Raccogliamo in questa pagina stralci di interventi all’assemblea nazionale di ANM dello scorso 25 ottobre, nell’Aula Magna della Corte di Cassazione. Nessuna pretesa di completezza, sarebbe impossibile oltre che non corretto, quanto piuttosto una esemplificazione dello stato d’animo, della spontanea scrittura dello spartito di quella assemblea, fondata su poche e ripetute parole d’ordine, che ha accomunato in modo del tutto preponderante il dibattito. Emerge un senso di accerchiamento, la percezione di uno scontro tra poteri, l’idea che il potere politico voglia sopraffare e governare, con questa riforma, l’ordine giudiziario; senonché sono pochissimi (eufemismo) coloro che si fanno carico di indicare con chiarezza esattamente in quali parti, e soprattutto grazie a quali meccanismi, la separazione dei poteri sarebbe alterata dalla riforma, dove e come l’indipendenza di Pubblici Ministeri e giudici sarebbe indebolita da questa riforma. Clamoroso è il caso dell’art. 104 della Costituzione, baluardo riconosciuto, fino a ieri, di quella sacrosanta indipendenza, e che resta perfettamente immutato nella sua testualità, con la sola specificazione che la magistratura, “autonoma e indipendente da ogni altro potere”, è costituita da magistrati inquirenti e magistrati giudicanti. Non c’è dunque modo di comprendere, dagli interventi, cosa sia mutato in punto di garanzia costituzionale dell’indipendenza della magistratura, e in cosa tecnicamente consisterebbe l’assalto che questa riforma starebbe portando alla Costituzione. Si vagheggia di derive, di inerzie, di un inesorabile, futuro destino di sudditanza, senza nemmeno sforzarsi di chiarire quando, come e perché. Appare negli interventi evidentissimo come il nervo scoperto sia piuttosto il sorteggio dei componenti per i due CSM; ma si spiega molto vagamente in che modo ciò altererebbe la separazione dei poteri, vista la proporzione immutata tra componente laica e togata (quest’ultima rimanendo maggioritaria). Insomma, un gridare al lupo, senza riuscire a spiegare nemmeno i più vaghi connotati della bestia. Un leitmotiv francamente impressionante, questo delle parole d’ordine sconnesse dall’analisi del testo della riforma, in grado di anticipare con chiarezza quale sarà la musica che verrà suonata dal Comitato per il NO dell’Associazione Nazionale Magistrati. Combattere contro il sorteggio, disarticolazione del non certo popolare correntismo; ma ai cittadini, appunto, parlare d’altro.
La redazione di PQM
«Dietro la retorica della separazione delle carriere si intravede il rischio di ridurre la magistratura ad un corpo amministrato meno libero e più condizionato. Difendere oggi l’indipendenza della magistratura significa difendere i cittadini, non i magistrati. Significa in particolare garantire che nessun potere politico o economico possa piegare la funzione giudiziaria al proprio interesse»
Daniela Rinaldi, Presidente ANM Lazio
«Un CSM nato per tutelare la funzione giurisdizionale che sarà svuotato e depotenziato. Ma il CSM nasce per tutelare la funzione giurisdizionale e non l’avremo più questo sistema evidentemente, perché avremo dei colleghi sorteggiati che non saranno purtroppo rappresentativi di quella che invece è la realtà del pluralismo italiano. Avremo una giustizia disciplinare che sarà oggettivamente severa, nella quale sarà difficile riconoscersi ed avere fiducia. Tutto questo indebolirà la magistratura. Avremo l’orpello della separazione delle carriere che è il tributo che il governo paga per avere l’appoggio degli avvocati»
Cesare Parodi, Presidente Nazionale ANM
«Questa riforma rappresenta l’ennesimo, forse il più grave tentativo di normalizzare la magistratura. Per aiutare i cittadini a comprendere la reale portata di questa riforma più che sui contenuti tecnici, dobbiamo riflettere sull’oggetto materiale di questa riforma della Costituzione, spiegando loro che per aversi la Costituzione che sia Costituzione delle libertà e non dei poteri occorrono due cose: la garanzia di diritti e la separazione dei poteri. Perché senza una reale separazione di poteri i diritti non sono garantiti. La riforma che mira a mettere in riga i magistrati, ad omologare e ad alimentare il conformismo e a contrastarne le differenze non può essere considerata una riforma fatta per il bene di un Paese la cui stessa Costituzione fa del principio e del rispetto del pluralismo il più importante anticorpo contro i rischi di derive antidemocratiche»
Rocco Maruotti, Segretario Generale ANM
«Io non condivido per esempio il discorso “adesso la separazione delle carriere costituzionale è la premessa per la sottoposizione del P.M. all’esecutivo”. È probabile che sia così, è probabile che accada, è molto probabile che tra cinque anni qualcuno lo dica perché si accorgeranno – se la riforma passa – che un pubblico ministero che si auto-governa costituisce un superpotere incontrollabile dal punto di vista costituzionale, agghiacciante»
Gianrico Carofiglio, già magistrato, scrittore
«L’obiettivo è quello di normalizzare il Pubblico ministero, l’obiettivo è di impaurirlo, di trasformarlo. L’obiettivo è quello di trasformarlo in un perfetto burocrate»
Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica a Napoli
«Non possiamo vincere se non sappiamo usare tutti gli argomenti possibili, anche quello che la separazione delle carriere – qui io dissento da Gianrico Carofiglio – comporta alla fine necessariamente il P.M. attratto nella sfera dell’esecutivo; ma abbiamo bisogno anche di un referente – se consentito spendere questa parola – politico»
Giancarlo De Cataldo, già magistrato, scrittore
«Dobbiamo spiegare ai cittadini che l’indipendenza della magistratura è la prima garanzia di uno Stato democratico ed è la prima garanzia per loro. Riformare il Consiglio Superiore, al quale il costituente ha dato in mano la vita dei magistrati e quindi di stabilire le loro carriere, le loro sedi, le regole per i loro trasferimenti, indebolirne la componente togata e rafforzarne la componente di nomina parlamentare … significa consegnare piano piano, nelle mani della componente politica, una voce importante rispetto alle determinazioni delle carriere e della vita dei magistrati, ed è evidente a tutti che questo minerà l’indipendenza dei magistrati, perché se tutto questo verrà determinato più da una componente politica che da una componente togata, questo significa che il magistrato non potrà più essere indipendente dalla politica»
Loredana Miccichè, Presidente di Magistratura Dipendente
«È chiaro che il cuore di questa riforma non è la separazione delle carriere, il cuore della riforma è il Consiglio Superiore della Magistratura, è l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati. In gioco c’è moltissimo, lo sappiamo. In gioco c’è la fisionomia della magistratura di domani. Quale magistratura? Una magistratura non solo meno indipendente, ma possibilmente più ricattabile. Un modello di magistrato burocrate, piuttosto che interprete e garante dei diritti fondamentali delle persone»
Silvia Albano, Presidente Nazionale Magistratura Democratica
«La partita si gioca purtroppo sulla credibilità della magistratura, una credibilità che l’atteggiamento assunto negli ultimi 6, 7 anni dall’ANM non ha contribuito in alcun modo a recuperare. Solo una seria rivisitazione critica della storia recente ed una franca ammissione delle degenerazioni cui hanno condotto l’esasperato carrierismo – è giusto che i giovani lo sappiano, che noi abbiamo dei mali dentro di noi, uno di questi si chiama carrierismo – e della degenerazione correntizia che ha trasformato le correnti da centri propulsori delle idee in centri di gestione del potere. Tutto ciò è offerto oggi all’opinione pubblica. E quindi non ci possiamo sottrarre al giudizio impietoso di una società civile presso la quale la nostra autorevolezza è attualmente ridotta ai minimi termini. Diciamo invece sì al sorteggio dei consiglieri superiori per liberare il CSM dalle correnti, per liberare i colleghi che sono tutti uguali e si distinguono solo per funzioni per recuperare un linguaggio credibile, per essere ascoltati, per opporci alla separazione delle carriere e all’Alta Corte con serietà e autorevolezza».
Natalia Ceccarelli, Consigliere della Corte Di Appello Napoli, a nome del gruppo ARTICOLO 101
«L’estrazione a sorte dei componenti del Consiglio elimina il principio di rappresentatività, che ha costituito l’architrave democratico del modello costituzionale. Stupisce l’indifferenza del mondo della cultura e del diritto verso questo precedente allarmante, che mostra di disprezzare il meccanismo democratico»
Marco Patarnello, Magistrato del Tribunale di Sorveglianza Roma
«Questa riforma, minando il principio della separazione dei poteri, andrà in qualche modo a determinare come effetto che il Pubblico Ministero possa perdere la sua indipendenza, perché inevitabilmente questa riforma farà in modo che il Pubblico Ministero possa seguire ordini, indicazioni, direttive del potere esecutivo, perché anche le esperienze europee in cui c’è questo modello alla fine propongono questo tipo di situazione».
Marinella Graziano, Giudice del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
«La riforma in corso di approvazione rischia di costruire una magistratura forte con i deboli e debole con i forti, perché colpisce il cuore della funzione giudiziaria: la libertà di interpretare la legge in modo indipendente e responsabile»
Rachele Monfredi, Giudice del Tribunale di Palermo
«Questa non deve essere l’assemblea del Partito Democratico, cari colleghi, questa deve essere un’assemblea di magistrati (…) alcuni colleghi, che so anche appartenere a certi gruppi. Comunque questo va detto, questa è l’assemblea generale dell’associazione magistrati e le prime 3 ore sono state dedicate agli esponenti politici».
Andrea Reale, Giudice del Tribunale Di Ragusa
«È una riforma che, lungi dall’apportare un qualsiasi miglioramento al sistema giustizia, indebolirà sensibilmente la magistratura, il nostro organo di autogoverno che è l’unico baluardo che ci garantisce autonomia e indipendenza, che allontanerà irreversibilmente il P.M. dalla cultura dell’imparzialità, che finirà per creare un corpo autoreferenziale della magistratura requirente che, presto o tardi, sarà visto come insopportabile per la tenuta democratica dell’ordinamento e, verosimilmente, ricondotto sotto l’ala del potere esecutivo»
Giuseppe Tango, Giudice del Tribunale di Palermo
«Soprattutto da Sostituto Procuratore il mio timore più grande è che venga snaturata la funzione di garanzia del Pubblico Ministero, il cui unico obiettivo, oggi, è quello di applicare in modo imparziale e indipendente la legge penale. Un domani, non si sa cosa diventerà: un super poliziotto o, all’opposto, un mero avvocato della polizia giudiziaria. Ma, quale che sia il suo destino, e a prescindere da qualsiasi colore politico, di certo il cittadino, coinvolto nel processo penale, quindi di per sé già maggiormente esposto a rischio di arbitri del potere, perderà il primo baluardo di garante dei diritti, quale oggi, orgogliosamente, è il Pubblico Ministero».
Teodora Pottino, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Palmi
«Una riforma che attribuisce probabilmente nella sua prospettiva al Pubblico ministero un ruolo di supremazia rispetto all’organo giudicante»
Domenico Armaleo, Presidente del Collegio Misure Prevenzione del Tribunale di Messina
«Il Pubblico ministero viene espulso dall’ordine giudiziario perché se ne muta il DNA,
perché avrà una traccia genetica profondamente diversa da quella attuale. Non sarà più un magistrato che garantisce i diritti dei cittadini, ma sarà un avvocato incaricato semplicemente di decidere se esercitare o meno l’azione penale. Perché tutto ciò che è successo prima sarà prerogativa esclusiva della polizia giudiziaria. L’obiettivo finale, a mio avviso, è quello di spostare, dalla magistratura all’esecutivo, il potere di promovimento dell’azione penale»
Giuseppe De Nozza, Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Brindisi
