Porto di Napoli protagonista della transizione, Annunziata: “Resta il problema dell’energia, in Italia costa troppo rispetto alla Francia”

Nel cuore del Mediterraneo, il porto di Napoli si candida a diventare un protagonista della transizione energetica. In occasione dell’evento “Porti & Green: Comunità Energetiche Rinnovabili, il motore della transizione energetica”, abbiamo incontrato Andrea Annunziata, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, per un confronto a tutto campo su decarbonizzazione, elettrificazione delle banchine, Pnrr, comunità energetiche e ruolo strategico del Mezzogiorno.

Presidente, che significato ha per lei parlare di transizione energetica in una città come Napoli?
«I porti italiani, quasi tutti inseriti nei centri urbani, hanno il dovere di accelerare verso modelli più sostenibili. La nostra realtà industriale ci consente di assumere il ruolo di “motore” delle Comunità energetiche, sfruttando spazi e sinergie pubblico-private. Non parliamo solo di Napoli, ma dell’intera costa sotto la nostra competenza: l’obiettivo è allargare la partecipazione e superare i vecchi limiti normativi. Per questo l’estensione ai comuni fino a 50mila abitanti è un fatto decisivo».

Il Pnrr ha avuto un impatto concreto sulla vostra attività?
«Assolutamente sì. Grazie ai fondi del Pnrr abbiamo potuto avviare il processo di elettrificazione delle banchine, a partire da quelle utilizzate dalle navi da crociera, tra le più impattanti in termini di emissioni. È un primo passo fondamentale per azzerare le emissioni locali. I lavori sono già partiti, ma resta il problema della produzione di energia, che oggi in Italia costa ancora troppo rispetto ad altri Paesi come la Francia».

A proposito di fonti alternative, vi state muovendo anche sul fronte dell’innovazione?
«Sì, oltre al fotovoltaico e all’eolico, stiamo sperimentando l’energia da moto ondoso, una tecnologia ancora poco conosciuta ma con grandi potenzialità. È un altro pezzo della transizione, che dobbiamo affrontare senza ideologie, con pragmatismo. Anche il nucleare, per quanto delicato, non può essere un tabù, se vogliamo davvero raggiungere la neutralità climatica».

Quali ostacoli riscontra oggi nell’implementazione delle Comunità energetiche?
«Il problema principale è culturale. C’è ancora poca informazione, anche da parte dei media. Le CER non sono solo per i condomìni. Servono strumenti normativi più agili e soprattutto una nuova mentalità. Le banche, per fortuna, stanno iniziando a proporre strumenti finanziari ad hoc: questo aiuterà a far decollare il modello».

Il porto può diventare anche un hub per l’autoproduzione e lo stoccaggio dell’energia?
«Credo fortemente di sì. Se si può pensare a un condominio che accumula energia, perché non a un porto? Bisogna capire le esigenze tecniche, certo, ma la città-portuale può e deve essere un protagonista dell’equilibrio energetico urbano. E il tema dell’accumulo non va più rinviato».

State lavorando con altri soggetti per velocizzare il processo?
«Sì, ma la verità è che gli enti pubblici non sono ancora pronti tecnicamente. Stiamo costruendo reti con imprese, università, consulenti. Serve una guida esperta, perché la convinzione c’è, ma da sola non basta. Iniziative come questa ci aiutano a raccogliere forze e competenze».

Esiste un modello estero che prendete a riferimento?
«Guardo molto ai Paesi scandinavi: Danimarca, Norvegia, Svezia. Lì hanno investito prima e con maggiore decisione, pur non avendone sempre il bisogno immediato. Hanno saputo integrare le fonti alternative anche in contesti difficili. Noi partiamo in ritardo, ma quando ci mettiamo in testa qualcosa, sappiamo bruciare i tempi».

Che ruolo gioca oggi la collaborazione istituzionale in questo scenario?
«Finalmente si sta superando l’atteggiamento del “meglio non fare se non posso fare io”. Comune, Regione, Autorità portuale, governo: oggi c’è una sinergia reale. Certo, l’Europa dovrà migliorare i tempi burocratici sugli aiuti di Stato. Ma intanto qui si lavora, e i cantieri parlano chiaro».

Cosa si augura che resti dell’evento «Porti & Green»?
«Una consapevolezza in più, ma anche una responsabilità più forte. Dobbiamo andare nel mondo a dire che Napoli e i porti italiani stanno facendo sul serio. Il turista che arriva lo percepisce. E se oggi siamo passati da 7 a 10 milioni di passeggeri, non è un caso: chi sceglie il nostro porto lo fa anche perché sa che qui si investe nell’ambiente».