Puglia, stai rovinando il Natale del Governo. Dopo il caso Taranto, la Banca Popolare di Bari che deve risorgere dalle ceneri. Nessuna colata lavica, solo una romana colata di euro per cercare di ripianare anni di indubbia cattiva gestione. È evidente come il futuro di buona parte dell’economia della Puglia transiterà da Roma, dai Palazzi della politica e dalle casse non sempre colme di denari. Ora non c’è più tempo da perdere: o qualcuno, qualcosa salva la Puglia oppure affonderà. Ed ecco che tra i marosi dell’invernale tempesta spunta la bozza del decreto “Cantiere Taranto” che dovrebbe comprendere la riconversione produttiva della città.
A spanne ciò che impensierisce è l’idea di salvare buona parte dell’economia di Taranto con provvedimenti tampone all’interno di una realtà fortemente sbilanciata dove è la (maledetta/benedetta) acciaieria che sposta l’ago della bilancia. La lettura della bozza del documento stupisce: sembra evidente la sproporzione tra medicina e malato. Un’aspirina al malandato e sofferente infermo. Le misure dovrebbero toccare alcuni settori: quello sociale, infrastrutturale, culturale, universitario e tutela della salute ed ambiente. Si è pensato ad assunzioni nell’Arsenale militare, istituzione per un triennio di un Polo universitario per la sostenibilità ambientale, fondo di 50 milioni di euro per i lavoratori ex Ilva, bonus per i lavoratori disposti a trovare lavori lontano da Taranto.
Istituzione di una riserva nella zona del golfo destinata alla tutela e all’osservazione di delfini e balene (Whale-watching). Non manca un accenno alla riqualificazione della “identità culturale” di Taranto e alla, ancora una volta, riqualificazione professionale di circa 500 lavoratori che dovrebbero lavorare per la società turca Yilport (che ha già stipulato un contratto con la cinese Cosco) per la gestione del molo polisettoriale. Insomma, l’immagine sembra essere quella di una città “squalificata” (ma da chi?) ora da “riqualificare”. Infine, tra le intenzioni del decreto “Cantiere Taranto” la immancabile “green mobility” e la “mobilità dolce da realizzare lungo linee ferroviarie dismesse”. Il progetto impegna alcuni ministeri, per lo meno quelli dell’Istruzione, Difesa, Beni culturali, Economia, la Regione Puglia, il Comune di Taranto.
La caratteristica di tali provvedimenti sembra essere la temporaneità. Sfogliando ciò che della bozza è disponibile emerge il carattere temporaneo di molte iniziative. Il decreto “Cantiere Taranto” è la materializzazione di ciò che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ad inizio dicembre aveva promesso agli abitanti “Noi vogliamo restituire alla comunità tarantina un ristoro”. Un ristoro. Già! Sapendo che la vera questione è quella che riguarda il futuro incerto della ex Ilva: il vero, sporco e maledetto motore dell’economia di Taranto e dintorni. Quello della città dei due mari sembrerebbe essere un Natale scarsamente ristorato dal Governo.
