“Modello Milano”, l’Italia mette sotto processo tutto quello che funziona: il terrore degli avvisi di garanzia non risolve il caro affitti

Una sentenza già c’è: è criminale chi sta approfittando delle inchieste giudiziarie per mettere sotto processo l’intero “modello Milano”. È criminale fingere di non sapere che per trent’anni questa città ha garantito crescita, attrattività e continuità amministrativa, qualità rarissime in Italia.

Invece la banda composta da politica giustizialista e populista, stampa “megafonica”, retorica moralista da social non perde occasione per trasformare indagini urbanistiche in un giudizio complessivo su una stagione che ha rigenerato aree abbandonate, attratto capitali e dato lavoro a migliaia di persone. È un crimine.

Le inchieste facciano il loro corso, ma la legge stabilisce regole, non produce giudizi, non progetta società. Sia chiaro: le criticità sono altra cosa. Gli affitti sono troppo alti, le disuguaglianze crescono, la domanda abitativa rischia di escludere ceti medi e famiglie giovani. Ma affrontare queste sfide richiede soluzioni politiche, non processi penali usati come grimaldello. Se la città ha bisogno di nuove prospettive sull’abitare, di equilibri tra pubblico e privato, non è il terrore degli avvisi di garanzia e perfino degli arresti la via per le soluzioni.

Il vero pericolo è che la politica, debole, frammentata, impaurita, si faccia dettare l’agenda dalla magistratura. Così butta nel cesso la capacità di visione che ha fatto grande Milano. Si può mettere in dubbio tutto, ma non che solo qui, in questa città, si sia capaci di governare lo sviluppo.