“Io non faccio altro che pensare a te ogni istante della mia giornata. Quando vedo che vai via con lui mi viene un dolore allo stomaco”. Scriveva così Gino Oste a Patrizia, l’amica di Massimo Melis, in un ultimo messaggio prima di interrompere la solita sequela di messaggi. E poche ore prima che Melis fosse ucciso da un solo colpo di pistola alla tempia. Ora Gino Oste è in stato di fermo con l’accusa di omicidio. Il folle amore di Gino per Patrizia e la gelosia per Melis potrebbe aver mosso l’uomo a impugnate una pistola e a premere quel grilletto.
Patrizia ha 20 anni in meno di Gino, lavora nel locale accanto al suo. Tutto inizia con scambi di sorrisi poi inizia a scriverle numerosi messaggi: “Ho perso la testa per te”, “Tu mi fai impazzire”, “Non mi do pace”. “Non devi avere paura di me”. L’ultimo alle 16.44 di domenica 31 ottobre, poche ore prima che Melis fosse freddato dal proiettile. Ed è questo uno degli indizi che ha dirottato i sospetti su Gino. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip mette nero su bianco l’ipotesi di uno stalking sottovalutato.
Nero su bianco anche le testimonianze di chi lo ha visto girare armato quel giorno, oltre ad aver chiesto a un amico di far sparire il suo cellulare, gli inquirenti inchiodano Oste con i passaggi davanti alle telecamere. Alle 20 e 15 Gino passeggia nervosamente nella speranza di incontrare Patrizia. Vede, probabilmente, la donna salire con Melis a casa di lei, in via Gottardo. Alle 20e 25 e alle 20 e 32 le telecamere registrano la sua presenza in andata e ritorno: potrebbe essersi appostato, averli visti scendere con il cane che però rifiuta di fare il “giretto”, quasi intuendo il pericolo e proteggere la sua padrona.
E quell’ultimo saluto tra Patrizia e l’amico è la miccia che accende la rabbia, terminata con l’agguato alla vittima e la sua esecuzione. Un omicidio premeditato e aggravato dai futili motivi, che come scrive il gip: “è espressione di una volontà punitiva”. Scatenato dal rifiuto di Patrizia. Ed è “evidente la sproporzione tra lo stimolo (quel rifiuto) e la massima gravità del suo gesto, così da poterlo considerare mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento”.
