Putin da Modi rinnova la tradizione sovietica, l’India sempre più stazione di servizio dove si vende petrolio russo e si aggirano sanzioni

FILE - Russian President Vladimir Putin, right, and Indian Prime Minister Narendra Modi examine a hall prior to the award ceremony of Narendra Modi with the Order of St. Andrew the Apostle the First-Called in the Kremlin in Moscow, Russia, on July 9, 2024. (AP Photo/Alexander Zemlianichenko, File) Associate Press/ LaPresse Only Italy and Spain

Vladimir Putin è arrivato in India dopo aver fatto aprire alla sua banca centrale una sede a Mumbai come “segno di concretezza”, prima di incontrare ieri e oggi a Nuova Delhi il primo ministro Narendra Modi, capo di una nazione che finora è stata la stazione di servizio in cui si vende petrolio russo raffinato offerto a tutti, ma specialmente alla Cina, e in barba alle sanzioni americane che mirano a tagliare il flusso di dollari da Pechino a Mosca.

Quel petrolio, dal punto di vista americano, è illegale. Per un paio d’anni il suo trasferimento dalla Russia all’India (con destinazione finale Pechino) ha funzionato finché americani e danesi hanno bloccato la navigazione delle “flotte di petroliere fantasma” che dal mar Baltico portavano in India il greggio russo. Questo meccanismo, ai limiti della pirateria, non funziona più e Donald Trump sta premendo con tutta la sua potenza minacciosa sul Venezuela affinché il dittatore Nicolás Maduro si decida a sloggiare o permettere alle compagnie americane di raffinare il petrolio venezuelano, il più abbondante del mondo.

Siamo dunque di fronte a una svolta e i più interessati osservatori sono ovviamente gli americani, seguiti dalla Cina. Secondo la scuola di pensiero dominante, Trump vorrebbe riportare la Russia in Occidente per tagliare e fare morire di sete energetica la Cina. Una seconda scuola, quella “neocon” (erede del presidente Richard Nixon che nel 1975 aprì alla Cina in funzione antirussa) vorrebbe il contrario: mandare al diavolo la Russia, per competere con la Cina tecnologicamente superiore alla Russia, la quale ormai produce soltanto armi, mentre lascia andare in malora tutto il resto come dimostra il collasso della rampa di lancio spaziale dopo la partenza dell’ultima nave spaziale Soyuz.

Putin è dunque arrivato a Nuova Deli per un appuntamento annuale che risale ai tempi dell’Unione Sovietica e non è collegato con lo SCO – la “Shangai Cooperation Organization” che riunisce i Paesi non allineati o filorussi – il cui ultimo summit si è tenuto primo settembre scorso a Tientsin, dove fu lanciata una strategia decennale rimasta per ora un semplice desiderio. Quel che ci si aspetta oggi è che il primo ministro indiano Modi trovi un nuovo accordo con Putin sul petrolio e sul flusso di lavoratori dall’India alle aziende russe che sono a corto di personale a causa della guerra. Il Presidente Modi subisce l’ira di Trump che lo accusa di finanziare l’armata russa in Ucraina ed è stato costretto a fermare le aziende che finora hanno raffinato petrolio russo, che oggi arriva a gocce a causa delle sanzioni inflitte a chiunque fornisca denaro a Vladimir Putin per pagare le spese di guerra. India e Russia sono impegnate a mantenere viva una relazione che dura dai tempi dell’Unione Sovietica e che oggi ha un enorme valore per Putin che può sbandierare davanti al mondo un grande partner mondiale come l’India. Ma che ne sarà degli accordi petroliferi?

I due leader sono grandi amici e la Russia è il maggior fornitore di armi dell’India, anche se sono gli Stati Uniti il più grande partner commerciale. L’India è affamata di fertilizzanti russi (derivati dal petrolio) e di tecnologia per impianti nucleari oltre alla mano d’opera indiana che diventa indispensabile per le sue fabbriche a causa delle alte perdite di guerra e per il declino delle migrazioni dall’Asia centrale. Narendra Modi vorrebbe seguitare a procedere con un colpo al cerchio russo e uno alla botte americana, ma adesso sarà obbligato a discutere con Putin un nuovo assetto delle forniture petrolifere. L’osservatore più ansioso di queste riunioni è la Cina che guarda all’ incontro fra Putin e Modi sperando di poter garantirsi la sua enorme necessità di energia mentre guarda con favore al petrolio venezuelano su cui Trump non avrebbe niente da dire perché il suo scopo è togliere ossigeno alla guerra russa e non all’industria cinese.

Il New York Times sottolinea lo stupore cinese per il fatto che l‘India abbia immediatamente ceduto all’ingiunzione americana per impedire alla Cina di fare il pieno di petrolio in India. La reazione di Pechino finora è stata silenziosa e letteralmente stupita da quello che considera un inesplicabile voltafaccia di Modi, ma è anche noto che Xi Jinping sia sempre più ostile alla prosecuzione della invasione dell’Ucraina, da cui riceve più danni che benefici.