Il solo carattere fiduciario delle ultime nomine in imprese pubbliche decise dal Governo Draghi non sarebbe idoneo a dare ad esse una necessaria, corretta motivazione. Si tratterebbe dell’introduzione dello “spoils system” americano in salsa italiana, in un assetto costituzionale e istituzionale ben diverso da quello degli Usa. Non sarebbe la lottizzazione partitica che ha pesato lungamente in passato su banche e imprese pubbliche. Ma pur sempre si tratterebbe dell’esclusiva proiezione della posizione del Premier nei vertici delle imprese in questione, con la conseguenza che il successore, a tempo debito, che pure ci sarà, di Draghi, avrebbe il potere, anch’egli, di affermare una scelta fiduciaria e una discontinuità negli incarichi pubblici conferiti: su questa base potrebbe procedere a nuove designazioni.
Naturalmente, la fiducia è un importante fattore della selezione delle nomine. Ma non può essere affatto l’unico elemento. Devono concorrere competenze, esperienza, idoneità, onorabilità. Criteri e requisiti oggettivi, trasparenti e predeterminati, sarebbero necessari, meglio se fissati con legge. Non è un caso che, però, nessun governo finora – compreso l’attuale – abbia dedicato una parte, anche limitata, del discorso parlamentare programmatico per la fiducia agli indirizzi che avrebbe seguito per le nomine in imprese ed enti pubblici che ora, se si considerano le designazioni per l’insieme degli organi deliberativi e di controllo che sono di diretta o indiretta competenza del Governo, superano ampiamente il numero di 400.
Nel caso delle nomine per le Ferrovie e, soprattutto, per la Cassa depositi e prestiti (Cdp), nonostante la mancanza di criteri predeterminati, la competenza, l’esperienza e le capacità appaiono senz’altro tenute presenti. Addirittura per il neo amministratore delegato della Cdp, Dario Scannapieco, la vicinanza a Draghi, per avere lavorato con lui, a suo tempo, al Tesoro, paradossalmente è potuta sembrare come un fattore negativo. Tuttavia il “curriculum” di tutto rispetto, con funzioni elevate svolte in Italia e all’estero, di Scannapieco è noto, così come l’autonomia intellettuale, della quale comunque dovrà dare una prova ancor più rigorosa di quanto sarebbe normalmente richiesto. Ma dovrà, principalmente, mettere ordine nel complesso delle competenze e attività della Cassa spesso sviluppate senza una rigorosa, organica strategia; agire perché sia chiara la sua missione; riconsiderare la qualifica della stessa quale “intermediario finanziario non bancario” che è inferiore all’effettiva operatività e alle potenzialità; prestare grande attenzione perché non si effettuino operazioni che potrebbero portare Eurostat a riclassificarle facendole rientrare nel perimetro del debito pubblico. Poi dovrà dare una forte spinta perché la Cassa sostenga, differenziatamente, le imprese secondo un indirizzo volto in generale a sospingere la crescita dell’economia.
La gestione del “Patrimonio destinato”, costituito con risorse pubbliche per 43 miliardi, è uno degli impegni più importanti. La protezione del risparmio postale affidato alla Cassa e la tutela della sua stabilità, insieme con la sana e prudente gestione, sono fondamentali. Le strategie devono essere chiare. La Cassa, mentre non può essere un nuovo Iri – e, a maggior ragione, una nuova Gepi – deve, tuttavia, svolgere un deciso ruolo per gli obiettivi testé indicati raccordandosi con gli impegni della transizione digitale e di quella ecologica. Qui si “parrà la nobilitate” di Scannapieco, con il Consiglio e il Presidente della Cdp, nonché, più in particolare, del suo riferimento all’ordinamento e agli interessi del Paese prima ancora che a Mario Draghi.
