Elezioni sì, ma non in carcere. Dalla casa circondariale di Poggioreale, a Napoli i numeri parlano da soli: solo due i detenuti che hanno chiesto esercitare il loro diritto al voto anche se imputati. A renderlo noto è stato il garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello, comunicando i dati dei detenuti campani che hanno fatto richiesta di votare per le prossime amministrative del 3 e 4 ottobre nel capoluogo campano.
Numeri che non sorprendono: “Nessun detenuto a Benevento, Santa Maria Capua Vetere e Salerno. Alle ultime Regionali erano stati 48 votanti, mentre alle ultime politiche furono 120.Cresce un disinteresse verso la politica che per certi versi ha rimosso il carcere, anche in questa sofferenza pandemica”, denuncia Ciambriello.
La soluzione, secondo il garante dei detenuti, è di fornire a chi è recluso “gli strumenti per votare in maniera seria e consapevole”.
Il problema infatti, sottolinea Ciambriello, è che i detenuti “sono poco informati sui loro diritti e le modalità di come esercitarli, i politici pur avendo la prerogativa di entrare in carcere non lo fanno. C’è il populismo penale che si coniuga con quello politico e poi la procedura per votare è estremamente tortuosa. Gli artt. 8 e 9 della L. 23 aprile 1976, n. 136, prevedono la costituzione di un seggio elettorale speciale nel luogo di detenzione. È previsto un onere importante per i detenuti che intendono votare: questi, con il tramite dell’Ufficio Matricola del carcere, non oltre il terzo giorno antecedente alla data della votazione, devono far pervenire una dichiarazione attestante la propria volontà al sindaco del comune nelle cui liste elettorali sono iscritti. Anche la complessità di questa procedura spiega la bassissima affluenza alle consultazioni negli ultimi anni”.
