Dopo decenni di promesse mancate, ripensamenti politici, studi e ripartenze, il Ponte sullo Stretto di Messina entra finalmente nella fase realizzativa. Lo conferma la recente delibera del CIPESS, che attende solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per diventare esecutiva. Intervistiamo Pietro Ciucci, già presidente di Anas e attuale Amministratore Delegato della Società Stretto di Messina, già a capo della stessa società nei primi anni Duemila e oggi nuovamente chiamato alla guida del progetto per portarlo a compimento. Con lui facciamo il punto sull’infrastruttura più attesa (e discussa) della storia d’Italia.
Presidente Ciucci, dopo decenni di annunci e ripartenze, possiamo dire che questa è davvero la volta buona?
«Rispondo con un sì convinto. Due anni fa ho deciso di rimettermi in gioco e riprendere in mano questo progetto. Dopo dieci anni di liquidazione della Società Stretto di Messina, non c’era più nulla: solo il nome. Abbiamo ricostruito tutto da zero. E ora, con un ministro determinato come Salvini e un governo stabile ci sono tutte le condizioni per affrontare una sfida così complessa».
Quali saranno le prime opere a partire? C’è già una data per l’avvio dei cantieri?
«Con l’efficacia della delibera CIPESS inizieranno le cosiddette “opere anticipate” e, parallelamente, la progettazione esecutiva. Prevediamo l’avvio dei primi cantieri entro il 2025: si comincerà con le piste di cantiere, i campi base, le reti di approvvigionamento idrico, la gestione delle interferenze con sottoservizi come elettricità, gas, telecomunicazioni. Tutto sarà organizzato per minimizzare l’impatto sul territorio fin dall’inizio».
Il progetto ha sempre diviso l’opinione pubblica. Oggi è un’infrastruttura sostenibile e strategica per l’Italia?
«Non è stato sempre divisivo. Dal 1971 a oggi, governi di ogni colore hanno portato avanti l’opera. Oggi il ponte è riconosciuto come infrastruttura strategica non solo per il Sud, ma per tutta l’Italia e l’Europa. È parte del corridoio Scandinavo-Mediterraneo della rete TEN-T: collegherà Sicilia e Calabria all’Europa continentale, riducendo tempi e costi di trasporto. Inoltre, è un’infrastruttura sostenibile. Abbiamo investito moltissimo in studi ambientali, umani e finanziari per garantire un impatto positivo».
E per lei, che da decenni è legato a quest’opera, cosa rappresenta questo passaggio dalla carta alla realtà?
«Non mi considero “l’uomo del ponte”. Mi è stata affidata una missione: realizzarlo. E l’impegno è massimo, mio, della Società, e di tutti i contraenti coinvolti. L’approvazione della delibera CIPESS è stata una grande soddisfazione. Ma oggi siamo solo alla linea di partenza».
I 13,5 miliardi necessari sono davvero garantiti?
«Sì. Il piano economico-finanziario è stato approvato dal CIPESS insieme alla delibera. Il Ministero delle Infrastrutture ha attestato che il fabbisogno complessivo, circa 13,5 miliardi di euro, è già coperto: dallo Stato e dall’aumento di capitale del 2023 sottoscritto dal MEF. Questo evita il rischio – purtroppo frequente – che le opere si blocchino per mancanza di fondi».
Quando potremo attraversarlo in auto o in treno?
«L’obiettivo è concludere i lavori entro la fine del 2032».
C’è chi sostiene che Sicilia e Calabria abbiano prima bisogno di infrastrutture interne…
«E infatti il ponte è parte di una strategia più ampia. Il Ministero delle Infrastrutture ha programmato fino al 2030 oltre 70 miliardi di investimenti per Sicilia e Calabria, tra strade e ferrovie. Il ponte non sostituisce nulla, ma si aggiunge, moltiplicando l’effetto sistemico di tutte queste opere».
Le critiche restano: zona sismica, rischio ambientale…
«Abbiamo risposto punto per punto. Sul sito della Società ci sono FAQ dettagliatissime. Ma contro chi è contrario a prescindere, ogni spiegazione è inutile. Questo è un progetto approvato dal Parlamento e sostenuto dal governo. L’iter ambientale è stato rigorosissimo: un anno di studi, integrazioni, pareri. A maggio abbiamo ottenuto il via libera definitivo. E posso dire, senza tema di smentita, che il ponte porterà benefici anche all’ambiente».
In che modo?
«Primo: abbiamo aumentato in modo straordinario la conoscenza scientifica dell’ecosistema dello Stretto. Secondo: realizzeremo opere compensative. Abbiamo appena firmato con Edison Next un contratto da 44 milioni di euro per il monitoraggio ambientale, attivo prima, durante e dopo i lavori. Quale altra infrastruttura ha un impegno simile?».
Il ponte come simbolo culturale, identitario, industriale?
«Il ponte rompe l’isolamento del Sud. Non è solo un collegamento fisico: è mentale, culturale, europeo. Chi vive tra Sicilia e Calabria sa cosa significa dipendere dal traghetto: orari, maltempo, imprevisti. Il ponte consente libertà di movimento, che è alla base di tutto».
Può essere anche un’attrazione turistica?
«Sì. Come a San Francisco, la costruzione sarà uno spettacolo. Il ponte sarà un’opera di ingegneria riconosciuta a livello mondiale. Immagini salire su una torre panoramica a 300 metri d’altezza per ammirare lo Stretto… Straordinario».
E l’idea della metropolitana integrata?
«Qualcuno l’ha criticata, ma è una sciocchezza dire “non abbiamo le strade e pensiamo alla metro?”. Il ponte è anche ferroviario e arriva nel cuore di Messina. Ha perfettamente senso sfruttarlo per un collegamento locale: penso agli studenti che ogni giorno vanno da Reggio Calabria all’università di Messina. Se la rete può reggere 200 treni al giorno e ne usiamo solo 50, perché non usare il resto per tratte locali?».
Dunque un’infrastruttura con usi molteplici?
«Esattamente. Ottimizziamo l’investimento, valorizziamo l’infrastruttura, rispondiamo a più bisogni. È la logica più razionale che ci sia».
