea. Sono elementi che i leader europei farebbero bene a tenere presenti prima di approvare le contromisure proposte dalla Commissione. Ognuno di questi fattori è una buona ragione per non imbarcarsi in una guerra commerciale.

La guerra commerciale

Primo: una guerra commerciale potrebbe innescare una recessione globale, che colpirebbe l’Europa con particolare violenza. Non si può escludere un impatto simile a quello del 2008. Ma con una differenza sostanziale: oggi, le banche centrali avrebbero molta meno capacità di intervento rispetto ad allora. Nel 2008, la risposta fu coordinata: si pensi alle linee di swap concordate dalla Fed con le altre banche centrali o al sostegno congiunto al sistema bancario internazionale. Una guerra commerciale rappresenta l’opposto di tutto questo: è la negazione della cooperazione.

L’Unione aveva più da perdere

Secondo: se è vero che in una guerra commerciale perdono tutti, il danno maggiore ricade su chi ha un surplus commerciale, più che su chi ha un disavanzo. È un errore che si è già visto nel dibattito sulla Brexit. L’Unione Europea, pur essendo economicamente più grande, aveva più da perdere da un accordo commerciale sfavorevole. Lo stesso vale oggi, ma su scala ancora più ampia.

La capacità di ripresa

Terzo: gli Stati Uniti hanno una capacità di ripresa molto più rapida dopo uno shock. È un’economia più chiusa e più resiliente. Basta guardare alla Germania: non si è più ripresa del tutto da Brexit, pandemia e guerra in Ucraina. E noi europei, realisticamente, non siamo pronti a reinventarci dopo una guerra commerciale.

USA partner senior della NATO

Quarto: gli Stati Uniti restano il partner senior della NATO. L’Europa continua a dipendere in modo critico dalla protezione americana, anche se si sta lentamente orientando verso una maggiore autonomia strategica. Intraprendere una guerra commerciale con il Paese che garantisce il nostro ombrello nucleare è una mossa rischiosa. Washington, inoltre, ha chiarito che considera la sicurezza come un servizio che fornisce al mondo, e per cui intende essere compensata.

UE lontano dall’agenda

Quinto: una guerra commerciale allontanerebbe l’UE da quell’agenda che dovrebbe invece perseguire: costruire una nuova alleanza globale tra partner affini — come Regno Unito, Norvegia, Canada, Australia — uniti nella difesa dell’ordine multilaterale. L’Europa potrebbe perfino proporsi come nuovo fornitore di una valuta di riserva globale, colmando lo spazio lasciato libero dagli Stati Uniti. Ma per farlo dovrebbe riformarsi: abbandonare il mercantilismo, incentivare investimenti e consumi, creare un mercato unico dei titoli di Stato e del capitale. Deve insomma fare deficit commerciale. Nessun leader europeo, oggi, sembra pronto a sostenere un simile progetto. È il segno del nostro declino: discutiamo solo di come reagire a Trump. Lui agisce. Noi reagiamo. Insomma la risposta giusta a Trump? Non combatterlo ma andare avanti.