Dall'inizio del 2025 sono almeno 700 le condanne a morte
L’orrore senza fine in Iran dove il boia è sempre al lavoro e i processi farsa durano appena cinque minuti
C’è molta preoccupazione anche per la sorte di Pakhshan Azizi, un’altra giovane donna curda che il regime vuole impiccare per dare il buon esempio
È orrore senza fine in Iran: il boia è in attività permanente. All’alba di ieri, impiccati altri sei oppositori nelle carceri della Repubblica islamica. Negli ultimi tre giorni sono stati impiccati diciannove detenuti. È uno stillicidio quotidiano di impiccagioni orribili e segrete. Dall’inizio dell’anno, in quasi sette mesi, se ne contano almeno 700, quando nell’intero 2024 furono 853.
Impiccato anche Mehdi Hassani, un prigioniero politico di 48 anni; fatto penzolare da una corda della prigione Ghezel Hesar di Karaj, prima dell’alba, al suono della chiamata alla preghiera del mattino e al grido di Allahu Akbar. Lo ha raccontato, piangendo, sua figlia Maryam. La ragazza, straziata dal dolore, ha riferito di aver lottato con tutte le sue forze per salvare suo padre. Ha protestato contro tutte le istituzioni internazionali, ha implorato il mondo intero affinché prestasse attenzione al caso, ma ha raccolto solo indifferenza. Suo padre è stato ucciso in silenzio da un regime che non teme i criminali, ma teme le persone che gli si oppongono.
Mehdi Hassani è stato giustiziato arbitrariamente e in gran segreto assieme a Behrouz Ehsani, di 69 anni, entrambi impiccati dopo essere stati brutalmente torturati. La loro condanna a morte è stata eseguita senza preavviso né a loro né alle loro famiglie, dopo un processo farsa, gravemente iniquo, durato solo cinque minuti e senza la difesa di un avvocato, il tutto è avvenuto davanti a un cosiddetto “Tribunale Rivoluzionario”. Impiccati previa “confessione” estorta con percosse e torture indicibili e dopo un prolungato isolamento e minacce di ulteriori danni a loro e alle loro famiglie. Condannati a morte con vaghe accuse come quella della “ribellione armata contro lo Stato”, di “inimicizia contro Dio” e “corruzione sulla terra”. Behrouz e Mehdi avevano protestato contro la pena di morte dall’interno del carcere, intraprendendo uno sciopero della fame ogni martedì, da 18 mesi, nell’ambito della campagna intitolata “No ai martedì delle esecuzioni”. Il regime fa un uso spietato della pena di morte, applicata come strumento di repressione politica per reprimere il dissenso e incutere paura nella popolazione.
Plotoni di guardie speciali fanno irruzione nelle carceri iraniane nei reparti dei prigionieri politici, li picchiano selvaggiamente, li incappucciano e li traducono in luoghi sconosciuti. Spariscono nel nulla, non si sa dove vengono condotti e non si conosce la loro fine. Sono i desaparesidos delle prigioni di Qezl-e-Hesar, di quella denominata Grande Teheran e di quella di Qarchak, dove sono rinchiuse numerose donne tra cui la dissidente curda Verisheh Moradi del movimento “Donna, Vita, Libertà”, condannata a morte nonostante soffrisse di gravi patologie tra cui la stenosi del midollo spinale, affetta da gravi problemi gastrointestinali e agli arti. Necessita di cure urgenti, di un intervento chirurgico, ma le autorità iraniane continuano a negargliele.
C’è molta preoccupazione anche per la sorte di Pakhshan Azizi, un’altra giovane donna curda che il regime vuole impiccare per dare il buon esempio. Azizi è una delle tante donne coraggiose che la Repubblica islamica sta punendo per aver partecipato alla rivolta “Donna, Vita, Libertà”. Eppure il mondo libero continua a fare affari con questo regime e a legittimarlo, ma le donne come Pakhshan, in attesa del boia nel braccio della morte, senza alcun timore, hanno dichiarato illegittima la Repubblica islamica che anche in queste ore ha ribadito la sua intenzione di arricchire l’uranio e di continuare a sostenere Hamas, Hezbollah e gli Houthi, finché lotteranno per la loro causa”.
L’emergenza idrica sta suscitando crescente rabbia nell’opinione pubblica di diverse città che lamenta infrastrutture carenti, una cattiva gestione e un regime che sperpera il danaro pubblico per finanziare l’arricchimento nucleare, l’apparato bellico e le ramificazioni dei pasdaran in Medioriente come Hezbollah, Hamas, Houthi e Jihad islamica, invece di investire nelle infrastrutture civili del Paese. Anche la capitale Teheran, con una popolazione di circa dieci milioni di abitanti, potrebbe restare all’asciutto entro poche settimane e ora il regime teme reazioni violente della popolazione, per questo sta sopprimendo tutta l’opposizione perseguendola strada per strada e prigione per prigione.
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