Netanyahu ci costringe alla chiarezza delle scelte. Il bla bla inconcludente dei politici nostrani

Caro direttore,

Magari calpestando ogni scrupolo, Netanyahu ci costringe alla chiarezza essenziale delle scelte. Scegliere tra atlantismo e ammiccamenti filorussi, dopo che perfino l’amministrazione Usa più fanfarona della storia ci ha fatto credere che si potessero risolvere le differenze storiche e civili con una pacca sulla spalla. Scegliere tra diritti civili, laici, totali e regimi con tanto di polizia morale, che incarcerano donne, che finanziano e armano terroristi. Scegliere tra un Occidente paraculo, ipocrita e sempre più scialbo e un’idea forte di capitalismo democratico. Scegliere – a sinistra – tra i carri del Pride e le barbe degli ayatollah. Scegliere – a destra – tra la cultura liberale e le vanvere identitarie. Nemmeno tre anni di guerra in Ucraina erano riusciti a metterci davanti allo specchio, tutti convinti di poter continuare a bluffare. Non si poteva pensare che Israele, l’avamposto dell’Occidente nel casino dei pasticci mondiali, lo facesse usando i guanti.

Mario A. Marchi

Caro Mario,
non potrei essere più d’accordo con te. Per dirla con formula abusata – ripresa ieri da Friedrich Merz, che sembra l’unico col sale in zucca tra i governanti europei – Bibi sta facendo il lavoro sporco per tutti noi. E a nostra insaputa, perché le opinioni pubbliche occidentali sembrano avere del tutto smarrito quei principi (libertà, diritti, democrazia) per i quali Israele sta combattendo, e che tu hai puntigliosamente elencato. Principi che sono l’aria che respiriamo ogni giorno: senza moriremmo, avendoli a disposizione li diamo per scontati, li banalizziamo, finiamo per sputarci sopra, con leggerezza e ingratitudine. Dunque onore a Netanyahu, che al momento è il commander in chief del mondo libero, mille volte più credibile degli sbiaditi e confusi leader che abbiamo visto all’opera ancora ieri al G7, ritratti nelle ridanciane, folkloristiche e ora più che mai insultanti photo opportunities.
Sempre ieri, Bibi, tra un’offensiva militare e l’altra, ha anche assestato una sonora sberla (lui non lo sa, per fortuna sua neppure deve curarsene) ai tanti commentatori, opinionisti e politologi del menga, gufi per mestiere e per vocazione, che dalle nostre parti non solo lo descrivono come un criminale incallito, ma ne decretano da anni la imminente fine politica. Che evidentemente tanto vicina non deve essere, se in mattinata i principali leader israeliani si sono premurati di sostenerlo pubblicamente e con solennità, nell’offensiva contro i tagliagole iraniani. “Siamo una democrazia molto eterogenea, ma sapremo sempre come unirci contro i nostri nemici”, ha detto Lapid, capo dell’opposizione: un concetto magnifico, per chi è costretto a sorbirsi ogni giorno il bla bla inconcludente e rissoso dei politici nostrani. E Golan, leader del partito The Democrats: “Un popolo forte, un esercito determinato e un fronte interno solido. È così che abbiamo sempre vinto, ed è così che vinceremo oggi”. Gente seria questi israeliani, da trattare solo con rispetto e ammirazione. Stanno vincendo per noi, che non ci meritiamo niente.

Claudio Velardi