Meloni e Salvini gli incoerenti: promettevano porti chiusi e blocco navale. E invece Lampedusa ora ha più migranti che residenti

Foto Antonino Durso/LaPresse - Cronaca 09 Marzo 2023 - Cutro - Crotone - Calabria - Migranti, Consiglio dei ministri a CutroNella foto: la conferenza stampa - Giorgia Meloni, Matteo SalviniPhoto Antonino Durso/LaPresse - news 09 March 2023 - Cutro - Crotone - Calabria - In the pic: press conference - Giorgia Meloni, Matteo Salvini

Nessun giallo (sui soldi) al governo tunisino. E nessun “complotto” dietro l’invasione come invece ipotizza Salvini. “Quello in corso a Lampedusa è il fallimento dell’Europa” grida il segretario della Lega. Peccato che quello in corso sia il fallimento delle politiche migratorie del governo di cui Salvini è vicepremier. Quello in corso, se riusciamo a togliere gli occhiali della propaganda, è un esodo importante di popoli che non possono più vivere dove sono nati. E, almeno in parte, cresciuti. I motivi sono molteplici ed è inutile qui elencarli.

Resta quindi il fallimento, a tutto tondo di ciò che il governo aveva promesso in campagna elettorale, di quello che ha fatto nei primi mesi di governo fino a schiantarsi nella tragedia di Cutro e anche di ciò che, pur con buona volontà, sta facendo da marzo a oggi. A maggior ragione è sembrato goffo il tentativo della Premier l’altro giorno a Budapest, a fianco dell’amico Orban, di indossare i vecchi panni nazionalisti in difesa “di Dio, della patria e della famiglia”. Il tutto mentre il numero 2 della Lega Crippa diceva che “la Tunisia ha dichiarato guerra all’Italia”. Che è come dire a Giorgia Melonihai sbagliato tutto, dovevi rispristinare i decreti che chiudevano i porti, l’unica cosa che in questi anni ha realmente funzionato”.

Dopo Cutro – l’ennesimo decreto inutile, inapplicato e pieno di iperbole (doveva aumentare le espulsioni e combattere il racket “su tutto l’orbe terraqueo”) – la premier ha cambiato approccio al problema. Il dossier immigrazione è lentamente stato traslocato a palazzo Chigi, affidato al sottosegretario Alfredo Mantovano e al ministro degli Esteri Antonio Tajani, le due anime moderate della squadra di governo.

Salvini si è irrigidito e arrabbiato ma non ha potuto fare altro che lasciar fare. “Cerco una soluzione strutturale e non una ricetta spot per un paio di mesi” ha spiegato Meloni. Da qui il Piano Mattei per l’Africa, i frequenti bilaterali con i presidenti di paesi della fascia subsahariana e della costa mediterranea, soprattutto Egitto, Tunisia e Libia. Con tutte le incertezze e le problematiche che si portano dietro questi paesi. Lo schema è chiaro: “Dobbiamo aumentare gli arrivi legali e fermare il più possibile quelli illegali che foraggiano il racket”.

Lo schema del governo è corretto e sensato. Del resto già nel 2016 i governi Renzi e Gentiloni dicevano: “Dobbiamo aiutarli a casa loro”. E infatti furono aperte nuove sedi consolari in vari paesi africani, i più interessati alle partenze, proprio per favorire una selezione dei migranti. Un progetto poi abbandonato dal 2018 in avanti.

Da allora, un salto di cinque anni e si arriva al Piano Mattei di Giorgia Meloni (su input di Mario Draghi) la cui prima pietra è stato il faticoso accordo con la Tunisia del presidente Saied accusato dagli organismi internazionali di non rispettare i fondamentali diritti umani. Era marzo quando il Fondo monetario ha detto stop al prestito previsto per la Tunisia (circa due miliardi). E senza quei soldi, che servono a tenere in piedi l’economia e pagare gli stipendi, la Tunisia è destinata ad implodere.

Da qui nasce la volontà del governo italiano di chiudere a tutti i costi l’accordo con Saied. Un Memorandum tra Europa e Tunisia, firmato alla presenza della presidente von der Leyen e del premier olandese Mark Rutte, di cui il governo italiano è stato mediatore. Un accordo indicato con orgoglio come “il modello da seguire”.

Solo che il modello ha fatto flop. E sarebbe ingiusto dire per colpa di Meloni. I soldi europei sono stati stanziati – in tutto un miliardo e 105 milioni – ma i tempi di erogazione sono lunghi. Soprattutto se una fetta di Parlamento – le sinistre- si oppongono al Patto con la Tunisia. Senza soldi la Tunisia implode. E Saied, probabilmente, usa l’arma che sa fare più male: gli immigrati. Una volta l’Italia portava soldi di valigette in Libia per incentivare il lavoro della polizia locale. Probabilmente l’Italia ha già dato qualcosa – i fondi riservati sono apposta per queste esigenze – per limitare le partenze dalle spiagge tunisine. L’altro giorno sono stati fermate 640 persone. Una goccia.

Il Memorandum è stato firmato il 16 luglio. Da allora oltre ad aumentare gli sbarchi in modo costante, sono aumentati anche gli arrivi di cittadini tunisini: dal primo al 30 giugno ne sono sbarcati 4318. Dal primo al 14 settembre sono già più di undicimila. Anche la Turchia, quando vuole alzare il prezzo del patto sui migranti stretto con l’Europa, lascia partire le barche. Saied avrà fatto lo stesso. Basta pagare. Altro che “guerra” o “complotto”. L’Europa faccia presto, quindi. Gli accordi bilaterali sono l’unico modo per gestire i flussi migratori.