Occidente prigioniero del suo passato e senza leader: i quattro eventi che in un mese hanno spiazzato il mondo

Quei paesi che si identificano con l’Occidente hanno vissuto consapevolmente la fine del patto di Yalta e il crollo del comunismo. Da lì non si sono spostati o sforzati a lanciare una visione del Mondo, presi da una sorta di distopia, per via di una mancanza di leadership mondiale. Il combinato disposto di deficit di leadership e di crisi della liberal-democrazia è il dramma di oggi che dà, assurdamente, credibilità alle democrature. Cosa incredibile in politica estera, in cui la geopolitica e l’ecosistema sono cambiate a tal punto che non hanno saputo leggere con la chiave giusta i cambiamenti. Per questo sono in mezzo al guado, dato che non si ragiona più sul terzomondismo ma sugli Stati, con economia emergente, organizzati nel blocco Brics.

Ancorati nella vecchia politica, post 1989, e da lì non si sono mossi, hanno perso di vista i cambiamenti mondiali. Sono in corso due conflitti, Russia-Ucraina e quello in Medio Oriente, in cui il Mondo si è schierato pro Mosca (Cina e Iran) e pro Kiev (i paesi partner della Nato). La geopolitica ha cambiato il panorama mondiale e in Occidente i ragionamenti sono come se ci fosse ancora Yalta. L’Europa non riesce a svincolarsi dallo status quo ante. L’unico passo è stato che l’Ue ha “cooptato” Stati balcanici e baltici, senza però una gerarchizzazione tra i fondatori e i nuovi arrivati, sicché ha creato degli squilibri economici e politici, per il fatto dell’unanimismo regolatore politico dell’Unione europea. Il cambiamento geopolitico del Mondo ha spiazzato l’Occidente prigioniero del suo passato. Nel giro di un mese il Mondo è stato sconvolto da quattro eventi, la cui stigma sarà storica: elezioni anticipate in Francia, l’attentato a Donald Trump, l’elezione della von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue con il voto contrario del governo Meloni, Joe Biden si ritira dalla corsa alla Casa Bianca.

In Francia al ballottaggio Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, la cui vittoria elettorale la davano per certa, è stata girata dall’elettorato in sconfitta grazie al Fronte Popolare di Mélenchon e allo stesso raggruppamento di Macron. La cui formazione del nuovo governo non è per nulla semplice e da cui dipenderanno molto le sorti europee e non solo. La cosa importante è stata quella di aver depotenziato la destra illiberale prima a Strasburgo e poi a Bruxelles, per la nomina dei futuri presidenti delle Commissioni. L’insuccesso della coppia di RN non ha dato voce in capitolo alla destra nelle sue diverse peculiarità. Il passaggio complicato sarà la costituzione del nuovo governo: senza le ali estremiste di Le Pen e Mélenchon, dovrebbe puntare alla “coalizione italien” di centrosinistra. Con la disgregazione del Fronte Popolare e il recupero dei socialisti, possibilmente dando loro la guida del governo. Ragion per cui eviterebbe di fare pastette con forze di centrodestra, ma costituendo un chiaro gabinetto che recepisca le istanze sociali. Fra tre anni ci sarà la battaglia dell’Eliseo e, costi quel che costi, bisogna sbarrare la strada alla candidata Marine Le Pen. E Macron dovrà spostare il suo baricentro, moderatamente, a sinistra e non inseguire la destra.

A Butler, Donad Trump è uscito vivo per miracolo, colpito di striscio all’orecchio. Non ci voleva questo attentato, che l’ha rafforzato notevolmente. A Milwaukee – in cui si è svolta la Convention dell’Elefantino repubblicano – abbiamo visto l’America profonda, la cui immagine repellente ci preoccupa assai per il suo populismo della supremazia bianca, senza valori democratici e liberali, in economia esasperatamente protezionista, sull’aggressione russa all’Ucraina. Trump si vanta di avere in tasca la carta vincente per arrivare alla pace, isolazionista in politica estera, che indebolirà Patto atlantico e la Nato: per la prima volta si separerà il destino USA da quello europeo. Con il rischio di trovarci un inquilino della Casa Bianca arrogante, immorale (che usa Dio, patria e famiglia come foglia di fico) nonché vendicativo nei confronti degli avversari.

Detto questo, The Donald alla Convention di Milwaukee ha battezzato D.J. Vance suo vicepresidente. Mentre Trump è pragmatico con le sue condanne e con tuti i suoi difetti umani e politici, Vance è un ideologo dei Hillbilly, termine dispregiativo con cui si indicano le persone bianche suprematiste, che risiedono nelle aree della profonda America e che sono convinte sostenitrici del MAGA – acronimo di Make American Great Again. Vance, autore del libro “Elegia Americana” (i cui protagonisti sono proprio gli Hillbilly), è un voltagabbana che accusò Trump di essere Hitler mente oggi è il suo idolo e mito. Non finisce qui. Antiabortista, ostile a ogni diritto civile e contro le élite. Naturalmente Trump e Vance hanno archiviato “America dream” e il ricordo kennediano della “Nuova frontiera”: adesso c’è “l’American First”, la cui narrazione è un pensiero involutivo degli USA, lontana un oceano dall’Europa. Nel campo dell’Asinello democratico Biden esce di scena ed entra la sua vice Kamala Harris, cui il presidente e i maggiorenti dem si sono espressi a favore della sua candidatura ad esclusione degli Obama (per adesso). Dire di più non serve: dobbiamo aspettare il 19 agosto, allorquando inizierà la Convention dei democratici a Chicago. Possiamo dire che l’Harris è un oggetto misterioso; quasi sempre, però, il ruolo fa il personaggio. Speriamo che sia così.

Giorgia Meloni, senza più Joe Biden, perde un amico e un alleato. Si troverà molto in difficoltà con l’eventuale avvento di Trump alla Casa Bianca: sulla guerra tra Russia e Ucraina ci sono divergenze nette; sul Piano Mattei non potrà trovare in Trump un alleato (considera l’Africa una “merda”); sulle esportazioni italiane negli USA ci saranno dazi capestro, e così via. Un brutto segno. Un’estate violenta politicamente. Non votando von der Leyen, Meloni ha perso un’alleata preziosa pretendendo di giocare più parti in commedia e adesso vorrebbe un’Ursula “condivisa e pragmatica”. Vale solo l’Italia nel contesto europeo. Dopo tanta tattica e pretattica e giochi nella logica della politique politicenne, Giorgia Meloni ha solo e soltanto la carta Italia per salvare il salvabile. Probabilmente è troppo tardi.