Quasi un miliardo di euro di fatturato nel 2021 che segna un +9,3% rispetto al 2020. Oltre il 70% dei ricavi – pari a 707 milioni di euro – proviene dal solo settore dell’Information Technology (IT), con una crescita del 17,3% rispetto all’anno precedente. Questi i numeri attuali di Almaviva, gruppo italiano dell’innovazione digitale con la missione di affiancare organizzazioni, amministrazioni e aziende per favorirne la trasformazione digitale. L’azienda è anche un network globale che opera attraverso 22 società – tra cui la quotata Almawave – e 70 sedi in Italia e nel mondo. Tra i settori di maggiore successo c’è quello dei trasporti.
“Serviamo le Ferrovie dello Stato da più di 20 anni. Negli ultimi 5-6 anni abbiamo investito in prodotti e servizi che offriamo anche a livello mondiale. Abbiamo vinto di recente una gara importante in America del Nord che presto racconteremo. Abbiamo contratti nel Regno Unito con le ferrovie inglesi e serviamo 200 stazioni finlandesi. Stiamo realizzando i servizi digitali per la metropolitana di Ryad in Arabia Saudia. Abbiamo avuto un 2021 buono che ci porta a quadruplicare il nostro margine economico. Dal 2017 ad oggi possiamo vantare una costante crescita: la più alta nell’IT in Italia. Questo è per noi motivo di soddisfazione”. A parlare è Marco Tripi, amministratore delegato del gruppo. Nato a Roma nel 1969, laureato in economia e commercio, Tripi ricopre anche le cariche di Presidente di Almawave e Almaviva do Brasil. Lo abbiamo incontrato nei giorni a scorsi a Roma, nella sede di rappresentanza del gruppo a Palazzo Colonna, in piazza SS. Apostoli.
“Dopo questo successo, sarebbe il momento di vendere”, ironizza. “Faccio l’imprenditore da venti anni e da quando ho cominciato almeno 9 aziende su 10 del settore IT sono state vendute. Inoltre, più del 90% del valore del mercato ICT è in mani non italiane. Ma io non vedo il nostro successo come occasione di massimizzare. Bensì come una evoluzione straordinaria”, confessa. Almaviva opera in diversi settori: dai servizi per la salute alla mobilità, dalla finanza alla sicurezza, dalle smart city al turismo, dall’ambiente all’agritech. Il gruppo presidia dunque le frontiere digitali più avanzate: cloud, intelligenza artificiale, cybersecurity, internet delle cose, blockchain, canali digitali. “Oggi fatturiamo un miliardo, ma il nostro obiettivo nei prossimi anni è superare i due miliardi. Per noi non si tratta soltanto di una crescita economica. Puntiamo al posizionamento strategico con la trasformazione del gruppo da system integrator a livello italiano a soggetto internazionale capace di offrire prodotti e servizi distintivi”, assicura Tripi. Obiettivi di lungo periodo, che si devono alla dimensione familiare che caratterizza l’azienda.
Dice Tripi: “Noi siamo una famiglia imprenditoriale. Mio padre Alberto ha fondato il gruppo nel 1983. Io lavoro qui da più di 20 anni. La nostra idea punta a risultati di lungo periodo. E si capisce perché: le famiglie lavorano per generazioni, non per scadenze trimestrali. Pensare nel lungo periodo fa venire la voglia di correre rischi. In particolare, vogliamo impegnarci a crescere del 50% sul piano internazionale. Non solo Europa, anche fuori dai confini del vecchio continente, con una attenta diversificazione continentale”. Per farlo, servono la giusta mentalità e un certo tipo di manager. “I primi dieci manager del gruppo sono mediamente in azienda da venti anni. Viceversa, il manager che deve vendere a un fondo di investimento ha una prospettiva di impegno limitata a due anni”, assicura Tripi.
L’obiettivo di Almaviva, adesso, è quello di diventare un player globale, investire sulla internazionalizzazione, esportare know how e tecnologia sviluppata nei laboratori in Italia. Grazie a questo impegno, il gruppo sta realizzando nuove attività nel Regno Unito, in Arabia Saudita, Usa, Finlandia, Svizzera, Belgio e altri paesi, in aggiunta alla presenza radicata e in espansione in America Latina. “L’America Latina è un mercato molto grande. Basti pensare che il Brasile ha 220 milioni di abitanti. In più, troviamo una cultura non dissimile dalla nostra. Sono molto spesso a San Paolo, una metropoli che prima della Seconda guerra era piena di italiani”, racconta Tripi. Ci tiene a sottolineare che Almaviva è oggi “una delle prime cento imprese del Brasile nonché il secondo datore di lavoro privato”. Inoltre, una grande attenzione è rivolta agli Stati Uniti e al mercato nordamericano che sempre più diventerà “un polo di costruzione della nostra offerta, soprattutto nel settore dei trasporti”. Proprio nel momento in cui le principali società di telecomunicazioni sono straniere, continua Tripi, “vogliamo dimostrare che il made in Italy non è solo cibo e moda, ma anche digitale. L’affermazione di competenze e tecnologia italiane sui mercati esteri mostra che l’innovazione digitale oggi è una vera e propria eccellenza italiana”.
Per questo il piano industriale di Almaviva punta a superare i due miliardi di fatturato, con il 50% dei ricavi fuori dell’Italia. Il che significherebbe diventare il primo gruppo italiano dell’IT nel mondo in competizione con i gruppi mondiali più forti. “Mio padre ed io non vogliamo mettere un limite alle ambizioni. Puntiamo a diventare il primo gruppo italiano di tecnologia”, assicura Tripi. Ma su che cosa si basano questa sicurezza e questa determinazione? “La mia famiglia ha il 95% del gruppo. Non esistono casi simili in Italia. Così possiamo prendere decisioni velocemente”, spiega l’amministratore delegato. Prima di lanciare la sfida globale (che prevede anche una serie di acquisizioni in giro per il mondo), c’è però da raccogliere la sfida del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza che l’Italia è chiamata a realizzare grazie ai potenti investimenti europei del Next Generation Eu. Com’è noto, la transizione digitale è uno dei pilastri del piano, capace di garantire inclusione e sostenibilità, qualità della vita, sicurezza delle persone, efficienza e accessibilità dei servizi della pubblica amministrazione, competitività e crescita delle imprese. Almaviva è protagonista di peso nell’attuazione di una serie di progetti in collaborazione con le amministrazioni centrali e locali, in diversi settori: sanità e telemedicina, sicurezza, transizione ecologica, infrastrutture digitali, beni culturali e turismo.
“Il digitale è un motore dello sviluppo del paese. Il rapporto con la PA fa parte del nostro dna: abbiamo vinto gare importanti. Lo stesso vale per la difesa, la sanità e l’ambiente. Abbiamo contratti firmati per 2,5 miliardi: qualcosa di enorme. Siamo primi per ricavi sull’Ict nella pubblica amministrazione”, racconta Tripi. Che precisa: “Per Almaviva il Pnrr non è un’occasione per massimizzare il ritorno economico. Piuttosto è la base per lo sviluppo di competenze per il paese e una opportunità di investimenti importanti per aumentare il know how distintivo come fattore abilitante per l’estero”. C’è da chiedersi anche se la PA è pronta per questa sfida. “In parte sì. Ma la volontà di pochi può essere sufficiente. Attuare il Pnrr e i vari partenariati tra pubblico e privato rappresenterebbe un successo sconvolgente: la più grande trasformazione del paese del dopoguerra. È l’occasione per investire sulle competenze e costruire una base per il futuro”, risponde Tripi.
Insomma, il piano potrebbe garantire all’Italia una “trasformazione totale”. A partire dal Sud. “Il sud nelle tecnologie potrebbe avere un ruolo straordinario: perché non fare della Sicilia una nuova California a livello tecnologico?”, chiede Tripi. “Mezzogiorno e aree interne del paese sono una opportunità. Ma servono persone formate e competenti – continua. Inoltre, il nostro modello di lavoro è lo smart office ibrido: non è rilevante, dunque, il luogo di lavoro per collaborare con noi. Ci può essere anche un 100% di home office. Tanti nostri assunti la sede fisica non l’hanno mai vista. Questo, per il Sud, che è anche ricco di importanti università, può essere un fattore cruciale. A patto che ci sia anche un impegno da parte delle amministrazioni per migliorare i collegamenti. È una prospettiva di 10 anni”, spiega l’Ad di Almaviva. Nel frattempo, il gruppo fa la sua parte. A Napoli, Almaviva Digitaltech ha assunto 300 persone nell’ultimo anno e mezzo (oltre 1500 le assunzioni del gruppo in Italia nell’ultimo triennio, prevalentemente under 30 con profili professionali emergenti). Al punto che la piazza sembra satura e diventa necessario rivolgersi ai paesi del sud più piccoli. In generale, per il 2022, l’azienda calcola 1000 nuove assunzioni in ambito IT nelle 44 sedi in Italia. Un altro forte impulso allo sviluppo del paese.
