Silvia Gaggini ricorda che mentre Davide Paitoni la colpiva le diceva: “Ti ho voluto dare una lezione”. E lei non sapeva ancora cosa lui avesse fatto poco prima. L’uomo, in fase di separazione dalla donna, agli arresti domiciliari, aveva da poco ucciso con un fendente alla gola Daniele, 7 anni, il loro figlio. E quindi aveva raggiunto la donna, classe 1985, per fare lo stesso. Paitoni è stato catturato dopo un inseguimento in auto e nei boschi. È in carcere. L’omicidio di Morazzone, il giorno di Capodanno, in provincia di Varese, ha sconvolto l’Italia.
A riportare le risposte ai carabinieri e la ricostruzione della donna è Il Corriere della Sera Milano. “Vorrei puntualizzare che Davide aveva richiesto espressamente che fossi io a portare il bambino”. L’uomo voleva fosse la madre l’ultima a vedere il piccolo. Al padre, il nonno di Daniele, aveva mandato un messaggio: “Non aprire l’armadio”, proprio lì dove è stato ritrovato il corpo del bambino. Nonostante fosse ai domiciliari aveva avuto il permesso di vedere il piccolo. L’accordo per la visita prevedeva che il padre ricevesse il figlio alle 13:00.
La donna ha mandato un messaggio Whatsapp al marito intorno alle 18:23. “Gli ho chiesto se andava tutto bene ma non ho ottenuto risposta e non mi sono preoccupata perché pensavo che Daniele stesse riposando. Alle 21.47 ho ricevuto un WhatsApp audio di Davide che mi diceva: ho avuto una bella giornata con Daniele, te lo sto riportando. Ho indossato il giubbotto e sono uscita in strada ad attenderlo. Raggiunta la strada ho visto che era già arrivato e mi aspettava fuori dalla sua macchina con il baule stranamente aperto. Ho chiesto: dov’è Daniele? E lui: è nascosto dall’altra parte della macchina”.
Quando la donna si è mossa l’uomo avrebbe cominciato a colpirla. “Solo quando mi ha colpita al petto ho realizzato che stava usando un coltello. Ho tentato di fuggire gridando e chiedendo aiuto e mentre ero di spalle sono stata colpita di nuovo. A quel punto sono fuggita e lui è salito in macchina e si è allontanato”. La donna ricorda che “si trattava di un coltello da cucina per il taglio della carne. Lo ricordo perfettamente perché è uno dei coltelli che utilizzavamo quando vivevamo insieme”.
All’uomo sono contestate le aggravanti di premeditazione, legame familiare e motivi abietti, nella descrizione del gip secondo una modalità “tipica della violenza di genere e della rivendicazione del proprio ruolo preminente e padronale, anche delle vite altrui”. Paitoni si trovava ai domiciliari per l’accusa di tentato omicidio di un collega magazziniere risalente allo scorso novembre. E sulle polemiche relative ai domiciliari e alla possibilità di Paitoni di vedere il figlio, il gip ha scritto che l’omicidio del bambino non era prevedibile. “È bene partire da un dato che può apparire paradossale – si legge – rispetto l’esito mortale di padre e figlio insieme nella casa di Morazzone, è la madre che porta il figlio dal padre, alle 13 del 1 gennaio”, un gesto, “del tutto incompatibile con qualsiasi allarme che un precedente atteggiamento del padre avrebbe potuto destare nella donna”.
