Meloni, la lettera sul 25 aprile: “Noi incompatibili con qualsiasi nostalgia del fascismo, libertà scolpita nella Costituzione”

Prende carta e penna e scrive una lettera al Corriere della Sera per dare finalmente un giudizio storico sul 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazifascismo, ma soprattutto del rapporto della destra italiana con una data che ancora oggi, come dimostrano le dichiarazioni e le polemiche innescate dal presidente del Senato Ignazio La Russa, provoca disagio negli ex missini.

Così Giorgia Meloni in una missiva a Luciano Fontana, direttore del più importante quotidiano italiano, si lascia andare alle sue riflessioni nel primo 25 aprile con gli eredi dell’Msi a Palazzo Chigi, la Festa della Liberazione con l’esecutivo più spostato a destra nella storia del Paese.

La presidente del Consiglio rivendica che la sua destra è “incompatibile con nostalgie del fascismo“, ricorda che quelli “scolpiti nella Costituzione” sono i “valori conculcati dal fascismo” e rassicura che “l’amore per la democrazia è l’antidoto a tutti i totalitarismi“. “L’Italia – scrive Meloni – sta dalla parte della libertà e della democrazia”.

Da molti anni – scrive Meloni – come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo“. Per questo la premier dice “no a chi volesse tracciare divisioni su questo terreno usate come strumento di delegittimazione dell’avversario“. Altro refrain che trova spazio nella lettera al Corriere della Sera è quello del vittimismo della destra ex missina. La premier infatti in un passaggio scrive che vi sia chi “stila la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica”, un “atteggiamento talmente strumentale che negli anni, durante le celebrazioni – prosegue Meloni -, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci auguriamo di non dover più assistere. Mi domando se queste persone si rendano conto di quanto, così facendo, indeboliscono i valori che dicono di voler difendere”, aggiunge ancora la premier.

Meloni che nella sua lettera non riesce a citare le Foibe, nella solita battaglia di contrapposizione che da anni ormai a destra si mette in atto sulla storia italiana. Per la premier infatti se il 25 aprile 1945 “segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia”, dall’altra parte “la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre”.

Quindi torna al discorso di Luciano Violante pronunciato alla Camera nel 1996, quello celebre di insediamento come presidente dell’emiciclo in cui parlò dei “ragazzi di Salò”. Un “memorabile discorso di insediamento da presidente della Camera quasi trent’anni fa“, contenente la denuncia di una certa “concezione proprietaria della lotta di Liberazione” come “uno dei fattori che le impedivano di diventare patrimonio condiviso da tutti gli italiani”.

Altro punto-discorso che ricorda è quello, altrettanto celebre, di Silvio Berlusconi del 2009 a Onna, in Abruzzo. Perché per Meloni quel concetto espresso da Violante venne ripreso dal ‘padre’ del centrodestra italiano che “celebrando l’anniversario della Liberazione invitò a fare del 25 Aprile la Festa della Libertà, così da superare le lacerazioni del passato. Un auspicio che non solo condivido ma che voglio, oggi, rinnovare, proprio perché a distanza di 78 anni l’amore per la democrazia e per la libertà è ancora l’unico vero antidoto contro tutti i totalitarismi. In Italia come in Europa”, conclude Meloni.

Il discorso di Meloni entra quindi in una ottica “internazionale”, ricordando da una parte che Fratelli d’Italia votò nel settembre 2019 una risoluzione del Parlamento europeo che condannò tutti i regimi del ‘900, dall’altra sottolineando che “in tutto il mondo le autocrazie cercano di guadagnare campo sulle democrazie e si fanno sempre più aggressive e minacciose” e porta l’esempio dell’Ucraina. “Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo”, scrive la premier.

Infine, Meloni racconta di aver incontrato Paola Del Din. Nata a Pieve di Cadore nell’agosto 1923, ha ricevuto la medaglia d’oro al valor militare per la sua attività durante la Resistenza con il nome di “Renata”. Meloni scrive che Del Din “durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, le formazioni di ispirazione laica, socialista, monarchica e cattolica. Fu la prima donna italiana a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con commovente orgoglio. Della Resistenza dice: “Il tempo ci ha ribattezzati Partigiani, ma noi eravamo Patrioti, io lo sono sempre stata e lo sono ancora””.