Oliviero Toscani, testimone scomodo: il racconto inedito sulla vita del genio che ha costretto il mondo a guardarsi

La vita di un artista e la sua esistenza, unitamente ai suoi drammi personali, al timbro affettivo e alle scelte, sono intimamente legate alla sua “opera”. Vi è un indissolubile richiamo tra le vicende esistenziali di un artista e la sua opera. La vita illumina e ispira le sue opere, come queste ultime sono un rimando continuo alla sua vita. Ma molto spesso le vicende esistenziali e il timbro del loro carattere possono essere vere e proprie “prigioni” che ci impediscono di attraversare la loro “opera”.

Tempo fa mi viene segnalato il libro di Paolo Landi, Oliviero Toscani. Comunicatore, provocatore, educatore, edito da Scholé nel 2025. Il nome dell’autore l’ho già sentito altre volte, ma non ricordo in quale occasione. Ma appena leggo il titolo di questo libro, penso subito: «Eccoti pronto per un’altra delusione». Mi viene in mente un consiglio che Oriana Fallaci mi diede in passato: «Se un libro non lo trovi interessante o credi che non è scritto bene, buttalo via e non scrivere mai una recensione negativa. Non ne vale la pena scrivere su libri che non sono degni di essere ricordati; il tempo va utilizzato bene». Una massima, quella di Oriana, che applico sempre nella mia vita: tacere sulle cose non significative. Ma non posso nascondere la delusione provata nel leggere il titolo del libro di Landi, e dico a me stesso: sicuramente non lo ha scelto l’autore perché li stabilisce sempre il direttore della Morcelliana, Ilario Bertoletti. Allora come mai è stato scelto un titolo così banale che non rende giustizia all’operato di Oliviero Toscani? Mi fermo un po’ di giorni a riflettere, senza mai aprire il libro. Decido infine di prendere dal mio archivio, dalla sezione dei libri di Oliviero, una cartellina che raccoglie gli appunti risalenti al periodo in cui entrai in contatto con lui, ovvero tra il 2016 e il 2018. E, spulciando alcuni miei appunti sulle telefonate avute con Oliviero, ritrovo il nome di Paolo Landi.

Di lui mi parla (e anche molto bene) Oliviero in una nostra conversazione, definendolo uno dei suoi migliori collaboratori, tanto che fu lui stesso a introdurlo in Benetton. E poi Oliviero mi dice che fu Landi ad aiutarlo nella stesura della sua monografia Ciao mamma (Mondadori 1995). E, leggendo gli appunti delle nostre conversazioni, mi decido di aprire il libro di Landi. Supero così il mio pregiudizio sul titolo di questo libro. E sono proprio contento di aver abbattuto il mio pregiudizio, perché questo libro mi apre la porta per accedere ancora una volta nel mondo di Oliviero. E solo dopo lo studio di questo libro comprendo che Bertoletti ha voluto, con la scelta di questo titolo, mettere in atto quello che Toscani faceva nelle sue pubblicità: spronare chi guarda ad andare “oltre” le apparenze. E così comprendo che Bertoletti è stato geniale: è come se fosse un’immagine di Toscani che suscita in chi guarda un “fastidio” e lo spinge a prendere una posizione.

Il libro di Landi su Oliviero è, man mano che lo studio, una grande sorpresa, anche perché l’autore ci fa entrare nel suo mondo e ci aiuta a comprendere il perché Toscani «era una scheggia nel fianco del sistema» (p. 5). Oliviero usa la pubblicità per mettere in crisi gli stereotipi e i valori tradizionali; con le sue immagini vuole “mostrare” la verità e mai mascherarla. Le sue immagini sono realizzate per far nascere delle domande in chi le guarda. Ci consegna così la sua visione del mondo. E non dobbiamo dimenticare quanto lui, negli anni in cui lavora per Benetton, soffre: non è assolutamente facile far passare quelle immagini sul razzismo, sull’Aids, sulla mafia, sulla guerra e sulla pena di morte. Tanto che il 14 aprile 2000 se ne va dalla Benetton; l’opinione pubblica si schiera contro e diviene sempre più ostile. Lui, che per 18 anni si mette al servizio di Benetton, quello che era il suo ufficio viene preso da Landi. È proprio lui a ricostruire con dovizia di particolari la missione compiuta da Toscani in questi anni, e come da quel 14 aprile 2000 fino al 2012 Toscani interrompe ogni relazione con lui. Tra i due cala un «grande silenzio». Un silenzio che Landi non riesce mai a comprendere, tanto che si domanda: «Forse Toscani si aspettava che per solidarietà lasciassi anche io la Benetton» (p. 14). Una cosa è certa: con l’uscita di scena di Toscani, la Benetton non perde semplicemente un direttore creativo, bensì vede svanire la propria “identità”.

Solo Landi può aiutarci a comprendere come Toscani inculca alla Benetton come dietro ogni sua fotografia, per promuovere un prodotto, occorra «creare una cultura», «una storia», occorra coinvolgere studiosi, artisti, musicisti, arrivando a creare una cultura quasi cinematografica. Tutto questo mondo per Toscani ha una sacralità, perché i consumatori «erano anzitutto “persone”» (p. 18), «esseri umani con cui parlare», e non gli interessa convincerli a fare alcunché: vuole solo aprire un mondo di situazioni che a loro sono taciute, mascherate, nascoste. Basti pensare che in una sua pubblicità del 1992 per la Benetton, utilizza una foto (peraltro non sua) dove si vede un malato di Aids sul letto di morte, circondato dalla sua famiglia. Anche per questa pubblicità Toscani viene frainteso e si crea un vespaio di polemiche, ma a lui poco importa della nevrosi che si scatena: l’importante è che l’Aids emerga dall’ombra e non sia più celata in quegli ambienti – come appunto l’alta moda – in cui il perbenismo ne impone la rimozione, quasi a decretarne l’inesistenza. Eppure Toscani tocca con mano come questa malattia mieta vittime. Toscani non vuole essere complice di questo “silenzio”! Si distingue sempre «per uno stile visivo e anticonvenzionale» (p. 25) e, pur lavorando per importanti testate di moda come Vogue, è nel mondo della pubblicità che lascia un “segno indelebile”. Tanto che nel 1993 con Luciano Benetton fonda Fabrica, un centro di ricerca sulla comunicazione. Purtroppo la sfida più grande per Toscani arriva quando l’amiloidosi, malattia rara e poco conosciuta, lo colpisce alla fine di giugno del 2023. Avverte i primi sintomi di questa malattia che lo porterà alla morte.

Il lettore, attraverso lo studio di Landi, può accedere al mondo di Toscani: l’autore è in grado di ricostruire il suo percorso in modo magistrale; uno studio accurato nato dall’assidua frequentazione di Toscani. E, pur avendo seguito negli anni le pubblicazioni di Toscani, trovo nel libro di Landi alcune chiavi ermeneutiche che mi aiutano a comprendere ancor meglio il suo itinerario. Pertanto, quando si parla o si studia Toscani, non è più possibile prescindere dallo studio di Landi.

Sin dagli esordi della sua carriera, Toscani deve familiarizzare con le polemiche e, soprattutto, con la censura del Vaticano, che giunge come una scure su ogni sua pubblicità. E anche quando la confusione tenta di azzittirlo, continua indisturbato la sua missione. Nulla riesce mai a scalfire Toscani, neppure la censura che il Vaticano lancia dall’alto dei suoi sontuosi palazzi attraverso i suoi uffici stampa. Basti pensare che all’età di trentun anni Toscani inizia la sua carriera nella moda e la sua campagna dei Jesus, una linea di jeans prodotta da Maurizio Vitale, viene subito censurata dal Vaticano; già da questa pubblicità Toscani comprende che il suo operato sarebbe stato ostacolato.

Cosa rimane da fare a Toscani? Andare comunque avanti! E pensare che deve intervenire sulle pagine del Corriere proprio Pier Paolo Pasolini in suo sostegno. La pubblicità raffigurante un ragazzo a petto nudo con i jeans sbottonati porta la scritta: «Non avrai altro jeans all’infuori di me». Slogan che Pasolini commenta sul Corriere il 17 maggio 1973, e poi ripubblicato nei suoi Scritti corsari (1975), facendo un’analisi linguistica di questo slogan. Pasolini è il primo a comprendere che la pubblicità di Toscani, con l’utilizzo di una frase che rinvia ai 10 comandamenti, sta inaugurando una nuova stagione: una laicità che non si misura più con la religione. Ma, come sottolinea Pasolini, la pubblicità di Toscani scardina ormai il vecchio modo di vedere la pubblicità chiusa in schemi convenzionali. Toscani scardina questi tempi perché non intende più promuovere un prodotto, ma utilizzare il prodotto per portare il consumatore “oltre”; con Toscani si generano degli interrogativi. Pasolini comprende che con Toscani si apre una nuova “era” di vedere le cose del mondo; un tempo “nuovo”. Il lettore è da Landi accompagnato nel percorso attraversato da Toscani e può comprendere come il tempo delle censure non si ferma a questa pubblicità, ma continua con la pubblicità del sedere in primo piano della modella Donna Jordan fasciato nei jeans e con la scritta: «Chi mi ama mi segua». Pubblicità fortemente censurata dal Vaticano, e che ancora una volta trova sostegno nella difesa di Pasolini con lo scritto Sviluppo e progresso, edito per la prima volta nei suoi Scritti corsari (1975).

Pasolini è tra i pochi a intravedere con le pubblicità di Toscani un mutamento antropologico dell’Italia, un segno della «nuova religione laica del consumo». Con Toscani «il mercato stava colonizzando anche i simboli più sacri della tradizione culturale italiana» (p. 37). Con lui, anche la «moda» non è più solo un abito, ma linguaggio, ideologia, potere culturale. Con Toscani tutto entra in «crisi», si invera una crepa tra provocazione e riflessione. Infatti, la sua non è più semplicemente una pubblicità audace, ma un «segno epocale» che annuncia un cambiamento profondo nella cultura italiana e occidentale. Toscani riesce a vedere un mondo di cose che gli altri vorrebbero nascondere, o meglio, che cercano di negarne l’esistenza. In un perbenismo che tiene tutti sotto coperta, Toscani crea una «crisi» volendo illuminare la realtà, quella che tutti vogliono “nascondere”.