Luci sul Lavoro: l’importanza della contrattazione

In questi ultimi mesi si è sviluppato un acceso dibattito sul salario minimo e si sono lette le ragioni dei favorevoli e dei contrari. Ci sono ancora però spazi di approfondimenti affinché non si rimanga legati ad una soglia retributiva pari a 9 euro lordi, come cita il disegno di legge delle opposizioni – tranne Italia Viva – senza chiarire bene quali sono le voci della retribuzione contemplate nella loro proposta.

Diversamente, il contratto collettivo nazionale di lavoro (ccnl) è frutto di anni di contrattazione tra le parti sociali maggiormente rappresentative che non ha la funzione di fissare solo il salario, ma è un processo sociale di regolazione del mercato del lavoro che interviene su molte altre materie accanto ai minimi tabellari, come gli scatti di anzianità, le mensilità aggiuntive, il welfare contrattuale. Nella contrattazione collettiva i numeri sono il risultato di numerose varianti, definite negli anni, una sorta di “algoritmo” in continua trasformazione, che non si adegua automaticamente ma viene approfondito ed innovato dalle persone che si siedono ai tavoli della contrattazione.

Certo, la contrattazione per molti versi è un processo lento rispetto alla frenesia dei tempi moderni, però è strumento fondamentale di democrazia e partecipazione per tutti i soggetti e le organizzazioni che vi partecipano. Inoltre, a quanto previsto dai contratti nazionali, vanno aggiunte le conquiste della contrattazione di secondo livello, aziendali e territoriali, che integrano ed ampliano lo spettro delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.

Occasione di approfondimento su questo e molto altro sarà dal 13 al 16 settembre l’appuntamento di Luci sul Lavoro che ormai da oltre 10 anni si svolge nelle sale della Fortezza di Montepulciano dove si susseguiranno dibattiti su molti temi relativi al lavoro e al welfare sociale, sempre in un’ottica europea. È compito della contrattazione collettiva garantire una remunerazione decente, un ambiente di lavoro sicuro e alimentare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, oltre a valorizzare e riconoscere le competenze e la professionalità di chi lavora.

In un contesto di crisi sanitaria, di instabilità geopolitica, di alta inflazione, di lavoro povero e sommerso e di fronte alle transizioni green, digitali e demografiche, le parti sociali sono chiamate a dare risposta a imprese e lavoratori, sfruttando la leva della contrattazione e della partecipazione. Non partiamo dall’anno zero. Si tratta di condividere esperienze, strategie politiche e contrattuali che guardino all’innovazione, alla soddisfazione di esigenze garantendo standard elevati di vita a persone e comunità, in un’ottica sempre più ampia e globale. In questo senso il welfare aziendale oltre a rappresentare esperienze di successo della contrattazione di secondo livello, facendo spesso da apripista rispetto ai temi del contratto nazionale, è anche fonte di quello che viene definito salario “accessorio” o indiretto. Un ruolo importante lo giocano gli enti bilaterali – creati da Cisl, Cgil e Uil insieme alle parti datoriali dei diversi settori economici – per gestire servizi e pezzi di welfare vero e proprio. Si va dalla formazione alla indennità a parziale copertura delle crisi aziendali, dalla sanità integrativa alle borse di studio per i figli, alla pensione complementare.

La tavola rotonda del 15 settembre pomeriggio, promossa da Luci sul Lavoro, vuole sottolineare la potenzialità e l’importanza che svolge la bilateralità per la costruzione di un nuovo welfare, che oltre a fungere da supporto al welfare istituzionale aiuta le lavoratrici ed i lavoratori nei loro bisogni quotidiani e familiari. A questo si aggiungono le ormai numerose piattaforme, gestite da vere e proprie multinazionali, spesso le stesse dei buoni pasto, che erogano servizi welfare in base ad accordi aziendali. Si tratta di disegnare future sinergie e rendere collettivo lo sforzo per il beneficio di un nuovo welfare per tutti, perché oltre alla retribuzione definita dalla contrattazione collettiva è necessario sviluppare ed incrementare la contrattazione del salario indiretto cioè il welfare sociale.

Il welfare deve dare strumenti e risorse per la conciliazione tra vita familiare e quella lavorativa, per i bisogni emergenti dal lavoro a distanza, per una nuova mobilità delle persone e del lavoro, o per i nuovi ritmi di vita imposti dalla digitalizzazione dei processi produttivi. Se il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali rimane valido nell’indicare alti standard di qualità della vita per chi vive in UE, concerne a governi e parti sociali dare concretezza, in un disegno collettivo, ad un nuovo modello sociale per il nostro paese. Gran parte del welfare, anche pubblico, è frutto di lotte sindacali e della contrattazione collettiva; welfare che ormai si dà per scontato, dimenticandone le origini e il ruolo delle parti sociali, che rischia di essere svalutato con il salario minimo per legge. Ruolo, fortemente innovativo che viene agito attraverso la contrattazione collettiva e il sistema della bilateralità che è stato creato negli anni 50 del secolo scorso nel settore edile e negli ultimi 20 anni in tutti gli altri settori e che necessità di ulteriori esenzioni fiscali. La bilateralità, il welfare integrativo, quello aziendale, sono temi importanti quando si discute di salario minimo, sia che rappresentino salario differito o che siano servizi di vario genere, di fatto sono conquiste dei lavoratori che rischiano di esser tolte.

Il contratto nazionale è sicuramente molto di più di una cifra oraria definita per legge. È proprio estendendo e garantendo l’applicazione integrale della contrattazione collettiva che si potranno eliminare le storture del mercato del lavoro italiano che certamente non dipendono dai lavoratori.