Immaginate di entrare in uno studio medico e, invece di un referto o di un esame del sangue, ricevere una sorta di diario del vostro futuro. Un oracolo digitale che non si limita a scrutare i prossimi mesi, ma tenta di proiettare la vostra salute vent’anni avanti. Non è fantascienza: è la promessa – e la minaccia – di Delphi-2M, un modello di intelligenza artificiale presentato sulle pagine di Nature e capace, secondo i suoi autori, di prevedere oltre mille patologie con largo anticipo.

Come funziona Delphi-2M

La novità di Delphi-2M è duplice. Non si concentra su una singola malattia, ma lavora in modalità “multitasking”: tiene insieme, nello stesso calcolo, centinaia di condizioni cliniche diverse, simulando l’intreccio di comorbilità che caratterizza la vita reale. E non restituisce solo percentuali di rischio statiche, ma produce traiettorie generative: scenari plausibili che raccontano come la salute di una persona potrebbe evolvere nel tempo. Per arrivare a questo risultato, il modello è stato addestrato sui dati clinici e di stile di vita di oltre 400 mila cittadini britannici arruolati nella UK Biobank, un archivio che da quasi vent’anni raccoglie informazioni sanitarie della popolazione fra i 40 e i 70 anni. Una volta allenato, Delphi-2M è stato testato anche in Danimarca, su un registro di quasi due milioni di persone. Qui ha mantenuto buone prestazioni, seppure inferiori a quelle ottenute nel Regno Unito: l’accuratezza media è passata da 0,76 a 0,67.

Come cambia la sua affidabilità

Cosa significa? Che il modello funziona, ma non è universale. Cambiando il contesto demografico e sanitario, cambia anche la sua affidabilità. Un dato che suona come un campanello d’allarme: gli algoritmi predittivi non sono formule magiche che valgono ovunque, ma strumenti sensibili ai dati con cui vengono nutriti. La scelta di pubblicare lo studio su Nature è anche un messaggio culturale: la medicina predittiva è ormai un terreno su cui l’intelligenza artificiale sta spingendo con forza, e lo fa con la stessa tecnologia che anima chatbot e assistenti virtuali. Delphi-2M infatti non è un semplice calcolatore statistico, ma un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM), adattato ai dati clinici. In altre parole, sfrutta la logica dei transformer (reti neurali basate sull’attenzione): la stessa architettura che ha reso possibile ChatGPT, per trasformare dati di cartelle cliniche in previsioni di salute a lungo termine.

I limiti di Delphi-2M

Naturalmente, non mancano i limiti. La UK Biobank non è rappresentativa della popolazione generale: recluta volontari spesso più sani, più istruiti e più attenti alla propria salute. Questo introduce un bias di selezione che potrebbe gonfiare l’accuratezza del modello rispetto al mondo reale. Inoltre, il campione copre soprattutto persone tra i 40 e i 70 anni, lasciando scoperta la fascia degli anziani più fragili.
Anche i dati sanitari utilizzati presentano disomogeneità: alcune malattie vengono registrate solo se trattate in ospedale, altre emergono nella medicina di base. Ma se i limiti sono evidenti, altrettanto lo sono le potenzialità. Avere uno strumento capace di disegnare mappe di rischio personalizzate potrebbe rivoluzionare la medicina preventiva: screening mirati, interventi precoci, programmi di salute pubblica calibrati sulle reali probabilità di malattia di una popolazione. Non solo: Delphi-2M potrebbe diventare una bussola per i decisori politici, aiutando a prevedere il carico futuro di malattie croniche e a pianificare risorse e investimenti sanitari.

Riscrivere la nostra biografica biologica

Eppure, dietro l’entusiasmo, si agitano domande inquietanti. Cosa accadrebbe se assicurazioni e datori di lavoro avessero accesso a queste proiezioni? Quali conseguenze potrebbe avere sapere, a 40 anni, che la tua traiettoria di salute ti porta quasi inevitabilmente verso una patologia invalidante vent’anni più tardi? Siamo pronti, culturalmente ed eticamente, ad affidare il nostro futuro sanitario a un algoritmo?
Gli autori dello studio sottolineano che Delphi-2M non è ancora uno strumento clinico, ma un prototipo di ricerca. La sua strada, prima di arrivare negli ospedali, è lunga: servono validazioni indipendenti, regole chiare, linee guida su come e quando usarlo. Non a caso, Nature insiste sull’urgenza di costruire un quadro normativo robusto, che impedisca abusi e garantisca trasparenza. Perché l’IA può anticipare il futuro, ma tocca alla società decidere come utilizzarlo.

Delphi-2M, insomma, non è ancora pronto a entrare nella vita di tutti noi. Ma il suo debutto sulle pagine di Nature segna un passaggio simbolico: l’intelligenza artificiale non vuole più limitarsi a scrivere testi o a generare immagini. Vuole riscrivere la nostra biografia biologica, anticipare il nostro futuro, diventare compagna di viaggio della medicina. Resta da capire se sapremo tenerle testa, ricordando che il futuro non è scritto nei dati: è scritto nelle scelte collettive che decideremo di fare.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro al The Watcher Post.